Cosa sa fare un neonato?

Non solo piangere e mangiare! Scopri cosa sa fare tuo figlio

Il “neonato” viene concordemente considerato come un essere dotato di competenze straordinarie.

È in grado di riconoscere la propria mamma, di fare la poppata da solo, di arrampicarsi al seno, di identificare volti umani, e di percepire e sentire gli stimoli tattili. Ma sa anche ricordare! Un bambino appena nato sa fare molte cose, tutte utili per la sua vita.

Il neonato ha straordinarie capacità che gli consentono di svolgere le funzioni essenziali e di essere il leader del suo sviluppo.

Prima di tutto, sa nascere: aiuta la progressione e l’uscita attraverso l’adeguamento istintivo al bacino materno durante il passaggio nel canale del parto.

Inoltre, è in grado di adattarsi alle funzioni neurovegetative, come la temperatura e le funzioni viscerali. Alla nascita è preparato per il cambiamento più importante: la respirazione. Il controllo della deglutizione e della suzione è un’altra competenza essenziale per la sopravvivenza: il neonato è in grado di attaccarsi, succhiare e deglutire il latte materno se è posizionato sul ventre materno. Inoltre, è in grado di cercare e trovare il seno della mamma.

Alla nascita il neonato si trova immerso in un mondo pieno di stimoli completamente differente da quello sperimentato nei nove mesi di sviluppo: deve far fronte a complesse stimolazioni visive, uditive, olfattive, gustative e tattili. Prima degli anni ‘60 il neonato veniva considerato un organismo passivo, in fusione con l’ambiente, dotato di movimenti privi di intenzionalità, immerso in un mondo percettivo confuso e disorganizzato. Oggi si è dimostrato che il neonato, fin dalle prime ore di vita, è dotato di un sistema super funzionante e di alcune capacità motorie che gli consentono di interagire con l’ambiente e con gli altri, elaborando gli stimoli provenienti dall’esterno attraverso tutti i canali sensoriali.

Quindi, la visione del neonato ha subìto un mutamento, passando da quella di “organismo passivo” a quella di “essere competente” dotato di tante abilità.

Vediamo “cosa sa fare” il neonato tenendo conto che molte delle sue capacità derivano da competenze acquisite durante la gravidanza. Solitamente si dice che i neonati non sanno fare altro che piangere e mangiare, ma la realtà non è solo questa!

Tutti i movimenti che sa fare il neonato

Alla nascita, il neonato presenta una motricità dominata dai riflessi primari (o arcaici) che nei primi 3-6 mesi di vita, con l’emergere delle competenze motorie volontarie, sono destinati a scomparire. Sono indice di uno sviluppo motorio adeguato. Tra questi ne troviamo alcuni che hanno svolto il loro ruolo durante il parto:

  • La marcia automatica (in sospensione ascellare la stimolazione della superficie di un dorso del piede determina un lento movimento automatico di “passo” dell’arto stimolato) che ha contribuito in utero ai cambi di posizione e alla ricerca del canale del parto permettendo al neonato di “ camminare” sul fondo dell’utero.
  • Il riflesso di Moro: a un piccolo ma brusco movimento di caduta (mancato sostegno verso il basso ma anche rumori forti e improvvisi – in questo caso si parla di riflesso di startle) il neonato apre la bocca, abduce le braccia in modo simmetrico e ampio, e successivamente le riavvicina lentamente. Si attribuisce a tale riflesso il contribuire al primo atto respiratorio all’uscita dal canale del parto.

Altri riflessi sono determinanti per la sopravvivenza alla nascita: 

  • il riflesso dei punti cardinali (che permette al neonato, quando è toccato alla guancia, di girarsi per prendere in bocca il capezzolo o ciò che l’ha stimolato);
  • il riflesso di suzione (che si attiva appena ha qualcosa in bocca). 

Già alla nascita si possono comunque distinguere schemi di suzione nutritiva e schemi non nutritivi per calmarsi da solo, come con le dita o il succhiotto. Anche il riflesso di prensione palmare (appena qualcosa tocca il palmo della mano il neonato la stringe a pugno) è finalizzato al buon esito del primo contatto nutritivo con il caregiver (forse eredità dei nostri antenati primati i cui neonati avevano bisogno di potersi attaccare tenacemente e da subito al pelo della mamma).

Cosa vede il neonato?

Ricerche scientifiche dimostrano che il neonato, fin dalla prima settimana di vita, è in grado di distinguere due stimoli visivi diversi e preferisce stimoli visivi eterogenei piuttosto che stimoli omogenei. I neonati hanno immagini retiniche chiare con oggetti presentati a una distanza ottimale di circa 20 cm; sono in grado di guardare volontariamente un oggetto, di orientarsi verso di esso con la testa, con gli occhi e di seguirne il movimento. Già a 3 giorni di vita i neonati sarebbero più attratti da stimoli in movimento rispetto a stimoli statici.

Stern ha osservato che molte delle interazioni mamma-bambino, in particolare l’allattamento, si svolgono proprio alla distanza ottimale di 20 cm (tra i due volti). Mantenendo, infatti, questa distanza, il neonato può vedere nitidamente e sarebbe attratto dalle caratteristiche più complesse come il movimento, il contrasto luminoso e il contorno. Stern ipotizza anche che il neonato sia “progettato” per ricercare e ricevere stimolazioni, senza esserne sopraffatto.

Anche se i neonati non riescono a percepire i colori prima delle 7-8 settimane di vita, sono comunque sensibili a variazioni del 20% nel contrasto di stimoli luminosi.

Hainline sostiene che nonostante il neonato non sia in grado di mettere a fuoco le immagini a qualunque distanza dal suo volto, né sia dotato della discriminazione cromatica, dispone di una visione in bianco e nero sufficientemente accurata di ciò che è posto ad una distanza di circa 25 cm dal suo volto.

I risultati di questi studi sembrano dimostrare che già alla nascita il neonato possieda i requisiti fondamentali di elaborazione dello stimolo visivo, per potersi impegnare nelle interazioni con un partner comunicativo.

Quali suoni sente il neonato?

I neonati percepiscono la voce della mamma, orientano lo sguardo verso la faccia di chi ha parlato a loro e, quando la trovano, i loro occhi si illuminano, il loro collo si contrae e il loro mento si sposta lentamente verso colui che parla. 

C’è poi la capacità di discriminare una produzione sonora: un neonato di 2 giorni di vita smette di piangere se posto all’ascolto del proprio pianto registrato, ma non a quello di un altro neonato.

I neonati, di 2 giorni di vita, riescono ad apprendere la distinzione tra due sillabe in meno di 20 minuti.

L’apprendimento uditivo avviene già nell’ambiente intrauterino. I neonati tra le 12 e le 72 ore di vita mostrano una risposta differenziale, in termini di apertura oculare, se posti all’ascolto di un discorso nella stessa lingua parlata dalla mamma, rispetto all’ascolto di un discorso in una lingua diversa da quella parlata dalla mamma.

A soli 2 giorni dalla nascita, i neonati sono in grado di riconoscere le note musicali e addirittura le stonature: sono stati monitorati diciotto neonati, di 24-48 ore di vita, mentre ascoltavano brani di musica classica, sottoponendoli a una risonanza magnetica funzionale (tecnica che permette di “vedere” il cervello al lavoro) ed è risultato che la reazione a una musica “sbagliata” (con delle dissonanze), era diversa da quella riscontrata con l’ascolto di melodie “giuste”. Quindi già nelle prime ore di vita si attivano, nell’emisfero destro, gli stessi sistemi neurali presenti e attivati negli adulti esposti da tempo alla musica. Insomma, già alla nascita esiste nel nostro cervello una specializzazione musicale, capace di riconoscere la musica e le sue distorsioni.

Cosa percepisce il neonato?

Gli scienziati confermano alcune abilità motorie del tutto insospettabili in un neonato, come ad esempio la capacità di raggiungere un oggetto e di afferrarlo a soli 10 giorni di vita.

I neonati riconoscono un oggetto precedentemente esplorato: uno studio si basa sulla presentazione, a neonati di 29 giorni, di due stimoli orali, un ciuccio liscio e un ciuccio con delle protuberanze. I neonati, divisi in due gruppi, familiarizzano, per 90 secondi, con uno solo dei due stimoli. In un secondo momento vengono loro mostrati entrambi i ciucci. I neonati mostrano tempi di fissazione molto più lunghi per il ciuccio che precedentemente avevano esplorato oralmente.

La coordinazione mano-bocca ha tutte le caratteristiche di un’azione diretta verso una meta, che solo occasionalmente fallisce il risultato, la bocca, che si apre prima del movimento del braccio, anticipa l’arrivo della mano, indicando la presenza di intenzionalità. Ciò conferma l’ipotesi che i movimenti della mano verso la bocca dei neonati siano casuali o il risultato di un’autostimolazione del riflesso di Babkin.

Quali odori riconosce il neonato?

I neonati, anche a soli 2 settimane di vita, riconoscono l’odore della mamma riuscendo a distinguere, durante l’allattamento, tra l’odore della mamma e quello di un’estranea. Uno dei sensi che il neonato sviluppa in epoca embrionale, infatti, è l’olfatto. Grazie a questo apprendimento prenatale, i neonati alla nascita sono in grado di cercare e riconoscere il seno materno. Il feto, già dai primi mesi di gestazione, immerso nel liquido amniotico, percepisce gli odori; tra la quinta e l’undicesima settimana si sviluppano i recettori olfattivi, mentre entro la quindicesima si formano le narici. Il feto, così, immagazzina tutta una serie di stimoli che formeranno la sua “memoria olfattiva” e che, una volta nato, lo aiuteranno a conoscere il mondo esterno e lo rassicureranno in momenti di tensione. 

Infatti è possibile calmare uno stato di disagio del neonato porgendogli degli oggetti impregnati di odori a lui familiari, come quello della mamma alla nascita. Grazie al suo spiccato odorato, il neonato, se lasciato sul ventre della mamma, è in grado di arrivare al seno e di succhiare. Fin dalle prime ore di vita, manifesta, attraverso la mimica facciale, il suo apprezzamento e le sue reticenze verso gli odori che percepisce e reagisce agli odori nuovi muovendo anche la testa e modificando la sua attività e la sua frequenza cardiaca.

