Pillole di saggezza per la cura del neonato in agosto

1.PILLOLA: ATTENTI AL SOLE!

Perché bisogna proteggere il bambino piccolo dai raggi solari?

I più recenti studi sulla pelle confermano che il bambino fino ai 6 mesi ha poca melanina, la sostanza colorante che abbronza la pelle e fornisce una certa protezione solare, quindi il bambino va protetto prima dell’utilizzo della crema solare.

PERCHÉ: I bambini da 0 a 6 mesi sono molto sensibili ai dannosi raggi UV (radiazioni ultraviolette). È necessario anticipare i problemi della pelle, evitando dolorose scottature solari e riducendo al minimo il rischio di cancro alla pelle, più avanti nella vita.

Il bambino è nelle mani della mamma la quale può tenere al sicuro il suo bambino e la sua delicata e soffice pelle.

COME FARE: ombra e vestiti sono i modi migliori per proteggere i bambini dal sole

VESTITINI E CAPPELLINO: Vestitini e cappellino sono la prima difesa della pelle del bambino. I vestitini quali pantaloncini, gonnelline, magliettine e abbigliamento in generale devono essere leggeri e coprire braccia e gambe. Il cappellino è preferibile a tesa larga.

PASSEGGINO: Anche il nostro amico passeggino è un’utile difesa contro il forte sole. Quando ci si muove con il passeggino è preferibile che la mamma apra tutte le protezioni solari: tendine e coperture.

AUTO: Anche in auto possono arrivare i dannosi raggi solari e quindi è bene schermare il vetro del sedile posteriore con i copri-sole che sono bellissimi e coloratissimi.

OMBRA ED EVITARE LE ORE CALDE: L’ombra è la migliore amica della pelle del bambino. Se il bambino, d’estate, è svestito per rinfrescarsi la pelle altrimenti sempre chiusa nel pannolino, allora va tenuto all’ombra con un leggerissimo lenzuolino di lino per coprirlo, potrà così godersi l’aria. Le ore calde sono assolutamente da evitare sia per i fortissimi raggi solari sia per l’eccessiva sudorazione del bambino. Le passeggiate quindi sono da farsi entro le 10 di mattina.

PILLOLA 2: ACQUA DI MARE E SOLE : STIAMO ATTENTI

Stare immersi nell’acqua di mare non protegge dai raggi solari!

I RAGGI SOLARI UV sono bloccati soltanto al 50% dall’acqua di mare, l’altro 50% dei nocivi raggi UV penetra attraverso il mare e abbronza la delicata pelle del bambino.

È necessario proteggere il bambino con indumenti lunghi su braccia e gambe ed evitare le ore più calde.

EFFETTO SPECCHIO: È IL RIFLESSO DEL SOLE SUL MARE

C’è anche da considerare il riflesso dei raggi ultravioletti sul mare, questo infatti moltiplica l’abbronzatura e gli effetti aggressivi del sole. Tutte le mamme sanno che “ci si abbronza di più sul bagnasciuga” anziché in spiaggia, l’effetto specchio amplifica i raggi ultravioletti rendendoli ancora più forti e nocivi!

Quindi il mare va saputo affrontare con i giusti accorgimenti per i nostri piccoli bimbi.

È ok immergersi nell’acqua di mare, perché il mare è un delizioso rinfrescante per ridurre la temperatura corporea ed eliminare il sudore che può portare a irritazioni e/o infezioni ma vanno evitate le ore centrali del giorno cioè dalle 12:00 alle 17:00 per i bambini dai 0 ai 6 mesi e vanno utilizzati indumenti lunghi (braccia e gambe) e cappellino.

INOLTRE BISOGNA CERCARE IL MARE PULITO: infatti proprio l’acqua di mare pulita fa bene alla pelle al contrario dell’acqua inquinata.

In ogni caso, non sempre è possibile sapere se il mare è davvero pulito, quindi, è un’ottima abitudine, dopo ogni bagno in mare, sciacquare il bambino, soprattutto da 0-6 mesi, con acqua dolce e mettere nuovamente la crema protettiva solare e coprire il bambino con indumenti lunghi su braccia e gambe.

La pelle del bambino ringrazierà la mamma per i dovuti accorgimenti, ora e in futuro.

PILLOLA 3: I COLORI SCURI ASSORBONO DI PIÙ I RAGGI UV E QUINDI SONO PIÙ PROTETTIVI VERSO IL SOLE.

Allo stesso modo in cui le creme solari hanno un fattore di protezione contro il sole detto SPF anche gli indumenti hanno un fattore di protezione denominato UPF (Ultraviolet Protector Factor).

Il fattore UPF è influenzato:

  • dalla porosità del tessuto;
  • dalla tipologia della fibre con maggiore e minore percentuale nel tessuto;
  • dai composti chimici e/o naturali interni alle fibre;
  • dall’eventuale umidità presente nel tessuto o che viene attirata dal tessuto;
  • dallo pesantezza o spessore del tessuto.
  • e soprattutto dal colore.

In estate si preferiscono vestitini chiari o bianchi poichè riflettono maggiormente il sole e quindi risultano più freschi.

Eppure il bianco e i colori chiari hanno bassa protezione contro i nocivi raggi UV. Una maglia bianca è classificata con UPF pari a 5, un valore piuttosto basso. Quindi è preferibile utilizzare abiti scuri (neri, rossi o blu scuro) perché assorbono meglio i nocivi raggi UV.

PILLOLA 4: LUCE E OMBRA

Nel periodo compreso tra maggio e agosto i raggi UV raggiungono la terra con la loro massima intensità. Quindi tra le 11:00 e le 15:00 c.a è assolutamente necessario stare lontani dalla luce del sole diretta e preferire zone d’ombra. 

Recenti studi hanno evidenziato come i raggi UV non riescono a penetrare direttamente le zone d’ombra ma possano arrivare “di rimbalzo” e creare comunque danno alla pelle.

Per questa ragione è consigliabile coprire il bambino da 0 a 6 mesi quando è all’aperto, in estate, e coprirlo con indumenti lunghi e scuri che coprano sia gambe sia braccia. Addirittura, si ricorda, che molteplici recenti studi sulla pelle consigliano fortemente agli adulti di utilizzare creme solari protettive anche all’ombra.

Gestire il neonato in auto in estate

  • Attenzione: l’ipertermia, in un bambino lasciato in macchina, può verificarsi anche nelle giornate fresche, con temperature intorno ai 22°C. Questo perché l’abitacolo della macchina può surriscaldarsi fino a superare i 40°C, anche se i valori di temperatura esterna non risultano elevati. Si consiglia l’utilizzo del sistema di anti abbandono.
  • Per non correre il rischio di un colpo di calore, è bene rinfrescare l’auto prima di entrarci con i bambini e controllare che il seggiolino dei piccoli non sia troppo caldo. Accendete il climatizzatore in automobile almeno 5 minuti prima di salire in macchina e cercate di impostare una temperatura che non sia inferiore di 4 o 4,5 gradi rispetto a quella esterna. Quando fa molto caldo la voglia di abbassare tanto la temperatura ogni qual volta entriamo in macchina è altissima. Purtroppo questa operazione è molto dannosa per l’organismo del neonato e bambino proprio perché un passaggio dal caldo al freddo troppo repentino può essere irritante per le vie respiratorie.
  • A che temperatura regolare l’aria condizionata in auto? È consigliabile non scendere al di sotto dei 25° C.
  • Nell’utilizzo dell’aria condizionata in macchina bisogna farsi guidare dal buon senso, evitando le temperature eccessivamente basse o l’aria puntata proprio sui più piccoli, che possono creare uno shock termico al neonato e al bambino.
  • Una manutenzione periodica dell’impianto di climatizzazione dell’automobile è consigliabile ogni estate. Se si viaggia con i bambini sarebbe buona norma pulire i filtri del climatizzatore almeno ogni 2 mesi.
  • È importante tenere sempre le finestre chiuse durante l’uso di condizionatori per mantenere la freschezza ma anche di aprire spesso le finestre per favorire il ricambio d’aria, preferibilmente quando fa più fresco. Ciò vale anche per l’automobile.
  • Per un maggiore benessere dei bambini, quando la temperatura all’interno dell’automobile diventa gradevole è possibile  impostare la funzione ricircolo posizionandolo l’uscita dell’aria sempre verso l’alto e mai verso il visino o il corpo del bambino. La temperatura resterà quasi identica e si otterrà un effetto benefico.