Il neonato sa imitare

Il neonato ha la capacità di imitazione che dipende dalla “percezione amodale”. Quest’ultima consiste nella capacità di trasferire l’esperienza percettiva da una modalità sensoriale ad un’altra, operando un’integrazione delle informazioni che provengono dai diversi canali sensoriali. Tale unità percettiva è alla base della formazione della rappresentazione del Sé e dell’altro che risulta fondamentale nei processi comunicativi. 

A poche ore di vita, i neonati sanno imitare la contrazione delle labbra e l’apertura e la chiusura della bocca quando un adulto compie questi movimenti a una distanza di 20 cm dal neonato (capacità dei neuroni a specchio). I neonati, di 3 settimane, imitano il suono di una vocale, quando esso è accompagnato da un volto che articola la stessa vocale; l’imitazione del suono è invece meno evidente se associato ad un volto che articola una vocale diversa.

I neonati di 6 settimane, osservano più a lungo un volto la cui la bocca articola la stessa vocale di cui sentono il suono e sono in grado di riproporre dei gesti visti da uno sperimentatore ed imitare le espressioni facciali, le aperture e chiusure della bocca e protrusione frontale della lingua.

Come esprime le emozioni il neonato

L’espressione dell’emozione, nei neonati, si manifesta attraverso la comunicazione non verbale e soprattutto attraverso le espressioni facciali durante:

  • la caduta improvvisa di un oggetto;
  • l’immobilizzazione degli arti del neonato;
  • la stimolazione tattile delle zone erogene;
  • paura: pianto, tremore, mimica facciale di sforzo;
  • rabbia: rossore del volto, arresto del respiro, grida;
  • amore: viso disteso e sereno.

Nelle interazioni naturali mamma-neonato quest’ultimo mostra:

  • sguardo rivolto verso la mamma per la maggior parte del tempo;
  • sorrisi;
  • slanci delle mani in fuori;
  • tentativi di articolare espressioni.

Quando la mamma rimane impassibile, immobile e silenziosa e con lo sguardo verso il figlio, quest’ultimo mostra:

  • sguardo fuori rispetto alla figura materna;
  • diminuzione di sorrisi;
  • bocca chiusa;
  • segni di tensione sul viso;
  • sbadigli, smorfie, movimenti masticatori con morsi del labbro inferiore;
  • auto contatti mano bocca: con la mano sinistra spesso si toccano il vestito e con la mano destra si toccano il volto.

Il benessere del neonato durante le prime visite

10 regole da rispettare quando si va a trovare un neonato

 

1.Evitare le visite entro le 24 ore dal parto

Le prime ore di vita di un bambino sono fondamentali per instaurare un legame fra la mamma e il neonato. Entrambi avranno bisogno di stare soli per abituarsi l’una all’altro.

Ecco perché è meglio evitare di ricevere visite entro le 24 ore dal parto: in questa fase le ostetriche consigliano di tentare il primo approccio con l’allattamento al seno ed eventuali distrazioni e interferenze potrebbero, non solo irritare il neonato, ma anche stancare eccessivamente la mamma.

 

2.Ricordarsi che il bambino ha anche una mamma

Tutti sono preoccupati della salute del neonato e della sua alimentazione, ma lo stesso vale per la salute psicofisica della mamma. Si può chiederle come si sente, se ha bisogno di parlare e in cosa possiamo aiutarla. Si può offrirle un regalo e anche discutere di qualcosa che le interessa oltre al parto, come parlare delle piccole cose che possono cambiare la vita. Suggeriamo di evitare di eccedere e di sminuire, di fare paragoni, ridurre e di aumentare le preoccupazioni e le difficoltà. Per esempio, dire “ai miei tempi era anche peggio” non aiuta una neomamma che si sente esausta. Può essere molto più utile ricordarle con affetto che, con un po’ di pazienza, le cose miglioreranno e chiederle cosa si può fare nell’immediato per darle una mano.

 

3.C’è anche il papà ed è molto importante

Quando nasce un bambino, si può compiere l’errore di tagliare fuori il padre. È fisiologico che l’attenzione di tutti si concentri sul neonato e sulla sua mamma, che ha appena subito un parto o un intervento chirurgico. Tuttavia, è sacrosanto stare vicino anche al papà, tenendo conto dei suoi sentimenti (che possono essere confusi o ambivalenti tanto quanto quelli della mamma), della sua stanchezza e delle sue eventuali richieste di aiuto.

 

4.Evitare il fumo e profumi troppo intensi

Tutti sanno che fumare in presenza di un neonato o di un bambino non è salutare, ma pochi sanno che anche fumare una sigaretta pochi istanti prima di fare visita a un neonato potrebbe essere pericoloso. Il forte odore di fumo di cui si impregnano gli abiti e gli accessori potrebbe infastidire il bambino per cui è sempre preferibile evitare di fumare o per lo meno lavarsi le mani e cambiarsi i vestiti dopo averlo fatto. Per lo stesso motivo sono da evitare anche i profumi troppo intensi.

 

5.Limitare i rumori troppo forti

Anche i rumori troppo forti potrebbero alterare l’equilibrio del neonato, causando, per esempio, il pianto e influendo sulla capacità di dormire e/o mangiare. Meglio evitare di invitare a casa troppe persone alla volta. Può essere anche utile chiedere agli ospiti di spegnere o abbassare la suoneria del telefono.

6.Lavare le mani prima di prenderlo in braccio

Un bambino di pochi giorni non possiede ancora tutti gli anticorpi necessari a proteggerlo da infezioni dunque è consigliato tenere la casa pulita e sistemata.

Stesso discorso vale anche per le persone con cui il neonato viene in contatto: è buona regola, quindi, lavarsi bene le mani con acqua calda e sapone.

 

7.Rispettare la privacy mentre si allatta

Il momento dell’allattamento è uno dei più dolci e intensi tra la mamma e il neonato e inoltre contribuisce a rafforzare il loro legame. Se dunque ci sono ospiti è normale desiderare di trovare un posto tranquillo e appartato per allattare. Non bisogna avere paura di chiedere alle persone di rispettare la propria privacy, evitando di entrare nella stanza e mantenendo le distanze per tutta la durata della poppata.

 

8.Non dare consigli non richiesti

Questa è una regola che rientra nel buonsenso e nella buona educazione delle persone: una mamma che ha appena partorito, infatti, è in una fase molto delicata e una parola di troppo può sempre creare inquietudine.

 

9.Programmare le visite per il benessere del neonato

Si consiglia sempre di programmare le visite a casa. Una volta si andava più spesso in ospedale perché le mamme vi rimanevano una settimana, ma oggi che sono dimesse presto, le visite avvengono soprattutto a casa. È buona norma comunicare l’intenzione di fare una visita prima di presentarsi alla porta e soprattutto è consigliabile non avere ansia di andare a trovare più presto il neonato. Si consiglia di aspettare almeno una settimana dalla nascita prima di programmare le visite.

Nel caso di visite non programmate, gli ospiti potrebbero chiedere ogni volta di vedere il neonato che magari sta dormendo ma non è consigliabile svegliare il bambino ogni 5 minuti.

 

10.Foto sì o foto no?

Una regola fondamentale è che le foto del neonato o di ciò che riguarda il parto di un amico o parente non dovrebbero essere condivise sui social network, a meno che non siano proprio i genitori a chiederlo. L’invio tramite WhatsApp è più accettabile, specie se la foto del neonato lo ritrae con la neomamma. In ogni caso è sempre una questione di educazione non esagerare con la condivisione di foto.

 

E il baby shower prima della nascita?

Il “Baby Shower” è tra le nuove tendenze e non è più solo un’esibizione vip. Nicola Santini afferma che “Meghan Markle lo ha sdoganato persino tra le mura della casa reale inglese, costringendo la Regina ad accettarlo nonostante le sue reticenze”. Tuttavia, sembra che anche in Italia si stia diffondendo la moda di organizzare una festa pre-parto insieme alle amiche (e non solo).

Infine, ma non meno importante, la regola delle regole. Last but not least. La legge numero uno sul parto. La nuova famiglia ha il diritto e la responsabilità di stabilire un equilibrio e una routine.

Accudimento del neonato

Uno dei nostri bisogni fondamentali nella vita, specialmente nei neonati e bambini, è quello di poter contare sulla mamma e persone vicine pronte ad accoglierli e proteggerli. Se questo è vero per noi, lo è ancora di più e in maniera più urgente per il bambino nei suoi primi anni di vita, che per la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle sue “figure di accudimento”. In questo modo possiamo parlare del concetto di imprinting, una fase delicata del processo di accudimento, e che alla nascita segue un breve ma cruciale periodo, unico e irripetibile nel corso della vita. Prendere in braccio il bambino e instaurare con lui un amorevole scambio di sguardi e di carezze generano un’ondata di sentimenti che accendono la mente della mamma e del neonato e innescano un dialogo implicito. Attraverso questi scambi, il bambino impara ad autoregolare i suoi stati interni tramite la corteccia prefrontale e “mette a punto” il suo emisfero destro non verbale.

La funzione dell’accudimento, è quella di garantire al bambino il soddisfacimento dei suoi bisogni da parte della principale figura di accudimento, solitamente la madre. Il bambino riconosce nella principale figura di accudimento la sua “base sicura” ed è grazie a essa che può sentirsi protetto dagli stimoli eccessivi e negativi e incoraggiato alla curiosità nell’esplorare il mondo, sia sentire profondamente che “esiste e ha il diritto di esistere”. Parlare al bambino, comunicare con lui in modo tranquillizzante e massaggiarlo rappresentano un amorevole scambio in tutti i casi. Più il bambino ha sperimentato sicurezza più riuscirà a esplorare e a godere della vita. La “base sicura” accompagnerà il bambino durante tutto il suo sviluppo e l’età adulta poiché anche in questa fase della vita la conserverà dentro di sé.

Bonding

Il dialogo e l’interazione tra la mamma e il bambino inizia biologicamente fin dal concepimento, prosegue adattandosi durante la gravidanza e continua a fondare le sue basi nei primi mesi di vita del bambino. Questo imprinting è fondamentale perché genera nelle reti neuronali del nascituro, un modello di programmazione ripetibile in futuro. Questa maturazione avviene attraverso le esperienze che il feto nell’utero (bonding prenatale) e il neonato dopo la nascita (bonding post natale) sperimenta nella relazione con l’altro, nello specifico con la mamma, e con l’ambiente che circonda la mamma. Il processo di bonding rende i genitori sia intuitivi rispetto ai segnali e ai bisogni del piccolo, sia desiderosi di donargli amore, affetto, nutrimento e protezione

Breast Crawl

Si chiama Breast Crawling la prima scalata della vita, quando il bambino appena nato, lasciato indisturbato appoggiato pelle a pelle sulla pancia della mamma, si muove verso il petto materno con l’intento di raggiungerlo e attaccarsi al seno. Questa “scalata verso il seno” è una competenza innata del neonato che, nello stato di veglia attiva in cui si trova subito dopo il parto, inizia il suo primo viaggio fatto di spinte e calcetti per arrivare alla meta: una volta raggiunto lo sterno, il neonato fa rimbalzare la testa su e giù e a destra e a sinistra. Come il neonato ha accesso al capezzolo, la sua bocca si apre e, dopo qualche tempo, si attacca e la suzione avviene in modo spontaneo.

Bisogno del contatto

Il contatto è un bisogno primitivo, un potente mezzo di conoscenza e scoperta, ed è essenziale per la sopravvivenza del bambino. Nel primo anno di vita, il bambino sviluppa un forte legame di attaccamento (bonding) con la sua madre (o la sua figura principale di accudimento) e utilizza tutte le sue risorse e tutti i suoi sensi per comunicare i propri bisogni con il mondo esterno. Inoltre, inizia a sviluppare importanti competenze sociali ed emotive grazie alla somiglianza con il genitore. 

L’accudimento è come una “danza tra mamma e figlio”, che inizia durante la gravidanza, si consolida dopo la nascita e continua per tutto il primo anno di vita, rendendo il genitore intuitivo e gettando le basi per un sano sviluppo emozionale futuro, favorito dalla compresenza di alcuni elementi essenziali, fondamentale tra tutti il contatto fisico attraverso il tatto, appunto. Non a caso, il primo a formarsi e il più sensibile dei nostri organi è la pelle, il nostro primo mezzo di comunicazione e anche il più efficiente dei nostri mezzi di protezione. Così come anche il senso associato, quello del tatto, è il primo a svilupparsi nell’embrione umano. L’accudimento del neonato, inoltre, contribuisce ad almeno tre funzioni primarie: 

  • fornire un senso di sicurezza e protezione; 
  • regolare le emozioni, calmando l’angoscia e favorendo un senso di calma;
  • offrire una base affidabile per il neonato e il bambino.

Il contatto fisico con la pelle e attraverso il tatto

Il tatto è il primo senso a svilupparsi nell’utero materno, essendo l’organo più esteso e ricettivo di tutto il corpo. Attraverso il contatto tutti noi produciamo endorfina e serotonina; in aggiunta le madri producono ossitocina (che aiuta l’utero a contrarsi, chiamato anche “ormone dell’amore”) e prolattina (che favorisce la produzione di latte e amplifica la voglia di prendersi cura del bambino), le quali abbassano il livello di stress. Durante il massaggio, i genitori accarezzano il loro bambino in modo amorevole e lo rendono consapevole di essere amato e rispettato come persona. Si parla di holding (contenimento) e handling (manipolazione) per riferirsi al modo in cui la madre contiene tra le sue braccia e tocca il bambino. Entrambe queste funzioni contribuiscono al sano sviluppo del piccolo e l’handling, in particolare, lo rende consapevole di essere in un corpo.

La comunicazione attraverso lo sguardo

La vista è un potentissimo strumento di comunicazione delle emozioni e attraverso questa, durante il massaggio, i genitori possono essere ricettivi rispetto ai bisogni del bambino e trasmettergli fiducia e sicurezza.

L’udito e l’olfatto

Il neonato, sin dall’utero, sente la voce, il battito cardiaco e l’odore della madre e li riconosce durante il massaggio attraverso la richiesta del permesso, canzoncine e l’uso di oli non profumati. Sentire la voce e l’odore della mamma rassicura e calma il bambino.

Skin-to-skin (il contatto con la pelle)

Dopo il parto, quando la madre è lasciata tranquilla con il suo bambino, lo guarda, lo tocca, gli parla, lo prende tra le braccia sul suo petto nudo e lo accoglie in un abbraccio caldo ed amorevole chiamato contatto pelle a pelle, o dall’inglese skin to skin, creando l’inizio di un legame unico e privilegiato tra la madre e suo figlio. In quei momenti la mamma sarà così gratificata da sentire meno la stanchezza e il dolore, così come il neonato sarà tanto tranquillo da aprire gli occhi e cercare il seno materno. Il contatto, dati i suoi benefici, può essere continuato anche successivamente al periodo postnatale. Diversi studi hanno dimostrato che:

  • calma il neonato;
  • regola il battito cardiaco e la respirazione;
  • favorisce la termoregolazione;
  • diminuisce la probabilità di ipoglicemia ;
  • favorisce l’attacco al seno, l’assunzione di colostro e l’allattamento esclusivo e protratto nel tempo;
  • contribuisce a creare e consolidare il legame tra madre e neonato;
  • facilita il recupero del peso;
  • riduce il pianto;
  • aumenta le difese immunitarie del neonato;
  • migliora il legame madre-bambino. 

Per la mamma, allo stesso tempo, favorisce il distacco della placenta, diminuisce la perdita di sangue, aumenta l’autostima e la cura nei confronti del figlio. Per quanto riguarda gli ormoni, le ricerche hanno dimostrato che durante questa pratica si ha un aumento dell’ossitocina e una riduzione del cortisolo salivare nel neonato, nella madre ed anche nel padre. Infatti, in caso di parto cesareo o impedimento materno, viene proposto il contatto tra neonato e papà.

Il rooming-in

Il rooming-in è quel modello assistenziale che favorisce la continuazione del bonding, in quanto prevede che la mamma e il bambino rimangano 24 ore su 24 assieme, in presenza eventualmente anche della figura paterna e di altri membri della famiglia.

Il rooming-in dovrebbe diventare proposta istituzionale da parte del Centro Nascita e non una semplice opportunità offerta in alternativa alla custodia del bambino presso il Nido. 

Questo tipo di modello organizzativo viene considerato valido a promuovere l’allattamento al seno per i suoi innumerevoli vantaggi. Per quanto riguarda il neonato, sono stati osservati casi di evidente ridotta iperbilirubinemia neonatale, grazie alla fisiologica attivazione della funzionalità intestinale ed epatica da parte del latte umano. Grazie al roaming-in l’allattamento di notte promuove la crescita del neonato, poiché la quantità di grassi nel latte di notte è più alta. Questa pratica ha un impatto positivo anche sulla prevenzione delle infezioni ospedaliere e crociate del neonato prevalentemente in sede cutanea, gastroenterica e respiratoria. Dal punto di vista materno, si riduce l’insorgenza di ragadi mammarie dovuta a una poppata inefficiente, lo svuotamento continuo del seno previene la comparsa di ingorghi mammari, ascessi e mastiti, inoltre, l’attaccamento al seno precoce anticipa, poi, la montata lattea. 

Il rooming-in rappresenta quindi un essenziale periodo di conoscenza precoce tra la madre e il neonato: tra gli effetti a breve termine si nota che le madri guardano, parlano, toccano di più i loro bambini e viene intensificato così lo stretto legame emozionale che si sviluppa tra i genitori e il bambino alla nascita. Informazione, ascolto di gruppo e individuale, e assistenza personalizzata alla madre diventano, quindi, parte integrante e fondamentale di questo modello organizzativo. Dai dati raccolti emerge il forte desiderio delle mamme di allattare al seno, si ritengono a tal proposito efficaci gli interventi di sensibilizzazione all’allattamento al seno, durante i corsi preparto.

Allattamento al seno

L’allattamento al seno materno diventa uno strumento di comunicazione fondamentale in questa dimensione di dialogo perché garantisce la possibilità di mantenere le stesse modalità di comunicazione iniziate già in utero, essendo il latte ricco di ormoni materni. Durante l’allattamento il bambino è avvolto nelle braccia della mamma, sente il pulsare dei battiti del cuore, sente l’odore della pelle della propria mamma, vede i suoi occhi e capisce di essere amato perché la sua fame viene saziata e le sue paure placate da questo abbraccio. 

L’allattamento al seno materno è considerato l’optimum da un punto di vista nutrizionale, immunologico, psico-affettivo e relazionale. Nessuna industria farmaceutica è mai riuscita ad eguagliare questo derivato naturale che viene prodotto a tonnellate gratuitamente ogni anno da tutte le madri del mondo per i loro figli. I vantaggi ci sono, sia per la salute materna, sia per il neonato, ma ci sono anche notevoli e importanti risvolti sociali. Gli studi epidemiologici dimostrano che il latte umano produce vantaggi per il bambino in termine di salute, crescita, migliore sviluppo psicologico, riduce il rischio di malattie acute (infettive: diarrea, otite, infezioni delle vie respiratorie, infezioni delle vie urinarie, batteriemie, enterocolite necrotizzante) e croniche (obesità, diabete mellito insulino dipendente, celiachia, SIDS, etc). Inoltre, il latte materno è uno dei principali “motori” dello sviluppo del microbiota intestinale infantile. Infatti è in grado di modulare il microbiota  intestinale sia in modo diretto sia in modo indiretto, poiché i microrganismi che contiene vanno a colonizzare il tratto gastrointestinale del lattante.

Il neonato al rientro a casa

La gravidanza è un evento speciale. È un momento della vita rilevante ed è importante viverlo con serenità. Diventare mamma è un’esperienza intensa e complessa, che coinvolge in particolare la donna ma anche chi le sta accanto e il suo contesto di vita. Il rientro a casa costituisce per molte mamme la fase più delicata durante il periodo del puerperio.