Non sottovalutare l’importanza delle tendine parasole durante il viaggio in auto e le summercover durante la passeggiata. Le tendine parasole da montare sui finestrini posteriori in cui è installato il seggiolino auto offrono una protezione importante dal sole e, quindi, anche dal caldo. Le summercover offrono un doppio vantaggio: abbassano la temperatura  e proteggono i bambini dai raggi solari più dannosi.

I raggi solari e il surriscaldamento del neonato in estate

  • I bambini sotto i 5 mesi di vita non dovrebbero essere esposti alla luce diretta del sole. Il bambino deve sempre essere tenuto all’ombra, anche all’aperto. Si consiglia di utilizzare carrozzine e passeggini creati con un tessuto resistente ai raggi solari. Questa regola non vale solo per la spiaggia, ma anche in città e in montagna.
  • I lattanti e i bambini piccoli si adattano meno facilmente dell’adulto alle temperature elevate, per questo, quando fa molto caldo, bisogna evitare di portarli in locali chiusi surriscaldati e scarsamente ventilati o, peggio ancora, lasciarli incustoditi, anche per solo per poco tempo, nell’automobile parcheggiata al sole: la temperatura all’interno di un’auto può salire rapidamente e l’ipertermia nel bambino può verificarsi in soli 20 minuti.
  • La maggior parte delle vittime di ipertermia (surriscaldamento) ha un’età compresa tra 0 e 4 anni. Se si portano i bambini all’aperto bisogna pensare a proteggerli dal caldo e dalle esposizioni dirette alle radiazioni ultraviolette (UV) del sole (che possono danneggiare la loro pelle molto delicata), utilizzando vestitini leggeri in fibra naturale, copricapi e crema solare. Una protezione ancora più efficace la si ottiene lasciando i bambini all’ombra.
  • I danni causati dai raggi solari sono particolarmente pericolosi per i lattanti e i bambini piccoli. Durante le ondate di caldo, inoltre, occorre dedicare particolare attenzione ai bambini che hanno già qualche problema di salute: perché sono particolarmente sensibili alle ondate di caldo e ai valori elevati di ozono.
  • Si consiglia di controllare regolarmente la temperatura corporea di lattanti e bambini piccoli e, se necessario, rinfrescare delicatamente il loro corpo e la testina con una doccia tiepida o panni umidi.  Si suggerisce anche di allattare frequentemente i neonati. Ai più grandicelli far bere acqua non fredda in piccole quantità, lentamente e molte volte al giorno. Preferire l’acqua ad altre bevande, specialmente se gassate.
  • Come proteggere i bambini piccolissimi dal cambiamento di temperatura quando si passa dall’ambiente esterno, caldissimo, a un ambiente climatizzato per esempio entrando in un bar o negozio? La regola, sempre valida, per tutti, non solo per i neonati, è il classico abbigliamento a cipolla. In estate vale però la regola al contrario. All’esterno, per i bambini bastano dei pantaloncini e una t-shirt, e per i neonati un body smanicato, ma prima di entrare in un luogo climatizzato è bene indossare una felpa di cotone e coprire il bambino nella carrozzina con una copertina leggera. Meglio evitare di entrare e di uscire più volte dai locali climatizzati.
  • Nel corso della giornata, andrà ripetuta più volte l’applicazione di prodotti con un fattore di protezione 50, resistente all’acqua e ad ampio spettro(UV-B e UV-A). È possibile scegliere prodotti solari studiati per i piccoli, o che utilizzano lo schermo minerale (a base di ossido di zinco e biossido di titanio), in grado di prevenire irritazioni e proteggere la loro pelle sensibile.
  • Meglio insistere perché tengano il cappello, di solito meno gradito degli occhiali che invece li fanno sentire “grandi”. Questi però non devono essere considerati come giocattoli, ma piuttosto come strumenti di protezione che, al pari di quelli degli adulti, devono proteggere almeno dal 99 % dei raggi UV-A e UV-B.
  • Gli UVCnon raggiungono la pelle perché vengono intercettati dall’atmosfera. Gli UVB, a breve lunghezza d’onda, agiscono sugli strati superficiali della pelle causando eritema e scottature. Gli UVA, a lunghezza d’onda maggiore, penetrano più in profondità è sono responsabili dell’invecchiamento della pelle e dei danni da fotosensibilizzazione.
  • È bene ricordare che l‘intensità dell’irradiazione solare aumenta in alcuni momenti della giornata: tra le 11 e le 16 si concentra il 95% dell’irradiazione quotidiana. Inoltre l‘intensità dell’irradiazione solare aumenta: in estate, nel nostro emisfero; con l’altitudine  (+4% ogni 300 metri di altitudine); con la latitudine (aumenta man mano che ci si avvicina all’equatore); con la vicinanza di superfici riflettenti (neve +80%, sabbia +20% e acqua +5%).
  • La protezione naturale contro i raggi UVè data dalla melanina, pigmento cutaneo prodotto da alcune cellule della pelle (dette melanociti).

L’esposizione al sole stimola la produzione di melanina, determinando l’abbronzatura (cioè il colore più scuro della pelle), che ha lo scopo di proteggerla dalla radiazione solare. Il grado di protezione naturale della pelle dall’azione nociva del sole dipende dal fototipo.

I fototipi sono 6 (secondo la Scala di Fitzpatrick, il nome del dermatologo statunitense che l’ha ideata). In particolare la pelle del fototipo I, con capelli rossi ed efelidi, produce un tipo di melanina (detta feomelanina), molto meno efficiente nel proteggere dai raggi UV rispetto agli altri fototipi, che producono un tipo di melanina detta eumelanina. Le misure protettive valgono per tutti i fototipi.

  • I neonati e i bambini più piccoli sono particolarmente esposti agli effetti nocivi dei raggi UV,  perché
  • lo strato corneo superficiale della pelle è più sottile;
  • la produzione di melanina è minore;
  • la pelle sensibile si disidrata più rapidamente.

I bambini piccoli sono suscettibili alle scottature e alla penetrazione in profondità della radiazione UV, e quindi agli effetti nocivi derivanti dall’esposizione al sole.

  • Si consiglia di far indossare gli occhialini con filtro UVB e UVA, possibilmente in neoprene o comunque materiale infrangibile, e abbastanza grandi da proteggere l’occhio, la pelle  intorno all’occhio e soprattutto le palpebre dai raggi solari che penetrano dai bordi. Meglio farli indossare al bambino quando è all’aperto (e non prima mentre è in casa), per evitare che subito se li tolga perché infastidito dalla scarsa luminosità.

La vitamina D e l’esposizione al sole

  1. La radiazione solare ultravioletta B (UVB) è fondamentale per la sintesi di vitamina D. L’efficacia della radiazione solare è influenzata da molti fattori: pigmentazione cutanea, latitudine, inquinamento atmosferico, percentuale di cute esposta, tipo di vestiario, utilizzo di filtri solari e momento della giornata e stagione dell’anno durante la quale ci si espone bambino al sole.
    In particolare, l’angolo dello zenit del sole influenza considerevolmente la sintesi cutanea di vitamina D3 (Waker 2013b, Saraff 2015). Infatti, un angolo più obliquo comporta un maggior assorbimento dei raggi UVB da parte dello strato di ozono. Questo è il motivo per cui l’esposizione alla luce solare in inverno o al di fuori delle ore centrali della giornata (prima delle 10 del mattino o dopo le 15 del pomeriggio) determina una minima o addirittura assente produzione di vitamina D (Holick 2007a, Waker 2013).
  2. L’incremento della pigmentazione melaninica nella pelle dei bambini riduce la sintesi di vitamina D in quanto la melanina assorbe la radiazione UVB. Allo stesso modo, l’applicazione regolare di filtri solari (creme solari) riduce la produzione cutanea di vitamina D. Ad esempio, un filtro con fattore di protezione solare pari a 30 riduce la sintesi di vitamina D del 95-99% (Hossein-Nezhad 2013).
  3. Rispetto agli adulti, i bambini necessitano di una minore esposizione alla luce solare per produrre sufficienti quantità di vitamina D, sia per la  maggior superficie corporea degli adulti in rapporto al volume, sia per la maggior capacità di produrre vitamina D degli adulti (Paller 2011). D’altra parte, una prolungata esposizione alla luce solare nei mesi estivi, oltre a essere potenzialmente dannosa per i bambini, non può incrementare la produzione di vitamina D poiché la pre-vitamina D3, raggiunto un livello soglia, viene degradata.
  4. L’Accademia Americana di Pediatria ha raccomandato che i lattanti sotto i 6 mesi di vita non vengano esposti direttamente alla luce solare e ha suggerito l’uso di abiti protettivi e creme solari per i bambini.
  5. È consigliabile esporre per 5-20 minuti le braccia e le gambe dei lattanti e dei bambini per 2 volte alla settimana, nell’orario compreso fra le ore 10 e le ore 15, in primavera, estate e autunno, i periodi in cui gli UVB raggiungono maggiormente la superficie terrestre. I bambini dalla carnagione scura necessitano di tempi maggiori di esposizione alla luce solare. Per tempi di esposizione maggiori, l’uso di filtri con un fattore di protezione solare di 30 o superiore è raccomandato per prevenire gli effetti dannosi dell’esposizione cronica ed eccessiva alla luce solare (Holick 2007, Wacker 2013).
  6. È ormai confermato che tutti i bambini dovrebbero evitare l’esposizione diretta ai raggi solari o utilizzare idonei strumenti di protezione  quando stanno all’aria aperta nelle giornate di sole, con l’obiettivo di non aumentare i rischi di malattie della pelle. L’utilizzo  di creme e filtri solari purtroppo impedisce la formazione di vitamina D3.
  7. Stare all’aria aperta ed esporsi al sole genera una sensazione di benesserestimola le difese immunitarie e favorisce la produzione di vitamina D, fondamentale per lo sviluppo e il metabolismo di ossa e denti e per l’efficienza del sistema immunitario.
  8. I segnali di un corretto apporto di Vitamina D nel neonato potrebbero essere:
  • Cranio/testina sana. Grazie alla vitamina D il processo di solidificazione e fusione delle ossa del cranio del neonato avviene in modo armonioso.
  • Ottimo raggiungimento delle tappe di crescita fondamentali: aiuta il bambino a raggiungere i progressi adeguati alla sua età, aiuta a rinforzare i muscoli e la sua crescita ossea.
  • Corretta costituzione delle ossa: aiuta il bambino a compiere i primi passi felici e coordinati.
  • Crescita fisiologica: l’altezza corretta e bilanci di salute fisiologici.
  • Eruzione regolare dei primi dentini.
  • Sistema immunitario forte: i neonati e bambini sono in pieno benessere.

La vitamina D, la vitamina del sole, contribuisce al benessere del tuo bambino

Con il termine vitamina D si identifica un gruppo di molecole (pro-ormoni), presenti soprattutto sotto forma di Vitamina D2 (ergocalciferol) e di Vitamina D3 (colecalciferolo). La forma attiva della vitamina D contribuisce soprattutto al buon funzionamento del metabolismo e della salute delle ossa migliorando la loro densità minerale (ovvero aiutando a prevenire le fratture) ed è anche fondamentale per sostenere lo sviluppo armonico e il benessere nei più piccoli. La vitamina D influenza i processi di acquisizione della massa ossea sia direttamente, contribuendo alla regolazione del metabolismo fosfo-calcico, sia stimolando lo sviluppo del tessuto muscolare. Quando c’è una quantità sufficiente di vitamina D, il corpo lo trasforma in un ormone chiamato calcitriolo. Questo a sua volta aiuta a regolare i livelli di calcio e fosforo e la mineralizzazione delle ossa. Durante il primo anno di vita la profilassi con vitamina D è raccomandata essenzialmente per la prevenzione del rachitismo carenziale e per supportare la calcificazione endocondrale della cartilagine di accrescimento. Esiste un’associazione tra deficit di vitamina D e l’incidenza delle infezioni respiratorie nel bambino. Diversi studi hanno anche evidenziato una relazione tra ipovitaminosi D e l’incremento della prevalenza di asma allergica nei bambini. In letteratura vi è una chiara associazione tra livelli ridotti di vitamina D e l’aumento di dermatite atopica nei bambini.

Cosa è importante sapere sulla vitamina D

  1. La vitamina D assunta dalla futura mamma protegge il bimbo che cresce nel pancione dal rischio di sviluppare l’asma nei primi anni dell’infanzia.
  2. La vitamina D gioca un ruolo importante nella promozione dei processi di acquisizione della massa ossea e nel raggiungimento del picco di massa ossea. Quest’ultimo è il livello più elevato di massa ossea raggiungibile durante la vita come risultato di una crescita normale, fondamentale per la prevenzione dell’osteoporosi in età adulta (Winzenberg 2013, Golden 2014). Il picco di massa ossea viene raggiunto generalmente al termine della maturazione scheletrica, tra i 18-20 anni nelle femmine e tra i 20-23 anni nei maschi (Boot 2010).
  3. La vitamina D non si riceve con gli alimenti se non in quantità minime. L’organismo la sintetizza da sé nella pelle quando quest’ultima viene illuminata dalla luce del sole. La vitamina D non è carente nel latte materno: è solo una vitamina poco influenzata dall’alimentazione e la sua produzione deriva principalmente dall’esposizione al sole. Va considerato che i nostri bambini prendono meno sole di un tempo e, per altri ragionevoli motivi, sono protetti da creme solari. Nel lattela quantità di vitamina D2 è variabile: nel latte si ritrovano 4-100 UI o Unità Internazionali/litro a seconda del periodo di lattazione, in quello vaccino 5-40. Altri alimenti ricchi di vitamina D2 sono il succo d’arancia, il pane, i cereali e le uova.
  4. Le 2 società italiane di pediatria, SIP (Società Italiana di Pediatria) e SIPPS (Società Italiana di Pediatra Preventiva e Sociale), evidenziano che la carenza di vitamina D interessa oltre  il 50% dei bambini italiani.
  5. Nei neonati lo stato vitaminico D è influenzato dall’etnia, dalla stagione di nascita e dall’eventuale profilassi materna durante la gravidanza. Le mamme che allattano il piccolo al seno devono assicurarsi una giusta quantità di vitamina D, importante per rafforzare le ossa del bambino. La vitamina D è una vitamina importante perché facilita l’assorbimento del calcio, contribuendo al normale sviluppo di ossa e denti. Ha inoltre un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento del sistema immunitario.
    Un’adeguata assunzione di vitamina D è quindi fondamentale in tutte le fasce di età. In particolare lo è nel  bambino nella fase prenatale e nei primi anni di vita, ma anche per tutto il periodo di crescita, adolescenza inclusa.
  6. La profilassi con vitamina D durante il primo anno di vita è fondamentale per garantire uno stato vitaminico D adeguato e la prevenzione del rachitismo carenziale e per il rinforzo del sistema immunitario.
  7. Solo ed esclusivamente sotto consiglio medico, si raccomanda la profilassi con vitamina D in tutti i bambini indipendentemente dal tipo di allattamento/alimentazione. In assenza di fattori di rischio si raccomanda di somministrare 400 UI/die di vitamina D.

Il neonato in montagna: la temperatura

I consigli del pediatra

Quando si va in montagna, dobbiamo considerare che l’organismo del bambino è ancora in fase di sviluppo e che la regolazione termica (termoregolazione infantile) e la capacità di adattamento  non sono ancora mature. Quindi è fondamentale la supervisione degli adulti da cui dipende il benessere del bambino.

Ecco qualche consiglio sul benessere in montagna correlato alla temperatura.

  • È bene ricordare che la cute e gli occhi vanno sempre protetti dai raggi solari. A tal proposito è necessario far indossare gli occhiali da sole, un cappellino con visiera e indumenti tecnici che favoriscano la dispersione del calore. Inoltre si raccomanda di utilizzare una crema solare ad alta protezione (50 spf) da applicare ogni 2-3 ore sul visino e le parti scoperte.
  • In montagna bisogna prestare particolare attenzione anche al freddo poiché i bambini sono più esposti al rischio di ipotermia. È quindi fondamentale che il neonato o il lattante sia ben coperto e che indossi abiti adeguati all’altitudine. I bambini sono più  sensibili al freddo degli adulti e va considerato che il 30% del calore viene disperso dal capo. Ecco perché bisogna proteggerlo con un cappellino in cotone o in materiali naturali.

Come portare i bambini in montagna?

Si consigliano carrozzine e passeggini omologati e studiati per il terreno caratteristico degli ambienti di montagna. Per le gite più impegnative è raccomandato l’uso dello zaino omologato per garantire una corretta postura del bambino. Infatti, marsupi e fasce sono da usare con precauzione, dal momento che possono causare compressioni arteriose prolungate. Inoltre, è fondamentale fare soste ogni 45 minuti circa per far rilassare il bambino, fargli assumere una posizione diversa, allattarlo, nutrirlo, idratarlo e cambiargli il pannolino.