La tutela della relazione madre-bambino e dell’allattamento, l’attenzione alla serenità familiare, la sicurezza e il rispetto della fisiologia sono gli obiettivi del benessere del neonato. Va tenuto presente che la dimissione dal punto nascita rappresenta solo un momento del percorso, strettamente collegata con il “prima” (gravidanza-parto) e il “dopo” (puerperio) ed è percorso che prende avvio al primo contatto della mamma e neonato. Il coinvolgimento dei genitori nelle procedure e nelle decisioni assistenziali facilita l’acquisizione di competenze autonome e rende più sicura e felice la dimissione. La dimissione è il momento in cui il neonato e la sua famiglia possono finalmente tornare a casa.

Dubbi ed emozioni sono normali

Non c’è dubbio: tornare a casa con un neonato è un’emozione forte. I genitori hanno la vita tra le mani: un figlio è una travolgente responsabilità. La prima volta a casa con il neonato è un momento particolarmente intenso segnato da forti emozioni, preoccupazioni, gioie, paure e timori. Per quanto possa essere forte il desiderio di tornare a casa con il proprio bambino, poche mamme, specialmente con il primo figlio, non sanno cosa aspettarsi davvero. Proprio a questo proposito l’OMS raccomanda fortemente l’importanza di favorire un “buon avvio”.

I bisogni di ogni neonato

Cari mamme e papà, ogni neonato ha bisogno e diritto di:

  • essere accolto;
  • essere protetto;
  • essere allattato, accudito e tenuto pulito;
  • essere visto e considerato come un individuo;
  • essere contenuto;
  • sentirsi amato.

Genitori non si nasce

All’inizio, essere genitori può sembrare un’impresa impegnativa e spaventosa. Tuttavia, non lasciarti prendere dal panico o dalla paura di non essere in grado di farlo. L’importante è ricordare che siete in tre per affrontare questa avventura inebriante, e come tutti sanno, l’unione fa la forza. Innanzitutto è inutile pretendere da se stessi di sapere come fare tutto e di essere genitori sempre attenti. A volte accade anche di non esserlo e questo è normale. È tutto nuovo e deve essere scoperto e imparato anche da te, non solo dal bambino. Se siete spaventati, dubbiosi e non sapete come rispondere, non esitate a chiedere a chi ha già esperienza; inoltre, non sorprendetevi se nelle prime settimane, soprattutto per le mamme, sentite il bisogno di un sostegno esterno.

Aiuto esterno o no? Dipende.

In effetti, alcune nuove mamme si affidano alla loro mamme, soprattutto durante il periodo iniziale della gravidanza. Al contrario, alcune persone fanno tutto da sole per dimostrare le proprie capacità immediatamente. Ogni genitore segue il proprio intuito, il buon senso e la propria personalità; non esiste una regola universale. E insieme al figlio, ogni giorno sviluppa nuove capacità in lui. In ogni caso, la cosa certa e bella è che ognuno mette a disposizione le proprie risorse per la nuova famiglia. Anche il bambino lo fa a modo suo: mentre voi cercate di capire le sue esigenze, lui è più interessato a scoprire e comprendere le sue. Percorrerete un lungo percorso insieme a vostro figlio. Il neonato crescerà e diventerà un bambino. Al suo fianco, imparerete a essere i suoi genitori ogni giorno.

I cambiamenti nella coppia e nella famiglia

Essere protagonisti attivi del passaggio da coppia amorosa a coppia genitoriale significa soprattutto diventare capaci di riorganizzare la propria vita, il proprio sistema e la propria persona, accogliendo il neonato nel miglior modo che si possa fare e con le migliori risorse. Dovrete quindi riorganizzare l’intero vostro sistema famigliare e con esso anche le regole e consuetudini interne, il ruolo di mamma e di papà, il rapporto con il vostro partner, l’approccio con l’esterno e con le rispettive famiglie e, infine, i vostri ritmi di vita.

Una coppia affronta la “rivoluzione” più significativa della sua vita quando ha un figlio. Sebbene il parto e la nascita siano eventi eccezionali e ricchi di sentimenti e gioia, il vero inizio della nuova vita è il ritorno a casa, che può comportare alcuni timori. Cambiano le priorità, il modo in cui organizzano il tempo libero e i progetti futuri. È sicuramente un cambiamento positivo che può unire la coppia, coinvolgendoli entrambi nella stessa “avventura”, ma ci sono sempre preoccupazioni e momenti di stanchezza. È normale sentirsi precari, come se non si fosse ancora sicuri del proprio nuovo lavoro: essere buoni genitori.

La forza della coppia

È fondamentale non mettere mai in secondo piano la coppia. È un’ottima abitudine quella di parlarsi, confrontarsi e scambiarsi le proprie sensazioni di felicità o di inadeguatezza. È dall’intesa tra mamma e papà che nasce la prima sensazione di benessere del bambino.

Il fatto di avere un neonato tra le braccia può far sorgere tante domande, come: “cosa facciamo adesso? Di quali cure avrà bisogno il mio neonato? Come posso prepararmi per l’allattamento al seno a casa?”

Consigli pratici per il rientro a casa del neonato

Al bambino appena entrato nella sua nuova casa servono soprattutto la mamma e il papà.

Certo, è importante organizzarsi uno spazio adeguato per prendersi cura di lui in sicurezza. Si consiglia di anticipare l’acquisto degli ausili per far sì che l’arrivo del bambino sia piacevole e sicuro. I primi anni di vita sono i più importanti per determinare la qualità (fisica e intellettiva) della vita del bambino; quest’ultima, infatti, dipenderà particolarmente dal modo col quale il bambino verrà accudito nel primo anno di vita. Ecco alcuni consigli e raccomandazioni che vi aiuteranno a fare meglio per lui nel primo periodo.

I compiti di mamma e papà:

  • preparare il “nido” per il neonato;
  • preparare tutti ausili per il bagnetto;
  • scegliere un fasciatoio;
  • praticare l’allattamento al seno;
  • rispettare il ciclo del sonno del neonato;
  • fare le passeggiate con il tuo bambino;
  • riposare appena possibile;
  • non esitare a chiedere aiuto;
  • fare squadra con il partner;
  • scegliere in anticipo il seggiolino auto, l’ovetto e la carrozzina;
  • organizzare le visite in famiglia.

Come entrare in contatto con il neonato

È stato dimostrato che il bambino, a una certa fase del suo sviluppo, percepisce se qualcuno o qualcosa tocca il ventre materno e reagisce a questo con differenti movimenti a seconda che la stimolazione sia piacevole o meno. Ecco perché il contatto fisico e corporeo con i genitori è molto importante, consentendo al bambino di percepire già in questa fase l’amore, la vicinanza delle persone che si prenderanno cura di lui.

Lo sviluppo della memoria olfattiva del feto gli permetterà di riconoscere la madre una volta nato. Ciò spiega, tra l’altro, come i bambini appena nati, percependo un odore simile a quello del liquido amniotico, siano attratti dal latte e dal seno materno. Inoltre l’odore del seno materno può risvegliare i ricordi legati al vissuto prenatale.

Cinque elementi di contatto con il neonato

L’ODORE: la mamma e il bambino si riconoscono dall’odore. Il colostro ha un odore simile al liquido amniotico.

TEMPERATURA: il neonato non è in grado di auto-termoregolarsi, quindi, la temperatura corporea della mamma è la temperatura ideale per mantenere quella del piccolo.

ALLATTAMENTO: durante l’allattamento il bambino aumenta le difese immunitarie e nella mamma vi è l’aumento di ossitocina e prolattina. Questo concorre alla formazione del bonding.

BIORITMI: quando una donna partorisce è come se prendessero il sopravvento le emozioni e l’istinto, questo permette alla mamma di sintonizzarsi sul bambino.

CONTATTO VISIVO: gli occhi del neonato sono fatti per mettere a fuoco dai 17 ai 30 cm, che è esattamente la distanza che c’è tra il viso della mamma e del bambino tenuto in braccio.

Nel complesso, quindi, il bonding viene favorito da una buona preparazione durante la gravidanza, da un buon parto, dal contatto precoce tra madre e neonato, dalla salvaguardia dell’unità madre-bambino e padre-madre-bambino e dall’allattamento al seno.

Il bonding post-natale

Sebbene il processo del bonding inizi già durante la gravidanza, il periodo più idoneo per rafforzare questo legame è proprio quello dopo la nascita.

Il bonding subito dopo il parto

I primi 60-90 minuti dopo il parto sono fondamentali perché il neonato è nella fase di veglia tranquilla ed è pronto a conoscere i suoi genitori, osservandoli ed ascoltandone le voci (che già aveva imparato a riconoscere durante la sua vita prenatale). Per favorire il bonding dopo il parto basta porre il neonato, dopo averlo asciugato, sulla pancia della mamma e coprirlo con un telino asciutto senza che però questo si interponga tra i due, praticando il cosiddetto contatto pelle a pelle.

Il breast crawl: un’emozione naturale

Così posizionato, il neonato dapprima si calma e si rilassa, poi inizia a muoversi fino ad arrivare al seno materno senza nessun aiuto, per poi iniziare, quando desidera, la sua prima poppata. Questo fenomeno è detto “Breast Crawl” e favorisce l’avvio dell’allattamento precoce. Ma il contatto pelle a pelle non è solo utile per l’allattamento, infatti, aiuta anche il neonato a stabilizzare la propria temperatura corporea e la propria frequenza cardiaca. I benefici sono anche materni e sono legati più che altro a una suzione precoce del capezzolo con un maggior rilascio di ossitocina, che non solo è importante per i meccanismi di contrazione uterina che proteggono la madre dal rischio di sviluppare un’emorragia post-partum, ma contribuisce a stimolare i comportamenti di accudimento da parte della madre. Il contatto pelle a pelle ha diversi benefici anche se viene effettuato con il padre.

Costruire il legame con il neonato una volta rientrati a casa

Il bonding post-natale permette di utilizzare istinti nascosti del neonato, influenzando questo periodo sensibile della mamma, che assume un ruolo nuovo e adotta un meccanismo di auto accettazione fisica e psicologica. Il bonding naturalmente è scandito dai comuni gesti quotidiani di vita neonatale: dal bagnetto, al massaggio, fino al cambio pannolino.

L’abbraccio con il neonato

Il calore e l’abbraccio aiutano a rinforzare il legame tra mamma-bambino e stimolano la nascita della triade mamma-bambino-papà. I bambini adorano essere abbracciati e amano in particolare il modo in cui li abbracciano i loro genitori. Anche se non sanno parlare, riconoscono benissimo i genitori dai loro comportamenti, compreso il modo in cui li abbracciano. Inoltre, il neonato non è in grado di autoregolarsi, quindi quando si tiene in braccio, la sua temperatura corporea lo aiuta a mantenere quella ideale per lui. Ecco allora che l’abbraccio diventa cura, la medicina miracolosa per cancellare stress, pianto, rabbia e capricci del pargolo e sanare le preoccupazioni da parte dei genitori.

Il pianto e il sorriso che il tuo neonato usa per “parlarti”

Il neonato non ha la capacità motoria di cercare la mamma, ma fin dalla nascita dispone di numerosi strumenti per comunicare i suoi bisogni e generare una risposta di accudimento da parte della mamma: inizialmente lo strumento più utilizzato è il pianto a cui molto presto si aggiungerà il sorriso.

Pianto e sorriso hanno l’effetto di far avvicinare la mamma al bambino e vengono definiti “comportamenti di segnalazione”.

Questi comportamenti vengono utilizzati dal bambino in circostanze diverse: il pianto può segnalare la fame, il dolore o il dispiacere per la separazione dalla madre. Il sorriso segnala che il bambino è contento, non ha fame e non prova dolore. Il sorriso fa in modo che la mamma risponda, parlando al bambino, accarezzandolo o prendendolo in braccio, garantendo dunque stabilità alla relazione affettiva mamma-figlio. Il sorriso funge anche da rinforzo gratificante per la madre e la predispone a rispondere ai segnali del proprio bambino in modo positivo e tale da favorire una crescita armonica.

Il bonding post-natale attraverso la pelle

Infine, un ultimo mezzo attraverso cui attuare il bonding post-natale a casa è la pelle, che è l’organo più grande dell’organismo e che ha dei recettori che ci mettono in comunicazione con il mondo esterno. Durante il massaggio del bambino, i diversi tocchi ritmati, favoriscono e influenzano il sistema ormonale che rilascia gli ormoni del benessere e abbassa gli ormoni dello stress, facendo sentire il bambino amato e coccolato.

La pelle è l’organo più esteso dell’organismo e il tatto è il primo senso che si sviluppa nel feto in utero. Attraverso il contatto si sviluppa endorfina, serotonina, e la mamma produce più ossitocina (ormone che aiuta l’utero a contrarsi, chiamato anche ormone dell’amore), e più prolattina (non solo favorisce la produzione di latte ma è anche l’ormone del prendersi cura e del senso materno); inoltre si abbassano gli ormoni dello stress (cortisolo e ACTH). Al momento della nascita la mamma e il bambino presentano lo stesso identico dosaggio ormonale; quando il bambino nasce, tutta l’ossitocina e il cortisolo, necessari per il momento del parto, sono alti. Al primo contatto con la mamma è come se il corpo ricevesse un segnale di stop alla produzione di ACTH e cortisolo. Si è notato che nei bambini nati da parto cesareo e poi allontanati dalla mamma, i tassi di ACTH rimangono alti per molto più tempo, e se mantenuto a lungo, i neonati cominciano a essere più irritabili, dormono meno, hanno difficoltà di crescere.

Come entrare in contatto con il figlio nella pancia

L’ambiente uterino è di per sé ricco di rumori provenienti dai funzionamenti fisiologici del corpo materno, come il rumore del flusso sanguigno, il movimento ritmico del respiro e il battito cardiaco. Chiaramente il primo ambiente con il quale il nascituro entra in contatto è l’utero materno, assolutamente ricco di stimoli di diversa natura che vengono avvertiti e percepiti dal feto dopo non molto dalle prime fasi di sviluppo.

Parole e musica per entrare in contatto con il tuo bambino

La funzione materna con la sua presenza costante, col rispetto dei ritmi attività/pausa, con l’alternanza del turno nelle vocalizzazioni, fornisce al bambino la prima esperienza della struttura di base delle comunicazioni. È proprio attraverso questi primi dialoghi che il bambino imparerà a conoscere la donna che lo sta portando in grembo e a stabilire con essa un bonding. Parlare al bambino, leggere favole e filastrocche, fin dall’attesa, è un ottimo metodo per entrare in comunicazione e mettere le basi della relazione futura.

Lo è anche la musica o l’uso della voce per cantare o emettere suoni in modo ritmico e ripetitivo: nella dimensione ludico-creativa che si crea con il canto, la futura madre alimenta l’attaccamento e la relazione empatica con il suo bambino, sintonizzandosi su di lui, parlando con lui e cantando per lui, assecondando il fisiologico fenomeno di regressione che si attua in gravidanza.

Visualizzare il tuo bambino ti aiuta a stabilire un contatto con lui

Anche la visualizzazione, che si basa sull’uso di immagini mentali da elaborare in uno stato di profondo rilassamento, permette di entrare in contatto con il bambino, immaginandolo in situazioni positive. Le prime visualizzazioni in genere sono guidate da un esperto che aiuta la donna a rilassarsi e le suggerisce le immagini su cui concentrarsi. In seguito, è possibile eseguire gli esercizi da sola, con l’aiuto di una voce registrata.

Le visualizzazioni possono essere utili in una fase iniziale della gravidanza, fino al quarto-quinto mese, quando ancora non si sentono i movimenti del bambino. In seguito, sarà molto più semplice sentire la presenza del piccolo e, quindi, stabilire un contatto. Il bambino, in realtà, inizia a muoversi già̀ alla fine del terzo mese, ma è ancora troppo piccolo perché la mamma riesca a sentirlo. Con il passare delle settimane e con la maturazione dei muscoli e del sistema nervoso, i suoi movimenti diventano sempre più attivi e coordinati.

Cosa può fare la mamma

Cara mamma, sappi che cantare e ascoltare musica in gravidanza è di grande aiuto per lo sviluppo del tuo bambino. Il piccolo riconosce la tua voce fin dal settimo mese e subito dopo la nascita la preferisce alle altre. Inoltre, appena nato riconosce le melodie che gli hai cantato in gravidanza e queste lo rassicureranno nel passaggio dal tuo corpo al mondo esterno ancora sconosciuto. Ecco qualche consiglio.

  • Riservarti momenti di quiete per cantare al tuo bambino nel pancione , coinvolgendo anche il futuro papà.
  • Inventa una melodia, una canzone che sarà “la sua canzone” e lo accompagnerà in tanti momenti della sua vita.
  • Parlagli cantando: la tua voce gli comunicherà amore, emozioni, sicurezza.
  • Ascolta la musica che ti piace, che ti fa stare bene. Non trascurare la musica classica (Bach, Vivaldi, Mozart…): generalmente questa musica rilassa e riduce lo stress dando beneficio sia a te che al nascituro.

Il bonding prenatale

Si diventa genitori prima della nascita di un figlio, ovvero quando si scopre di aspettare un bambino oppure quando si affaccia il desiderio, o solo il pensiero, di averne uno. Ed è proprio lì, nella mente e nel cuore di una mamma e di un papà, che prende forma l’idea del neonato, tra immaginazione, sogni e progetti.

Il bonding con il bambino nel pancione

L’attesa è un periodo di intensa riflessione, che permette ai genitori di mettere le basi del legame di attaccamento con il proprio bambino. Per qualcuno è un processo lento, quasi impercettibile, per altri è un’emozione dirompente. Fantasie ed emozioni sono parte integrante del percorso. Dedicare tempo all’ascolto dei movimenti del bambino nel pancione, immaginare cosa sta facendo, se e come si muove, addirittura quali siano le sue emozioni e il suo umore, non significa soltanto fantasticare: è già un modo per entrare in relazione con lui, sfruttando il tempo dell’attesa per iniziare a conoscerlo, in modo che la nascita non sia un incontrarsi, ma un ritrovarsi. Questo processo fatto di ascolto, immaginazione e dialogo, attraverso il tatto e le posizioni del corpo, prende il nome di bonding prenatale. Nel bonding prenatale, mamma e figlio comunicano a diversi livelli per imparare a conoscersi: mentre la mamma scopre il bambino, lui scopre lei e il mondo in cui vive.

Qualche cenno storico

Già nell’antichità il senso comune riteneva sicura la relazione tra mamma e nascituro. Per esempio, alcuni secoli prima di Cristo, in Cina, nell’antico Egitto ed anche nella cultura ebraica si considerava il rapporto olistico tra il divenire del nascituro e la trasformazione della donna durante la gravidanza. Alcuni studiosi, grazie allo studio delle competenze psicofisiologiche evidenziate nel feto e delle sue capacità di rispondere a stimolazioni intrauterine ed extrauterine, hanno cominciato a parlare di stati dell’“Io prenatale”.

Il concetto di “io prenatale”

Fin dall’inizio della gestazione il nascituro è continuamente interessato da flussi esperienziali che vanno a formare e a costituire il suo Io. Ogni momento della vita embrio-fetale può essere considerato come un particolare “stato dell’Io”. L’Io è ciò che permette di entrare in contatto con il mondo esterno e che rappresenta l’insieme di ciò che proviamo, pensiamo e viviamo come emozione.

Lo stato emotivo del feto

Nell’elaborazione di uno stato emotivo del feto nella fase di bonding prenatale entrano in gioco tre elementi: il cervello, il sistema nervoso autonomo e il sistema endocrino. Ora, di questi tre elementi, la mamma e il feto hanno in comune solo dei legami neuro-ormonali, quindi lo scambio emotivo tra la mamma e il figlio avviene soltanto attraverso questa interazione biochimica. Ogni forma di esperienza emotiva materna viene, perciò, trasmessa al feto attraverso il flusso ormonale, che a seconda dello stimolo produce una specifica reazione motoria, cardiaca e funzionale.