 

Il neonato in montagna: l’altitudine

I consigli del pediatra

Uno dei motivi più importanti che spingono i genitori a prenotare una vacanza in montagna con il proprio neonato è quello di far respirare al proprio piccolo aria sana e pura. Ma non solo. C’è anche il piacere di trascorrere del tempo di qualità nella natura, di passeggiare in località incontaminate, nel silenzio dei boschi e, magari, scappare dall’afa estiva.

Ecco qualche consiglio sul benessere correlato all’altitudine.

  • Fino ai 2 anni non è controindicato raggiungere i 2000 mt., mentre sono da evitare salite ad altitudini superiori. Dai dati scientifici risulta che una quota fino ai 1500 mt. è ben tollerata nei bambini sotto i 12 mesi, altitudine alla quale possono soggiornare anche diversi giorni. È possibile superare questo limite (mai oltre i 1500 mt.) purché si salga e si scenda in giornata e che la salita sia lenta e graduale (a piedi e non con mezzi meccanici). I bambini di età compresa tra i 2 e 5 anni possono salire fino ai 2500-3000 mt.
  • Mal di montagna: i bambini sono sensibili all’altitudine in modo analogo agli adulti, anche perché il processo di acclimatazione è identico.  Tuttavia, i bambini più piccoli hanno delle specificità anatomiche, soprattutto nell’apparato respiratorio, che li differenziano dagli adulti, e possono avere una diversa risposta all’ipossia. Inoltre il bambino non sa riferire la sintomatologia. Questo malessere si potrebbe manifestare con inappetenza, scarsa voglia di giocare, perdita del sonno, vomito e pianto. Normalmente il mal di montagna si rivela entro 12 ore dall’arrivo in montagna.
  • È meglio evitare di portare bambini a quote superiori ai 2000 mt se vi sono patologie respiratorie acute. In questo caso, consultare sempre il proprio pediatra.
  • Rapidi cambiamenti di quota (salite e/o discese in funivia, per esempio) possono causare dolore auricolare, specie se il bambino lamenta infezioni pregresse alle vie aeree superiori (come un raffreddore). Inoltre, bisogna sapere che, in occasione di rapide variazioni di altitudine, si potrebbero avere problemi di compensazione della pressionetra l’orecchio medio e l’orecchio esterno, con probabile trauma sul timpano (barotrauma). Ciò potrebbe avvenire, per esempio, a chi ha difficoltà a respirare con il naso, magari per un lieve raffreddore. Gli adulti avvertono il problema con la sensazione di “orecchio tappato” mentre il bambino (neonato e/o  lattante) segnala normalmente il disagio piangendo.  Per prevenire il disturbo è utile stimolare la deglutizione (per esempio allattando o tenendo il ciuccio).
  • Si ricorda di adottare le stesse precauzioni di sicurezza viaggiando con l’automobile. Nelle variazioni di altitudine fra 1400 e 2000 metriil neonato o lattante (0-12 mesi di vita) potrebbe accusare disturbi per la rarefazione dell’aria dovuta all’altitudine. Per cercare di limitare il disagio dell’altitudine nei neonati e nei lattanti è consigliabile fare alcune soste, in modo da rendere più graduale l’arrivo a destinazione. Ricordiamo che è assolutamente obbligatorio utilizzare il seggiolino auto omologato.
  • È indispensabile tenere conto dell’altitudine anche per la rarefazione dell’aria. Infatti, salendo di quota si riduce progressivamente la pressione barometrica e dell’ossigeno e quindi si ha meno ossigeno a disposizione. A 1500 metri c’è circa l’84% di ossigeno rispetto al livello del mare, a 2000 metri c’è circa l’80%, mentre a 3000 metri circa i due terzi. La riduzione della percentuale di ossigeno nell’aria comporta una progressiva diminuzione della capacità di respirazione che provoca stress e adattamenti molto impegnativi all’organismo, soprattutto quello del bambino.

Punture di insetti e neonati: cosa fare?

Gli insetti possono avere un ruolo essenziale nella trasmissione di alcune malattie quindi è importante adottare norme comportamentali per evitare il contatto con questi vettori, soprattutto con le zanzare, più diffuse negli ambienti rurali, nelle ore notturne e durante le stagioni piovose. 

Alcuni consigli contro le punture di insetti

  • evitare l’esposizione alle zanzare, soprattutto nelle ore notturne, rimanendo in ambienti chiusi, preferibilmente con aria condizionata; 
  • installare zanzariere alle finestre e intorno al letto, preferibilmente trattate con insetticidi (permetrina); 
  • indossare abiti di colore chiaro, che coprano braccia e gambe, e preferire scarpe chiuse ai sandali;
  • utilizzare spray insetticidi, fornelletti elettrici con pastiglie a base di insetticidi e spirali antizanzare, solo in ambienti all’aperto o molto ventilati, per evitarne l’inalazione;
  • applicare repellenti sulla cute esposta e sui vestiti indossati. I repellenti andrebbero applicati ogni 3-4 ore, soprattutto in aree climatiche caldo-umide;
  • nei bambini va evitata l’applicazione dei repellenti sulle mani, per evitare l’ingestione involontaria del prodotto

La maggior parte dei repellenti può essere utilizzata per i bambini di età superiore ai 2 mesi, ad eccezione dei prodotti a base di olio di limone e eucalipto. In ogni caso, nei bambini con età inferiore a 2 anni devono essere utilizzati i repellenti a concentrazione più bassa (a seconda del principio attivo).

Il neonato in aereo

I bambini possono viaggiare tranquillamente in aereo. È sconsigliato solo in caso di: malattie infettive acute (sinusiti o infezioni dell’orecchio), interventi chirurgici recenti, malattie respiratorie croniche severe, neonati di età inferiore a 48 ore e donne in gravidanza dopo la 36esima settimana di gestazione (dopo la 32esima settimana, in caso di gravidanze multiple).

Nel viaggio in aereo, attenzione al jet lag

La variazione del fuso orario può provocare un complesso di sintomi da jet lag, come alterazioni del ritmo sonno-veglia, disturbi dell’attenzione e malessere generale.

Generalmente i bambini sopportano meglio degli adulti i cambiamenti di fuso, presentando sintomi più sfumati, ma è importante regolare le ore del sonno e dei pasti subito dopo l’arrivo e, se possibile, già nei due giorni che precedono la partenza.

Cosa fare durante il volo in aereo con il neonato

Le variazioni di pressione all’interno della cabina degli aerei, poi, possono comportare barotraumi, con comparsa di otalgia e acufeni, che possono essere ridotti con la deglutizione. Per i lattanti e i bambini più piccoli è possibile minimizzare questi effetti dando loro del cibo o un succhiotto.

Il viaggio in aereo è raramente associato a sintomi di cinetosi (nausea e vomito), che comunque possono essere alleviati scegliendo posti a metà cabina, dove i movimenti sono meno pronunciati, e somministrando antiemetici prima della partenza.

Durante i lunghi viaggi in ambienti ristretti è bene distrarre i bambini portando i loro libri e giocattoli preferiti, insieme al materiale da toilette per farli stare sempre puliti e a scorte di cibo e bevande.

La conservazione del latte materno in estate

Nei casi in cui la mamma, per motivi di lavoro, familiari o di salute, è costretta a interrompere, anche se solo per breve durata, l’allattamento diretto al seno, è utile sapere come estrarre e conservare il latte materno.

Il latte materno è una risorsa importante quindi vanno evitati inutili sprechi o modalità di alimentazione errate.

Di seguito presentiamo le linee guida frutto della revisione di recenti articoli di letteratura e dello scambio di idee ed esperienze tra i diversi professionisti del Tavolo Tecnico Allattamento al Seno della Società Italiana di Pediatria (TASIP).