Il bonding dal concepimento alla nascita

Nella cultura popolare il periodo di gestazione della donna veniva individuato come “stato interessante”: la gravidanza viene dunque da sempre tenuta in attenta considerazione, per tutte le possibili ripercussioni, non solo sullo sviluppo del feto ma anche del bambino dopo la nascita. Negli ultimi decenni tale interesse ha trovato anche un riconoscimento scientifico a seguito delle ricerche sviluppatesi intorno alle vicende gestazionali e perinatali.

Il processo di sviluppo affettivo/emotivo e cognitivo del neonato dipende dal tipo di relazioni instaurate prima e dopo la nascita e dipende anche dalle persone che il neonato incontra. È fisiologico che il bambino si rapporti in via preferenziale con la sua mamma ed è proprio da questo nasce il primo rapporto esclusivo.

Cos’è il bonding

Winnicott ha definito per la prima volta la parola “BONDING”. Si tratta di un bisogno primordiale di attaccamento e appartenenza che avviene tra il feto e la sua mamma e poi tra il neonato e la sua mamma. Il dialogo e l’interazione tra mamma e bambino inizia biologicamente fin dal concepimento, prosegue adattandosi durante la gravidanza e continua a fondare le sue basi nei primi mesi di vita del bambino. Questa maturazione avviene attraverso le esperienze che, il feto in utero e il neonato dopo la nascita, sperimenta nella relazione con l’altro, nello specifico la mamma, e con l’ambiente che lo circonda.

Come si sviluppa il bonding

Il termine bonding è nato negli Stati Uniti nel 1982 e significa attaccare, vincolare, incollare, cementare. Il bonding è infatti il processo di formazione del legame tra i genitori e il loro bambino. Il bambino e il genitore creano un legame, una connessione, un’intimità fra loro. Il bonding è un dialogo, un’esperienza fisica, emozionale, ormonale e relazionale tra la mamma, il bambino e il padre; il bonding è un percorso articolato e complesso che inizia nel periodo prenatale, si consolida alla nascita e continua durante il primo anno di vita. Molteplici variabili influiscono sul suo divenire: l’ambiente, le caratteristiche genitoriali, il tipo di parto, lo stato di salute della mamma o del bambino. Attraverso questo processo i genitori sviluppano empatia e sensibilità nei confronti del loro figlio, prendendosi cura di lui, coccolandolo e proteggendolo.

A cosa serve il bonding

Si evince in letteratura che il bonding tra la triade viene favorito da un’adeguata preparazione durante la gravidanza, dalle esperienze sensoriali positive che il feto ha nella vita intrauterina, da un parto più fisiologico possibile, dal contatto pelle a pelle precoce tra mamma e bambino o con il padre e dall’allattamento iniziato precocemente, che aiuta mamma e neonato a ricostruire quei fili relazionali che si sono interrotti durante il parto, favorendo così continuità tra la vita intrauterina e quella extrauterina.

L’importanza del contatto pelle a pelle

Il bonding favorisce la nascita della capacità comunicativa, la stessa capacità che consente alle madri di rispondere efficacemente alle necessità del proprio bambino. Tra i vari metodi, di fondamentale aiuto è il “contatto pelle a pelle” ovvero la procedura che consiste nel lasciare, nelle ore successive al parto, il neonato ancora nudo fra le braccia della mamma. Questo perché le primissime ore dopo il parto sono il periodo più sensibile per lo stabilirsi di un rapporto intimo e profondo in cui la mamma e il bambino si sintonizzano in un dialogo che inizia dal corporeo e si sviluppa in un linguaggio unico, specifico per quella coppia. È stato, infatti, dimostrato che se nelle prime ore dopo il parto il neonato viene tenuto a contatto pelle a pelle con la mamma la conoscenza di entrambi sarà facilitata, innescando una relazione potente e intima, che permette a entrambi di riconoscersi e ritrovarsi al di fuori dell’utero e costruire un senso di appartenenza reciproca.

L’importanza del bonding

I momenti critici sono sinteticamente: la sensazione di aver perso qualcosa di sé, il passaggio dal “bambino immaginato” al “bambino reale” (che a volte non corrisponde al primo), la sensazione di uno “spazio vuoto” da dover di nuovo colmare con la ricerca di nuove soddisfazioni. La separazione potrebbe diventare difficoltosa, e il bonding con il proprio bambino può aiutare a ricostruire quei fili relazionali, interrotti dall’esperienza del parto.

Nelle prime ore dopo il parto avviene il primo, importantissimo contatto del neonato col mondo. Il neonato si trova nello stato di veglia tranquilla nel quale apre gli occhi, guarda la mamma, ascolta la sua voce, percepisce il suo odore e cerca da solo il seno.

Esercizi per effettuare il bonding prenatale

La posizione

Iniziamo con alcune indicazioni sulla postura. Percepiamo con chiarezza i punti d’appoggio e lasciamo andare il peso verso terra, morbidamente. Allarghiamo le spalle e rilassiamole, se occorre, alzandole fino alle orecchie e poi lasciandole cadere. Le braccia sono rilassate, con le mani posate sulle cosce o raccolte in grembo. Anche il viso è rilassato, in particolare la fronte e la zona della bocca, in modo da far nascere sul nostro viso un leggero sorriso.

La respirazione

Ora portiamo un’attenzione appropriata al respiro. Seguiamo il suo flusso costante, nelle due fasi di inspirazione ed espirazione e nelle brevi pause che eventualmente si generano fra l’una e l’altra, senza influenzarle in alcun modo. Restiamo completamente rilassati, consapevoli dell’inspirazione e dell’espirazione e nient’altro.

“Inspirando so che sto inspirando. Espirando so che sto espirando…” Se compare un pensiero, con dolcezza e con un sorriso torniamo alla consapevolezza del respiro e riprendiamo a viverlo così com’è, senza giudicarlo, valutarlo o cercare modificarlo. Così com’è.

Continuo: inspiro – Espiro…

Dedichiamo al respiro un’attenzione appropriata, morbida e piena di intenzione. Cerchiamo di diventare una cosa sola con l’inspirazione e l’espirazione, senza per questo irrigidirci o fare sforzi. Tornare costantemente al respiro lasciando andare ogni altro pensiero ci aiuta a sentirci pienamente vivi qui e ora.

Continuo: inspiro – Espiro…

Forse dopo un po’ di tempo possiamo notare che l’inspirazione è diventata più profonda, che l’espirazione si è fatta più lenta, del tutto spontaneamente. Abbracciato dalla consapevolezza, il respiro è diventato più armonioso e più calmo. Immagino il mio bambino, il suo volto meraviglioso e sorridente, i suoi occhietti che brillano…

Inspirando, sento che la mia inspirazione è diventata più profonda.

Espirando, sento che la mia espirazione è diventata più lenta.

Respiro profondo e lento

Ora possiamo percepire che dedicare un’attenzione appropriata al respiro ha dato al corpo e alla mente la possibilità di rilassarsi e calmarsi. Sentiamo di poter lasciare ogni preoccupazione e afflizione ed essere interamente qui, vivi, unificati con il respiro. Possiamo liberarci di quel che eventualmente ci opprime o ci mette ansia, che non ha niente a che fare con il momento presente. Possiamo sentirci a nostro agio in questo contesto protetto e sicuro, in questo tempo in cui nulla e nessuno ci mette fretta o pressione.

Inspirando, sento crescere la calma nel mio corpo e nella mia coscienza. Immagino il sorriso del mio bambino e le prime paroline.

Espirando, provo uno stato di agio.

Calma

Se ci perdiamo nei pensieri, torniamo dolcemente e amorevolmente a noi stessi e al bambino a dedicare la nostra attenzione appropriata al respiro. Lasciamo che il respiro faccia il suo ciclo senza intervenire sulla sua durata, sulla sua profondità, sull’uguaglianza o meno delle sue fasi di inspirazione ed espirazione. Lasciamo che anche il respiro sia a proprio agio, a sua volta.

L’agio è una sensazione che stiamo vivendo (o almeno che stiamo coltivando) qui, ora e con il bambino in braccio. Possiamo lasciar andare i nostri meccanismi di difesa: non ne abbiamo più bisogno. Non abbiamo più bisogno delle nostre paure, dei nostri rancori. Alleggeriamoci.

Inspirando, sorrido.

Espirando, lascio andare. 

Quando abbiamo lasciato andare i pesi del passato e le ansie per il futuro possiamo radicarci nel momento presente. Siamo qui a respirare in consapevolezza, unificati, in agio, nient’altro. Solo qui, solo ora. Sentiamo che il presente è l’unico tempo in cui la nostra vita ha il suo pieno valore, in cui la possiamo vivere davvero fino in fondo. Viverla sentendosi vivi è di per sé una realtà meravigliosa.

Inspirando, mi stabilisco nel momento presente.

Espirando, so che questo è un momento meraviglioso.

Cogliamo questa esperienza; sentiamo che effetto ci fa, per poterla poi riconoscere, coltivare, rendercela familiare fino a tesserla nella trama della nostra vita di tutti i giorni. Il momento presente… è un momento meraviglioso. Fra qualche istante ascolteremo i primi movimenti nel pancione e li accompagneremo con il nostro respiro, dedicando loro la nostra piena presenza, per tutta la loro durata e anche nel silenzio che segue.

Nota: si possono effettuare questi esercizi con una leggera musica di sottofondo.

Organizzarsi a casa con il neonato

Una vita nuova e organizzata vi consente di “sopravvivere” a vostro figlio e alla nuova vita da affrontare.

Il primo passo per riuscire fin dall’inizio a procedere con serenità è quello di stabilire le priorità e di mettere in secondo piano tutto ciò che non è urgente: verrà il tempo per occuparsi anche di quello, ma non è questo il momento. Ecco qualche consiglio.

  • Questo primo periodo è senza dubbio faticoso ma relativamente breve: presto tutto andrà meglio. Considerate il bambino il vostro impegno principale e godetevi serenamente i momenti in cui state insieme. Fatevi aiutare il più possibile nella gestione della casa e nelle piccole incombenze quotidiane, non lasciatevi prendere dall’ansia di perfezionismo.
  • Riposate quando il bambino ve lo permette e ritagliatevi delle pause di relax (una doccia lunga e distensiva, la lettura di un libro, l’ascolto di un disco, ecc…).
  • Uscite di casa appena vi è possibile: tra un pasto e l’altro del bambino, per una passeggiata o per la spesa, lasciando il bambino in custodia al papà, oppure uscite con il vostro compagno, lasciando il piccolo a vostra mamma o un’amica fidata; il cordone ombelicale ormai è stato tagliato.
  • Se siete stanche, arginate l’affettuosa invadenza di parenti e amici: approfittatene per chiedere di aiutarvi o suggerite loro di ritornare in un altro momento.
  • Accettate consigli e suggerimenti ma cercate soprattutto di seguire il vostro istinto perché nessuno, meglio di voi, può riuscire a “tradurre” i bisogni di vostro figlio.
  • Fidatevi sempre del vostro buon senso ma, in caso di emergenza, di fronte a un problema che non sapete comprendere o risolvere, non esitate a chiedere consiglio a chi ha più esperienza e ne sa di più: vostra madre, vostra suocera, un’amica fidata, il pediatra.
  • Appena tornate a casa contattate il pediatra di famiglia per fissare il primo appuntamento presso il suo studio e nel frattempo scrivetevi su un foglio un promemoria con tutte le cose da chiedergli perché altrimenti, quando arriverete in ambulatorio, sarà facile dimenticare tutto.

A casa con i due bambini: il rientro a casa con il neonato e il secondo figlio

Doversi occupare di due bambini è molto diverso dall’avere a che fare con uno solo. Se il primo bambino è ancora piccolo o se ne nascono due insieme, le cose potrebbero diventare più difficili. Le sfide non sono solo pratiche, ma anche psicologiche. Non è così semplice dividere, essere “imparziale” e fare le cose giuste per entrambi. Nel caso del secondo figlio, l’esperienza acquisita con il primo figlio viene utilizzata per dare da mangiare, cambiare il pannolino, consolare e mettere a letto. Tuttavia, dopo che il primo ha cambiato la vita della coppia, ogni nuovo membro della famiglia richiede una ricostruzione completa.

Un nuovo equilibrio per tutta la famiglia

In realtà, avere un altro figlio non significa solo avere un altro bambino; significa che tutta la famiglia deve cambiare e trovare un nuovo equilibrio. La ricerca di una nuova stabilità richiede la riorganizzazione della vita quotidiana e delle relazioni tra i membri della famiglia.

È responsabilità dei genitori costruire le basi per una relazione fraterna, vivace e stimolante. Riuscire ad aiutare i propri figli a diventare persone forti e fratelli solidali è una delle scommesse più difficili. Non dovresti mai aspettarti un fratellino. Idealmente, il primo figlio dovrebbe essere pronto ad accogliere un estraneo. Vostro figlio dovrebbe essere in grado di non percepire la permanenza della mamma in ospedale come un abbandono se sarete riusciti a fargli capire durante gli ultimi mesi di gravidanza che niente, neanche l’arrivo di un altro bambino, potrà diminuire la vostra attenzione per lui.

Il delicato momento prima del rientro dal punto nascita

Il ruolo del padre sarà fondamentale in questo momento. Il bambino si sentirà sicuro e speciale se trascorrerete del tempo insieme e farete cose “da grandi”. È essenziale coinvolgerlo nel “prendersi cura” della mamma, facendogli fare un bel disegno da regalarle e consolandolo quando ne sente la mancanza. È fondamentale che il papà lo prepari al primo incontro con il fratellino in ospedale, spiegandogli che il fratellino potrebbe essere nell’incubatrice, una scatola che lo protegge e lo riscalda, e che la mamma potrebbe avere degli strani tubicini infilati nel braccio, ma non sono dannosi.

Prendersi tutti il tempo che serve

I sentimenti dei genitori per il loro primo figlio spesso cambiano con la nascita di un secondo figlio. Sarebbe strano se non fosse così. Ci sono momenti in cui senti di non amarlo abbastanza o di amarlo meno di prima. Alcuni genitori raccontano di essere estremamente protettivi nei confronti del loro bambino appena nato e temono di trascurare il loro figlio più grande. Datevi tempo! Non aspettatevi immediatamente di adattarvi a una famiglia più grande. Non aspettatevi che il primo figlio si adatti subito. Anche lui, indipendentemente dall’età, deve adattarsi alla nuova situazione ed è responsabilità dei genitori aiutarlo e sostenerlo con tutto l’amore e la pazienza che possono offrire.

Suggerimenti per la convivenza del neonato con il fratellino o la sorellina

Incoraggiare è importante: ai bambini piace ascoltarvi mentre raccontate fatti e avvenimenti, e c’è molto da dire e spiegare sui neonati. Mostrategli vecchie fotografie e giocattoli e fate in modo che il gioco sia divertente, senza pretendere troppo.

Anche con le migliori attenzioni, aspettatevi un po’ di risentimento e gelosia perché è normale. Il bambino più grande diventerà più dipendente dalla madre e avrà più esigenze. Spendere del tempo con i nonni può essere utile. È fondamentale che la mamma riesca a dedicare del tempo a ciascun bambino in modo da non sentirsi costantemente trascinata in una direzione diversa. Per fare ciò, può essere utile l’aiuto del papà, dei nonni o degli amici.

Il bambino più grande ha bisogno di rassicurazione e tranquillità, quindi è necessario mantenere la maggior parte delle abitudini e attività del bambino, come andare al parco giochi, incontrare gli amici o leggere la storia della buona notte, finché è possibile. Sebbene sia difficile, in particolare nelle prime settimane, ne vale la pena per tutti. I pasti del neonato sono spesso importanti perché i fratelli più grandi possono facilmente sentirsi esclusi e gelosi. Puoi aiutare tuo figlio più grande trovando qualcosa che lo occupi oppure raccontandogli una storia o parlando con lui.

Possono verificarsi regressioni nel comportamento se il primo figlio è ancora piccolo. Il maggiore potrebbe chiedere di nuovo il biberon, bagnare le mutandine e chiedere di voler stare in braccio. Mantieni la calma nonostante le difficoltà! Continua a dedicare tempo e attenzione al più piccolo, elogiandolo e aiutandolo a svolgere il suo ruolo di guardiano del fratellino maggiore, evitando di dare importanza a queste richieste, che potrebbero solo essere ricattatorie.

Il benessere del cuoio cappelluto

Mamme, papà: ecco cosa sapere sulla crosta lattea

La crosta lattea dei neonati è una forma di dermatite seborroica che interessa la cute del neonato. Potrebbe comparire dalla seconda settimana di vita ma tende a scomparire progressivamente nei primi sei mesi.

La crosta lattea si manifesta con una produzione importante di sebo da parte delle ghiandole pilosebacee del cuoio capelluto. Il bambino presenta delle crosticine bianco-giallastre (che di solito hanno un aspetto untuoso) sul capo, sul viso e sulla zona centro-facciale. Generalmente insorge a livello del cuoio capelluto e a livello dell’attaccatura frontale dei capelli, ma può essere presente anche sulle sopracciglia, oltre che sul naso, sulle guance e sulle orecchie.

Il più delle volte non è un fenomeno fastidioso per il piccolo: il prurito si verifica molto raramente. I problemi sono soltanto di natura estetica. Contrariamente alla credenza popolare, la crosta lattea non è legata all’allattamento o a questioni di igiene del neonato.

Quali sono le probabili cause della crosta lattea

Le cause della crosta lattea non sono ben note. L’ipotesi scientifica più accreditata attribuisce l’insorgenza della crosta lattea all’aumento della produzione di sebo da parte delle ghiandole presenti sul cuoio capelluto del neonato. Ciò avviene in seguito allo stimolo da parte degli ormoni androgeni materni, che permangono in circolo nel bambino per qualche periodo dopo la nascita.

Il bambino è in grado di eliminare completamente gli ormoni materni intorno al 3° mese di vita e questo potrebbe spiegare perché la crosta lattea sia solo “un disturbo transitorio”.

Come trattare crosta lattea passo dopo passo

  1. Ammorbidire le squame e le croste massaggiando delicatamente la testina con una garza o batuffolo di cotone imbevuta di olio di mandorla.
  2. Eliminare teneramente le squame e le croste, per esempio, con una spazzola morbida o un pettine con le punte arrotondate. Le squame non vanno rimosse traumaticamente perché questa pratica agevola la nuova formazione.
  3. Per non creare piccole ferite, evitare di rimuovere le squame e le croste grattandole o sfregandole.
  4. Non grattare mai le crosticine con il pettine o con le dita perché la cute potrebbe irritarsi.
  5. È possibile lavare i capelli ogni 2-3 giorni con un detergente biologico che non contiene sostanze chimiche, preferibilmente a base di olio e sostanze emollienti a pH neutro.

Igiene del cuoio capelluto

Lavare la testa ai neonati, specialmente nei primi giorni di vita, è un compito che spaventa spesso tutti i genitori. Bisogna essere sempre attenti per via della delicatezza del neonato, della sensibilità della sua cute e delle fontanelle ancora aperte.

Il lavaggio dei capelli dovrebbe avvenire durante il bagnetto.

Applicare il prodotto sui capelli bagnati ma non gocciolanti, massaggiare delicatamente e sciacquare è una delle prime regole importanti.

Si consiglia di:

  • Evitare i lavaggi troppo frequenti che potrebbero provocare irritazioni e/o prurito.
  • Impedire il contatto con gli occhi.

Soprattutto per le prime volte, si raccomanda di usare pochissima acqua, proprio per far abituare il neonato alla sensazione di avere la testolina bagnata.

Per quanto riguarda la frequenza, invece, non ci sono regole specifiche che stabiliscano ogni quanto lavare i capelli al neonato. Il lavaggio può essere fatto tutti i giorni oppure due volte alla settimana: l’importante è non esagerare.

Quali prodotti usare per lavare i capelli del neonato

Per lavare i capelli al  neonato è possibile utilizzare una piccola quantità di shampoo specifico per neonati, con pH neutro e ingredienti naturali. Oppure si può usare solo semplice acqua tiepida. L’uso eccessivo e ricorrente dello shampoo potrebbe provocare irritazioni, desquamazioni, secchezza della pelle sensibile e arrossamenti. È altrettanto importante non usare mai dei prodotti per adulti per non alterare il delicato equilibrio della cute (dermobiota) dei neonati e lattanti.