Informazioni sul latte materno
  1. Prima dell’utilizzo, il latte materno, può essere riscaldato a bagnomaria o con uno scalda-biberon. Non usare il microonde.
  2. Se il latte materno è già caldo non può essere nuovamente riscaldato o riposto in frigo.
  3. Se il latte materno è congelato, lo scongelamento va fatto gradualmente in frigo oppure riscaldandolo sotto l’acqua corrente a temperatura minore di 37° o a bagnomaria.
  4. Una volta scongelato, il latte materno non può più essere scongelato.
  5. Lo scongelamento del latte materno può provocare variazioni di odore o colore che però non indicano una perdita delle sue proprietà.
Come estrarre il latte materno
  • Scegli un posto tranquillo e pulito, lega i capelli e lava le mani e gli avambracci con acqua corrente e sapone.
  • Pulisci il seno solo con acqua prima di iniziare la spremitura.
  • Utilizza un contenitore pulito (in vetro o in plastica dura) o dei sacchettini sterili monouso.
  • Se estrai il latte manualmente poni il contenitore subito al di sotto dell’areola.
  • Le spremiture successive vanno messe in contenitori differenti nell’arco delle 24 ore.
  • Al termine della giornata puoi raggruppare il latte materno raccolto e già refrigerato in un numero minore di contenitori.
  • Se desideri congelare il tuo latte, non riempire completamente il contenitore ma lascia circa 2 cm liberi.
  • Identifica il contenitore con un’etichetta che riporta la data della raccolta.
  • Se risposto per la semplice refrigerazione, metti il contenitore in un sacchetto per alimenti, in posizione eretta, nella parte posteriore del frigo.

La prima vacanza al mare con il neonato: come scegliere la spiaggia e fare la valigia

Mamma, sapevi che il sole stimola la produzione cerebrale di serotonina, l’ormone del “buon umore”?

La serotonina è il modulatore corporeo di umore, appetito, sonno e percezione della sofferenza ed ha un potente effetto sul cervello. Ecco perché la vacanza al mare rende “felici sia i genitori sia i bambini”.

Le spiagge “a misura di bambino” sono le spiagge bandiere blu (la Bandiera Blu è stata istituita nel 1987 dalla FEE, associazione no profit che si impegna nella tutela dell’ambiente). Si tratta di spiagge ben organizzate, con baby club e tornei, con la sabbia (e non scogli, ghiaia o ciottoli), con l’arenile ampio, gli ombrelloni distanziati e dotate di soccorritori. Il mare di queste spiagge è pulito, con acqua bassa vicino alla riva, strutture ricettive in prossimità della spiaggia, ma anche con la presenza di attività commerciali e culturali, elementi graditi ai papà e alle mamme (evitando però le cittadine celebri per la vita notturna che è fonte di rumore).

Infine, ecco un riepilogo per non dimenticare a casa nulla:

  • Ombrellone;
  • Pannolini e/o costumino;
  • Salviettine;
  • Body in cotone e cambio, maglietta in cotone
  • Cappellino in cotone
  • Crema solare 50 + spf UVA e UVB
  • Salvagente;
  • Asciugamani;
  • Bottiglie con acqua dolce;
  • Fazzoletti;
  • Fasciatoio da viaggio;
  • Zanzariera;
  • Piscinetta gonfiabile;
  • Set giochi per sabbia.
Curiosità: il profumo di mare

Ci sono profumi che vorremmo poter chiudere in una bottiglia per poterli respirare quando abbiamo bisogno di sentirci meglio, di evadere e di evocare qualche ricordo. Ed è inutile negarlo, quando si parla di ricordi, nella maggior parte dei casi si parla di vacanze.
E come non pensare, quindi, a quello che tutti chiamiamo “profumo di mare”?

Questo profumo ha per ognuno di noi una storia molto interessante. Innanzitutto, è un odore che può assumere sfumature diverse. Per molti è il profumo della sabbia calda mescolato a quello della crema solare e magari anche al cocco, quindi una fragranza dolce, avvolgente e calda. Per molti altri invece il profumo di mare è quel mix inconfondibile di salsedine, alghe e iodio che rimane sui vestiti dopo una giornata passata al mare, anche in pieno inverno.

È un profumo che tutti amano perché riporta alla felicità, alla libertà, alla spensieratezza.

Ma come tutti gli odori, la sua natura ha un fondamento chimico che trova le radici della propria formula, proprio all’interno del mare stesso e dei suoi abitanti.
Le molecole che donano al mare il suo profumo specifico sono tre:

  1. Il solfuro dimetile:è il responsabile dell’odore pungente, sulfureo, di alghe e di salsedine. Nell’oceano è prodotto da alcuni batteri che digeriscono una particolare specie di plancton. Grazie a questo odore, per esempio, gli uccelli sono in grado di riconoscere le zone più ricche di pesce.
  2. dicioptereni: lo possiamo associare alle alghe secche e ritrovare in alcuni piatti della cucina orientale.
  3. bromofenoli: è per questi composti chimici che il mare ha quel forte odore di iodio. Un odore che si portano dietro anche i molluschi e i crostacei che, nutrendosi di alghe e altri organismi che si trovano sui fondali, ne ereditano il caratteristico sentore. Questo profumo caratteristico ci permette anche di distinguere, se abbiamo un naso allenato e molto sensibile, se il pesce che stiamo mangiando proviene da un allevamento o è pescato. Solo i pesci allo stato selvaggio infatti sono ricchi di bromofenoli, tanto che si è tentato di aggiungerli alla dieta dei pesci allevati per provare a dar loro lo stesso sapore del pescato di mare, ma senza ottenere risultati apprezzabili.

Esiste quindi una parte “scientifica” nella composizione di questo profumo che regala a tutti noi sensazioni positive e rilassanti: la sua natura, come abbiamo visto, è chimica.
Ma la cosa bella del profumo del mare, del suo odore pungente, unico, persistente, è che per ognuno di noi può assumere note specifiche e personali legate ai nostri ricordi più belli.

I benefici dell’acqua di mare per i neonati (e non solo)

Come starà il costumino al tuo piccolo marinaio o alla tua piccola sirenetta?  Ti sciogli – non per il caldo – solo al pensiero, ma, come spesso accade, questi teneri scenari vengono interrotti da paranoie e preoccupazioni tipiche di un genitore. Si può portare un neonato al mare? O è meglio evitare? Se sei una neomamma o un neopapà probabilmente ti starai chiedendo se quest’estate dovrai rinunciare alla sensazione di immergere i piedi nell’acqua limpida.

Prima di tutto chiariamo che è consigliabile fare il primo bagnetto al mare dopo i 3 – 4 mesi. Prima è sconsigliato farlo per 3 motivi:

  • acqua fredda;
  • salsedine;
  • dermatite da contatto.

Quando potrai fargli il bagno, ti consiglio di stare a riva, di tenere sempre una mano sulla schiena, in modo da sostenerlo, e di acquistare un salvagente adatto alla sua età. In ogni caso, è importante fare attenzione ai segnali che il neonato manda: se piange o sembra nervoso, è meglio uscire dall’acqua e rassicurarlo.

Dopo ogni bagnetto, sciacqualo con acqua dolce per rimuovere la salsedine, per proteggere la pelle ed evitare la dermatite da contatto.

Prima di preparare la borsa mare con la crema solare, gli occhiali da sole e le infradito, è bene conoscere tutti i rischi a cui si può andare incontro e le precauzioni da prendere.

Puoi leggere le informazioni approvate dalla Società Italiana di Pediatria nell’articolo dedicato al neonato al mare.

I benefici del mare nella tenerissima età

L’acqua occupa il 70% della superficie del globo. I mari e gli oceani sono la più vasta riserva di rimedi curativi del nostro pianeta. Nell’acqua del mare sono stati trovati tutti gli elementi (sono 60) della tavola periodica di Mendeleev, come pure una grande varietà di molecole di natura organica, come per esempio amminoacidi, vitamine, acidi grassi, polisaccaridi, enzimi…

Il mare è ben più di un brodo di coltura: rappresenta l’elemento vitale per eccellenza. Le attuali conoscenze di biochimica sono ancora insufficienti per concepire tutte le possibilità terapeutiche dell’acqua di mare. L’acqua di mare contiene molte sostanze benefiche perché è ricca di minerali e di oligoelementi.

Oggi innumerevoli studi scientifici sottolineano l’importanza che il mare riveste per la salute di tutti, in particolare per i bambini, per i quali i benefici sono davvero molti.

I bambini possono essere portati in spiaggia sin dai primi 3 mesi di vita. Gli effetti benefici dell’aria iodata e dell’acqua di mare sono innegabili ma il periodo nel quale si deve rimanere al mare per usufruire dei suoi benefici deve essere piuttosto lungo: non basta il week-end “mordi e fuggi” insomma, ci vuole almeno una settimana.

L’aria iodata aiuta a risolvere la rinite, l’eczema, le otiti, e le infezioni delle alte vie respiratorie. Inoltre, i benefici del mare dipendono da molti fattori. Per esempio, l’esposizione al sole produce grandi quantità di vitamina D, ormone dalle molteplici funzioni, anche immunitarie.

Il movimento, anche solo una breve passeggiata, fa produrre endorfine quindi migliora l’umore della mamma e del bambino.

L’acqua del mare è davvero un farmaco naturale per il nostro corpo; è ricca di sali che tonificano e drenano e pulisce meravigliosamente dal muco.

Infatti è possibile che il bambino elimini il muco proprio nei primi giorni di vacanza: è un fenomeno naturale del quale non dobbiamo preoccuparci. Se gli cola il nasino e starnutisce può significare che le sue vie respiratorie si stanno auto-pulendo.

Azione disinfettante e antibatterica dell’acqua di mare

Grazie alla presenza di un’alta percentuale di sali e di sostanze disciolte come iodio, zolfo e fluoro, l’acqua di mare può essere impiegata come disinfettante per le piccole ferite e le escoriazioni, stimolando la cicatrizzazione dei tessuti, compreso la zona pannolino.

Inoltre ha anche un’azione antibatterica perché interviene sui microbi e sugli agenti patogeni.

L’acqua di mare purifica la pelle

L’acqua salata produce effetti benefici sulla pelle grazie alla sua azione antibatterica.

L’acqua di mare interviene sulle tensioni muscolari 

Immergere il bambino nell’acqua di mare può essere utile per rilassare e tonificare la sua muscolatura, grazie alla maggiore densità dei sali disciolti in acqua, che contribuiscono al galleggiamento.

L’acqua di mare migliora la respirazione

L’acqua di mare produce effetti benefici anche sulla respirazione, contrastando le patologie che influenzano la salute come le allergie, la tosse e l’asma. La particolare composizione dell’acqua salata, rende l’aria di mare ricca di particelle di iodio. Esse vengono naturalmente inalate intervenendo direttamente sulle vie aeree, aiutando il corpo a eliminare batteri e microbi in modo naturale. Nell’acqua di mare la presenza del plancton (fito-plancton e zoo-plancton che sintetizzano molecole ad attività antibiotiche e antivirali) ha un potere antinfettivo e antinfiammatorio su vari apparati, particolarmente su quello respiratorio; il tutto con mezzi relativamente semplici, quali bagni, sabbiature, inalazioni e aerosol.

Il neonato al mare: viaggio e punture d’insetto

Articolo creato sulla base delle RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA

  1. In casa o in macchina si può usare l’aria condizionata anche in presenza di neonati?
    Sì, si può usare l’aria condizionata. L’importante è tenere una temperatura costante sui 24-25 gradi se fuori ci sono 30 gradi e usare il deumidificatore. La temperatura va mantenuta costante in tutti gli ambienti perché è il passaggio da una stanza all’altra che potrebbe, eventualmente, dar fastidio al bambino. Stessa cosa vale per la macchina: si può tenere una temperatura sui 24-25 gradi, mantenendo il finestrino un po’ aperto per evitare che l’abitacolo diventi troppo freddo.
  2. Come evitare il mal d’orecchio quando si viaggia in aereo?
    Le variazioni di pressione all’interno della cabina degli aerei possono comportare barotraumi, con comparsa di otalgia e acufeni. Questi possono essere ridotti con la deglutizione, così da aprire la tuba di Eustachio. Per i lattanti e i bambini più piccoli è possibile minimizzare questi effetti dando loro del cibo o dell’acqua con un biberon o un ciuccio. Ai bambini più grandi si può dare una caramella o un lecca lecca. Se poi, nel bambino in età scolare, il dolore è persistente si può praticare la manovra di Valsava: un’inspirazione profonda seguita da un’espirazione della durata di 10 secondi circa, tenendo tappato il naso con le dita e con la bocca chiusa.
  3. Come evitare che un neonato venga punto dalle zanzare?
    L’alba e il tramonto sono i momenti in cui le zanzare circolano di più. Per evitare che i neonati vengano punti si possono usare le zanzariere da posizionare sopra la carrozzina. Per i bimbi più grandi, invece, vanno bene i rimedi naturali. È importante, però, fare prevenzione e quindi, ad esempio, togliere l’acqua che ristagna nei sottovasi. In caso di puntura, poi, applicare qualcosa di fresco, come il ghiaccio, e non il limone, come comunemente si pensa, il quale potrebbe dare infiammazioni cutanee.

Il neonato al mare: ingestioni accidentali, pannolino e paura dell’acqua

Articolo creato sulla base delle RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA

  1. Cosa succede se il bambino beve l’acqua di mare o ingerisce della sabbia?
    L’acqua di mare non va bene per l’organismo per via del suo alto contenuto di sale. In più, se il mare è inquinato può contenere agenti infettivi che possono causare vari problemi, primo tra tutti una forma di gastroenterite, i cui sintomi tipici sono nausea, vomito e diarrea, e in presenza dei quali bisogna prontamente rivolgersi a un pediatra. È ovvio, però, che una piccola quantità d’acqua salata ingerita non può creare particolari danni. È consigliabile, comunque, quando succede, dare al bambino dell’acqua dolce, utile per eliminare la quantità di sale contenuta nell’acqua marina assunta. Stesso discorso per quanto riguarda la sabbia. I rischi nell’ingerirla possono essere legati alla presenza di corpi estranei o al fatto di poter contenere germi e batteri che possono causare infezioni gastrointestinali. Di solito, però, piccole quantità di sabbia non si associano a grandi problematiche.
  2. L’estate è il momento migliore per togliere il pannolino? È meglio in estate?
    Il cosiddetto “spannolinamento” deve essere un percorso che va vissuto serenamente e non una gara. Di solito i bambini sono pronti a togliere il pannolino tra i 2 e i 3 anni ma alcuni hanno bisogno di qualche mese in più ed è importante non forzarli. Dunque lo spannolinamento non deve necessariamente avvenire d’estate. Una volta tolto il pannolino è importante, se si è in spiaggia, non mettere il bambino seduto nudo sulla sabbia per troppo tempo per evitare irritazioni della pelle. La soluzione migliore potrebbe essere quella di stendere un asciugamano e mettere il bambino a giocare lì, in modo che rimanga fresco e sicuro.
  3. E se il bambino sembra spaventato dalle onde e non vuole entrare in acqua?
    Non dev’essere assolutamente forzato. Uno dei benefici del bagno in mare è quello di aiutare il bambino a prendere confidenza con l’acqua. Il genitore potrà aiutarlo ad avvicinarsi pian piano all’acqua, invitandolo a mettere in acqua prima i piedini, o giocando a bubu settete in acqua. Non immergerlo mai all’improvviso perché ha bisogno di abituarsi gradualmente.

Neonati e bambini al mare: i bagni

Articolo creato sulla base delle RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA

  1. Quanto tempo dopo aver mangiato si può fare il bagno?
    Non esiste una regola scientifica che indichi quante ore aspettare dopo il pasto, anche perché la digestione avviene in modo diverso a seconda degli alimenti. Comunque, va valutato, che è sempre consigliabile allattare il neonato al seno frequentemente.
    Se il bambino più grande ha consumato un pasto abbondantissimo costituito da fritture, cibi molto grassi, salse e intingoli, ovvero piatti che richiedono una lunga e laboriosa digestione può avere un senso aspettare le famose 3 ore. Se invece il bambino ha mangiato, come dovrebbe essere, un piatto di pasta condita con olio e pomodoro e magari un po’ di pesce o una fettina di carne può senz’altro entrare in acqua anche subito dopo pranzo.
    La cosa molto importante, però, è immergersi in acqua gradualmente, bagnandosi prima le caviglie, poi i polsi, lo stomaco e infine le tempie. Si deve evitare lo sbalzo termico a cui lo si esporrebbe tuffandosi o immergendosi di colpo, che potrebbe causare la perdita di conoscenza. Sempre per questa ragione, il bambino non dovrebbe fare il bagno quando è accaldato e sudato: prima di entrare in acqua, dovrebbe rinfrescarsi all’ombra gradualmente.
  2. Dopo quanto tempo bisogna uscire dall’acqua?
    I segnali a cui prestare attenzione per capire quando è il momento di uscire dall’acqua, sono tre: i brividi di freddo, il raggrinzimento della pelle delle dita e la colorazione bluastra delle labbra. Per dire basta, comunque, deve essere sufficiente, che il bambino non sia a proprio agio.
  3. Quanto deve durare il primo bagnetto?
    Il bagnetto può durare 10 minuti per i bambini da 3 a 6 mesi. Poi è possibile aumentare gradualmente la tempistica fino a 15 minuti.

Profilassi neonatali

Tutte le procedure assistenziali routinarie, come il bagnetto, le misurazioni, l’esecuzione delle profilassi neonatali dovrebbero essere posticipate per non interrompere il processo fisiologico di adattamento alla vita extrauterina. Il periodo finestra, nel quale il neonato è particolarmente recettivo, vigile e reattivo, è rappresentato dalle prime due-tre ore dalla nascita; in questo intervallo “magico”, raccomandano di non inserire pratiche assistenziali disturbanti, a meno che non siano assolutamente indispensabili e non dilazionabili.

Antibiotico oculare e vitamina K

L’antibiotico oculare è previsto per legge e serve per evitare il rischio (contenuto) di infezione da gonococco, mentre la vitamina K ha lo scopo di prevenire la malattia emorragica neonatale, provocata da un deficit di tale vitamina, che nella forma precoce si manifesta prevalentemente nel tratto gastro-enterico, con un rischio dell’1%. La maggior parte dei protocolli raccomanda una formulazione di vitamina K per via intramuscolo, ma è efficace anche la somministrazione per bocca. In questo caso occorre attenzione che il neonato non sputi o rigurgiti precocemente le gocce e la somministrazione andrà proseguita nel tempo per la prevenzione della forma tardiva.

Genitori informati

Occorre informare preventivamente i genitori sulla loro utilità, rispondendo a eventuali quesiti, chiedendo loro un consenso scritto (più che di consenso sarebbe meglio parlare di “accettazione consapevole di una proposta”). Ogni prassi assistenziale dovrebbe sempre essere presentata e spiegata con largo anticipo – almeno una settimana – per dare ai genitori la possibilità di riflettere e di approfondire, ed eventualmente chiedere altro materiale informativo o un colloquio con gli operatori. Alla base di questo percorso deve sempre esserci un rapporto fiduciario e responsabile tra chi eroga l’assistenza e chi la riceve.

Il primo attacco al seno del neonato

Il bambino appena nato non ha subito fame e gli occorre tempo prima di manifestare la voglia di succhiare (e succhierà più per piacere che per nutrirsi); la maggior parte dei neonati attiva spontaneamente la ricerca del seno dopo 30-40 minuti dalla nascita, e solo se posto in condizioni ambientali adeguate. I tempi delle nostre sale parto sono spesso molto più rapidi e innaturali. Se si vuole essere rispettosi e accoglienti ci si deve sforzare di non avere fretta e di personalizzare le prassi adattandole alle diverse situazioni. Si potranno vedere così neonati che dopo pochi minuti manifesteranno l’intenzione di attaccarsi al seno, altri invece poco attivi e molto disorientati (magari dopo travagli indotti o assistiti con epidurale) che richiederanno tempi più lungi e approcci graduali. Quindi è importante ricordare che il neonato non va mai forzato e che i suoi tempi sono soggettivi: solo dopo la prima ora è indicato supportare il raggiungimento del seno.

Alla nascita il neonato è all’apice del livello istintivo; è in grado di recepire stimoli tattili, visivi, uditivi e olfattivi e di trovare da solo il seno.

Il contatto con il seno riporterà il neonato a quella prevedibilità e coerenza uterina perse con la nascita. Durante l’allattamento i suoi sensi sono completamente attivi e sinergici; i bisogni che vengono contemporaneamente soddisfatti sono molteplici: fame, sete, calore, contenimento, contatto, visione, ecc… Per un po’ si realizza una nuova, perfetta e rassicurante omeostasi.

Le prime ore di vita del neonato

Nelle prime 24 ore di vita è possibile distinguere il succedersi di differenti stati comportamentali: alla nascita si osserva un periodo di massima allerta (reattività e sensibilità) che dura circa 2 ore, seguito da una fase di quiete e di sonno, detta anche “fase di recupero”, che dura 3-6 ore, cui segue un secondo periodo di reattività, di 2-4 ore, dopo il quale si instaura la graduale alternanza degli stati comportamentali.

Nel parto vaginale spontaneo, dopo i primi momenti di adattamento respiratorio e cardiocircolatorio, il neonato, se messo nelle condizioni di tranquillità, mostra grande attenzione nei confronti del nuovo mondo extrauterino e delle presone presenti, utilizzando tutte le proprie competenze sensoriali, comportamentali e motorie (periodo di massima reattività e sensibilità).

Un ambiente non luminoso lo incoraggia ad aprire completamente gli occhi e a guardare intorno a sé, a muoversi alla ricerca del seno e a manifestare i propri riflessi di presa e di suzione.

Il neonato si relaziona subito con l’ambiente che lo circonda

Comprendere il linguaggio comportamentale del neonato fin dai primi momenti di vita aiuta gli operatori a considerarlo un essere sociale capace di interagire attivamente con la madre e con le persone che si prendono cura di lui.

L’ecologia neonatale

È stata soprattutto la scuola di Boston (storicamente rappresentata da T. Berry Brazelton e Heidelise Als) a focalizzare l’attenzione sulle competenze relazionali del neonato, ritenendo che quest’ultimo sia in grado di entrare in relazione con l’ambiente attraverso il suo comportamento. In questa visione il neonato è concepito come un essere sociale, propositivo, che comunica con sua madre, capace di difesa e di autoregolazione comportamentale nell’interazione con l’ambiente esterno.
Uno tra i principali obiettivi dell’approccio Brazelton è quello di sostenere i genitori verso una migliore comprensione del proprio bambino e del proprio ruolo. Infatti ciò li aiuta a individuare le competenze neonatali e a riconoscere che, fin dai primi momenti di vita, il neonato ha una propria personalità che lo differenzia dagli altri. In questa visione i genitori sono portati a interpretare i comportamenti del figlio come vere e proprie comunicazioni dotate di significato. Il bambino è un essere sociale che si esprime per mezzo del comportamento. Nei genitori si rafforza il privilegio di toccarlo, guardarlo e ascoltarlo con modalità uniche.
Nasce quindi una vera e propria ‘ecologia’ neonatale per la quale il neonato non è più un essere isolato, ma una persona capace di relazionarsi con l’ambiente. Attraverso tali esperienze, cresce e si sviluppa. In questa prospettiva la cura della relazione porta l’operatore ad avere uno sguardo attento e rispettoso verso il linguaggio comportamentale del bambino e ad avere più fiducia sulle possibilità del neonato di interagire e di auto-organizzarsi.

Il neonato esplora ciò che lo circonda

Quando il bambino, subito dopo la nascita, smette di piangere, si rilassa e ritrova un nuovo equilibrio sensoriale, ad un certo punto arriva anche ad aprire gli occhi iniziando una prima esplorazione di ciò che lo circonda. Inizialmente ‘vedrà senza guardare’, non potendo vedere nulla di noto (neppure il volto materno); gli occorrerà un po’ di tempo per collegare quel volto a quella voce, a quell’odore, a quel tocco, a quel seno, a quel latte. Chi accoglie un bambino appena nato deve pensare che il processo da feto a neonato è di fatto una ‘ricerca di senso’: inizialmente di coerenza ed equilibrio, in seguito di maggiore organizzazione.

Ciò che è più vicino al neonato è la madre

Per un bambino appena nato, l’ambiente più comprensibile è senz’altro la propria madre, colei che fino a quel momento ha rappresentato l’intero confine della sua esistenza. È anche la persona per la quale lui è la cosa più importante al mondo. Per la madre, il bambino è il termine della fatica della gravidanza, lo scopo del dolore del parto, è l’inizio di un progetto esistenziale tanto concreto da poter essere osservato e toccato. Per alcuni mesi la madre è stata ‘occupata’ dal bambino, al punto che ora senza di lui si sente incompleta, le manca una parte di sé, fatica a ritrovarsi. Il dialogo biologico e psicologico, che caratterizza la relazione madre-bambino iniziata in utero, non si interrompe con la nascita, ma si riconverte e si riorganizza; madre e bambino iniziano un rapporto nel quale ognuno di loro è contemporaneamente soggetto e oggetto. Il neonato separato dalla madre in un certo senso è un neonato “malformato”, perché privo di qualcosa di essenziale; lui alla fine è un sistema omeostatico aperto, regolato da processi di attaccamento e di interazione: è ai genitori, solo a loro, che spetta il compito di ‘presentare al bambino il mondo in un modo che abbia senso per lui’.

I primi minuti di vita del neonato: ecco come li vive

Il bambino che nasce passa vive l’adattamento cardio-respiratorio postnatale, in pratica il primo respiro. Nel 90-95% dei nati a termine ciò avviene automaticamente e spontaneamente, senza bisogno di alcun intervento esterno.

Il primo respiro

I principali fattori che attivano il respiro del neonato sono la compressione del torace nel canale del parto e lo stimolo cerebrale provocato dallo stravolgimento ambientale percepito dai sensi (luce, freddo, spazio, estensione, prensione). Il primo vagito, più che un respiro, è un ‘urlo’ provocato dall’espirazione che segue la prima inspirazione forzata.

Cosa succede ai polmoni del neonato nei primi secondi di vita

Per capire che cosa succede ai polmoni del neonato nei primi secondi si possono paragonare questi organi a due piccoli palloncini di gomma che devono essere riempiti d’aria: la tensione superficiale richiederà molta pressione per produrre la prima fase di gonfiaggio, proseguire l’introduzione di altra aria richiederà invece minor sforzo. Lo stesso accade nei polmoni del neonato: i primi 2-3 atti respiratori avranno bisogno di alte pressioni, mentre successivamente sarà possibile utilizzare pressioni nettamente inferiori. I primi potenti respiri consentiranno la spremitura del liquido contenuto negli alveoli fetali, che sarà riassorbito dal sistema venoso e linfatico polmonare; contemporaneamente sarà possibile vincere la tensione superficiale (quella che ‘rompe’ la resistenza iniziale del palloncino), che giungerà a stabilizzarsi definitivamente per mezzo del surfactante (una sostanza tensioattiva che mantiene aperto l’alveolo). I primi atti respiratori permettono il formarsi dello ‘spazio morto’ respiratorio, cioè di quella parte di aria che non partecipa alla vera e propria ventilazione (il volume corrente rappresenta invece l’aria che entra ed esce durante l’inspirazione e l’espirazione). In pratica, una volta avviata la respirazione, nell’arco di alcuni secondi gli alveoli risulteranno ventilati e occupati da aria: si realizza così la funzione respiratoria che sarà mantenuta per il resto della vita.

L’ossigenazione e il circolo polmonare

Come si è visto, il feto vive per nove mesi a bassissime concentrazioni di ossigeno; con i primi respiri però molto rapidamente si viene a trovare in una situazione di iperossia (un po’ come passare dall’Everest al livello del mare in pochi istanti); anche senza utilizzare una supplementazione di ossigeno, l’aria ambiente è quindi già di per sé enormemente ossigenata rispetto alla situazione prenatale. Questo veloce cambiamento dell’ossigenazione provoca una dilatazione improvvisa dei vasi polmonari, che, aprendosi, richiamano dal cuore destro grandi quantità di sangue. Si crea così il circolo polmonare, che permette al sangue venoso di ossigenarsi e di essere inviato a tutto l’organismo dalle cavità sinistre. Contemporaneamente, per semplice meccanismo emodinamico, si chiudono il Forame Ovale e il Dotto di Botallo, e per il resto della vita il sangue delle camere cardiache destre non potrà più mescolarsi con quello della parte sinistra del cuore.

Cosa prova il neonato nel grembo materno?

Che cosa accade al neonato nel passaggio dalla vita intrauterina alla vita extrauterina? Come si può pensare che lui viva questa esperienza? Come avviene l’adattamento del neonato nel periodo immediatamente successivo alla nascita? Per comprenderlo è necessario partire dalla situazione prenatale.

Il tuo futuro bambino è sempre coccolato

Fino a pochi minuti prima di nascere il neonato si trova completamente avvolto dal liquido, in totale assenza di gravità, massaggiato continuamente dalle pareti morbide, lisce e pulsanti dell’utero, accompagnato da suoni continui (interni ed esterni al corpo materno), in perenne ritmico dondolio.
Per nove lunghi mesi è stato un bambino “coccolato”; nell’utero infatti ogni bisogno viene soddisfatto prima ancora di essere percepito: è del tutto assente la percezione di mancanza. In condizioni di fisiologia, la fame e la sete vengono annullate da una placenta prodiga di nutrimento, simile alla manna del racconto biblico, in una posologia definibile “quanto basta”.

Madre e figlio: una simbiosi totale

Approfondendo il nostro sforzo di immaginare la vita in utero, si può intuire che per il feto il mondo interno e quello esterno coincidono; lui è anche la sua placenta e il suo utero, e la mamma stessa viene percepita come parte di sé. La dimensione simbiotica è totale, e di ciò il bambino non sarà consapevole per parecchi mesi dopo la nascita. Nell’utero si vive buona parte del tempo in una sorta di dormiveglia, senza riuscire a distinguere tra la veglia e il sonno, tra la realtà e il sogno. Vita fisica e vita mentale coincidono, e dunque il feto-neonato è per definizione un’entità completamente psicosomatica.

Come osservava il pediatra polacco Korzack, egli pensa per “emozioni e sentimento”. Per tutta la gravidanza il feto ha vissuto immerso nel tempo uterino, che è un non-tempo, con caratteristiche di costanza e prevedibilità, dove il ritmo è dato dalla periodicità biologica del corpo materno. È proprio questa coerenza dell’esistenza a caratterizzare il mondo uterino, dove la coscienza emozionale è rappresentata da una percezione sensoriale globale, nella quale dimensione cognitiva e la dimensione affettiva coincidono.
Ciò che il feto-neonato ha sperimentato nella vita intrauterina e nella nascita determina il suo essere un soggetto sinestesico, incapace di separare e catalogare con un pensiero razionale e simbolico la natura delle proprie percezioni ed emozioni. Lui è il suo corpo ma questo corpo comprende anche l’ambiente nel quale è inserito e con il quale è a contatto, e il suo ambiente giunge fin dove la sua capacità percettiva riesce ad arrivare.
Quindi “perdere” la mamma significa perdere se stesso, e separarsi da lei comporta il venir meno del senso di sé. Winnicott osservava che nessun neonato è pronto per nascere e Selma Fraiberg aggiungeva: “gli avvenimenti della sua vita sono senza connessione”.

Nutrimento e protezione

Dal punto di vista biologico, nell’utero, le sostanze necessarie per vivere giungono costantemente e direttamente dalla placenta attraverso la vena ombelicale. Al feto arriva sangue a bassa concentrazione di ossigeno. Nel periodo prenatale esiste un doppio sistema di protezione: un’elevata concentrazione di globuli rossi e una specifica emoglobina (HbF) dotata di maggiore affinità per l’ossigeno.

Polmoni e intestino

I polmoni del feto non sono ventilati (contengono liquido) e la circolazione polmonare è disattivata e bypassata attraverso il Forame Ovale e il Dotto di Botallo (quest’ultimo porta sangue dall’arteria polmonare direttamente all’aorta).
Nella vita prenatale l’intestino è del tutto immobile e inattivo; le vie urinarie invece sono ben funzionanti e permettono la produzione di liquido amniotico.

Il cervello e i sensi

Il cervello è capace di elaborare numerose percezioni sensoriali; in particolare sono molto stimolati (e quindi ben sviluppati) il gusto, l’udito e l’olfatto (questi ultimi due attivati per via liquida e non aerea, come nell’adulto); la situazione vestibolare è solo in parte funzionante a causa dell’immersione nel liquido che annulla la forza di gravità; la termoregolazione è invece inutilizzata per la presenza di temperatura costante. Il tatto, fin dalle prime settimane di gravidanza, è stimolato dal contatto con le pareti dell’utero, oltre che dall’interazione con la placenta e il cordone ombelicale; le mani del feto sono continuamente in movimento e durante le ecografie è frequente assistere a fini manipolazioni e a suzione attiva delle dita. Mani e bocca sono ampiamente rappresentate nel cervello umano, al punto da occupare una consistente zona della corteccia cerebrale. La vista invece, pur essendo già matura fin dall’ultimo trimestre, è stata poco allenata per la scarsa luce presente in utero (e l’assenza di oggetti interessanti da osservare…).

Digestione e respirazione

La maggior parte degli organi addominali fetali non sono attivi perché attraverso la mediazione della placenta è più vantaggioso utilizzare quelli materni: così saranno l’intestino e il fegato della madre a svolgere le principali funzioni digestive e depurative e saranno i polmoni materni