Come asciugare i capelli del neonato

Asciugare i capelli o la testa di un neonato è un gesto da non sottovalutare. Non ci sono regole precise, tutto dipende da come reagisce il bambino e dalla quantità di capelli che ha.

Se il neonato ha pochi capelli, è sufficiente tamponare con cura e delicatezza la sua testa aiutandosi con un asciugamano o panno asciutto e morbido e prestando la massima attenzione a non esercitare pressione sulle fontanelle. I capelli dei neonati sono fini e molto delicati, per cui non serve pettinarli.

Se invece il neonato ha molti capelli ci si può aiutare con una spazzola dalle setole molto soffici o con un pettine dai denti larghi e arrotondati, procedendo delicatamente quando i capelli sono ancora bagnati o umidi. Si può anche utilizzare un phon ma ci sono delle regole da rispettare: potenza minima, temperatura tiepida (mai calda) e getto d’aria mai diretto sul viso e sugli occhi. Alcuni neonati e bambini non gradiscono l’asciugacapelli perché il rumore li spaventa, invece per altri potrebbe rivelarsi molto gradevole in quanto produce il cosiddetto “rumore bianco”. Il rumore bianco per definizione è un tipo di suono neutro che ricorda il suono che il feto sentiva quando era ancora nella pancia della mamma. Essendo un suono neutro copre tutti gli altri rumori e tende quindi a essere di grande aiuto per i bambini nel momento dopo il bagnetto.

Bonding durante il bagnetto

Mamme, papà, ricordatevi che il “bonding” può essere effettuato anche durante il bagnetto. Un importante legame tra mamma/papà e il bambino aiuta il bambino a soddisfare i bisogni primari che riguardano anche l’affettività e la sicurezza  e aiuta anche i genitori a mettersi in relazione positiva con il nuovo membro della famiglia, che bisogna accudire, coccolare e proteggere. Il neonato  fin dalla nascita dispone di numerosi strumenti per comunicare i suoi bisogni, compreso il piacere di fare il bagnetto e il generare una risposta di accudimento da parte della mamma. Inizialmente lo strumento più utilizzato è il pianto a cui molto presto (per fortuna!) si aggiunge il sorriso. In questo modo la mamma e il papà possono comprendere i gesti preferiti del neonato durante il bagnetto.

Pianto e sorriso hanno l’effetto di far avvicinare la mamma e il papà al bambino e vengono definiti “comportamenti di segnalazione”.

La cura e benessere delle unghie

Secondo l’antropologo e biologo dell’Università del Wisconsin-Madison (USA) John Hawks “abbiamo le unghie perché siamo primati”. Le unghie, infatti, rappresentano una delle caratteristiche che distinguono i primati, inclusi gli umani, dagli altri mammiferi. Sono essenzialmente forme appiattite di artigli. Oltre alla funzione protettiva, le unghie contribuiscono a dare forza alle dita e agevolano la sensibilità tattile della presa e della motilità fine.

Le unghie delle mani sono importanti per la manipolazione dei piccoli oggetti, quelle dei piedi, invece, servono per dare una risposta più immediata alla spinta nel camminare. Insomma sono importanti dalle prime prese del bambino fino ai primi passi.

Le unghie sono presenti fin dalla nascita e continuano a crescere giorno per giorno. Alcuni neonati  nascono già con le unghie già lunghe.

Nei neonati e nei bambini più piccoli le unghie si presentano più morbide. Con il tempo, poi, la loro struttura si rinforza.

Quando tagliare le unghie del piccolo

Dopo il bagnetto (o immergendole in acqua tiepida per alcuni minuti per ammorbidirle) oppure durante le ore di sonno si possono tagliare le unghie del piccolo utilizzando forbicine a punta arrotondata. Le forbicine sono sicure in quanto poco taglienti per l’unghia del neonato che è molto morbida e si taglia con facilità.

Il profilo delle unghie delle mani segue la curvatura del polpastrello delle dita, mentre quello dei piedi è più lineare, conservando l’angolatura alle estremità.

Le unghie dei piedi dei bambini non devono mai essere tagliate troppo corte.
È importante, sia per le unghie dei piedi sia per quelle delle mani, fare attenzione a non approfondire troppo il taglio. Questa accortezza serve a prevenire il rischio di unghia incarnita, quindi che l’unghia, crescendo, possa penetrare nella pelle intorno al dito.

Inoltre i neonati tendono a portare le mani vicino al viso e a metterle vicino alla bocca: si tratta di un atteggiamento fisiologico.

Nel caso in cui si vede l’angolo appuntito, il lattante o il bambino potrebbe graffiarsi involontariamente oppure l’unghia si potrebbero incastrarsi nei vestitini o giocattoli.  Inoltre le unghie non ben arrotondate, potrebbero dare una sensazione di fastidio e attirare il bambino a mangiarsi le unghie.

I bordi non lisci e appuntiti possono essere arrotondati con una lima per unghie. Per limare le unghie di bambini e lattanti, sono utili le lime di cartone che sono arrotondate e più morbide di quelle in metallo. Inoltre, sono facilmente sostituibili, in quanto usa e getta.
Nel caso di cuticole ( pellicine ) secche è utile l’uso di creme idratanti per le mani.

Il benessere e la cura degli occhietti

Gli occhi sono una delle parti più delicate del corpo umano e, soprattutto, se si tratta di quelli di neonati e bambini.

Nei primi mesi gli occhi del neonato potrebbero far fatica ad aprirsi. Non sono arrossati ma semplicemente ricoperti da un muco denso e appiccicoso attorno la palpebra. È normale e fisiologico: gli occhi hanno solo bisogno di essere detersi con un gesto che diventa quotidiano. Perché succede? Perché il meccanismo di detersione degli occhi di un neonato e di un bambino piccolo è ancora immaturo.  Ci vogliono circa 2 mesi prima che inizi a funzionare questo drenaggio.

La congiuntivite neonatale

Alla nascita, a tutti i neonati vengono instillate negli occhi delle soluzioni mediche come pratica di prevenzione dell’infezione congiuntivale. Tuttavia a distanza di qualche giorno dalla nascita, alcuni neonati potrebbero presentare una secrezione oculare che ostacola la normale apertura delle palpebre. Questo fenomeno è denominato congiuntivite neonatale e può coinvolgere un solo occhio o, più frequentemente, tutti e due. Il genitore non deve preoccuparsi eccessivamente: si tratta, infatti, di una banale congestione della mucosa nasale o di un ostacolo nel deflusso delle lacrime, con conseguente infiammazione e produzione di secrezione. Questo piccolo inconveniente potrebbe ripresentarsi nel corso dei primi mesi, ma dovrebbe scomparire con la crescita del bambino (lo sviluppo della parte centrale del volto). Questa lieve infezione, che nel piccolo neonato può presentarsi a qualunque ora, nel bambino più grandicello compare per lo più al suo risveglio al mattino.

È sufficiente detergere delicatamente l’occhio dalle secrezioni ed effettuare un leggero massaggio della palpebra inferiore verso la radice del naso. In questo modo si potrà osservare la regressione di questo banale evento in poche ore.

La pulizia degli occhi dei neonati

Lo scopo primario della pulizia degli occhi dei neonati è rimuovere le piccole incrostazioni che si formano sulle palpebre o nel lago lacrimale (l’angolo interno dell’occhio). Detergere gli occhi è una parte molto importante della routine quotidiana di cura e igiene, soprattutto al mattino.

Come pulire gli occhi del neonato

  • Prima di tutto è importante lavare le mani con cura. Si tratta di un passaggio fondamentale per evitare di portare a contatto con l’occhio i germi normalmente presenti sulle dita.
  • Utilizzare una morbida salvietta monouso per uso oculare oppure, in alternativa, una garza usa e getta sterile imbevuta di soluzione fisiologica.
  • Evitare l’uso dei batuffoli di cotone, i cui filamenti possono infiammare l’occhietto.
  • Pulire delicatamente dall’interno verso l’esterno la parte esterna dell’occhio.
  • Non pressare e non strofinare l’occhietto per non irritare la cute delicatissima delle palpebre.
  • Le incrostazioni più rigide potrebbero essere sempre ammorbidite con una garza impregnata di soluzione fisiologica o con una salvietta monouso.
  • Per ogni occhietto è necessario utilizzare la propria garza o salvietta per non trasportare i germi da un occhio all’altro.
  • Massaggiare delicatamente il sacco lacrimale dell’occhio per rimuovere anche le secrezioni stagnanti.
  • Se il bambino è raffreddato è importante fare anche una accurata pulizia nasale.

La lacrimazione

I bambini iniziano a produrre le  lacrime nella terza-quarta settimana di vita.  Fra la fine del primo e l’inizio del secondo mese di vita potrebbe capitare che il bambino abbia una lacrimazione continua. L“occhietto che lacrima” (come si dice in questo caso) è dovuto all’ostruzione parziale o completa del dotto naso-lacrimale che impedisce o ostacola lo scarico delle lacrime nel nasino. Quindi l’occhietto resta sempre bagnato e può infiammarsi.

Nella maggioranza dei casi, comunque, il dotto naso-lacrimale si apre entro l’anno di vita.

Per facilitarne l’apertura potrebbe essere utile praticare un massaggio del sacco lacrimale. È consigliabile fare questo massaggio come se fosse un gioco, parlando con il bambino con voce calma e invitante. Il massaggio si esegue quando il bambino è sdraiato e con molta delicatezza.

Massaggio del sacco lacrimale – prima modalità

Ecco uno dei modi per farlo:

  • Lavare accuratamente le mani con acqua e sapone.
  • Fare una pressione e un movimento rotatorio interno ed esterno (sotto e sopra) con  il polpastrello del dito poco sotto l’angolo  interno dell’occhietto. Con il palmo della mano, fissare la testina (e il mento) da sotto. Si può ripetere da 3 a 5 volte al giorno.

Massaggio del sacco lacrimale – seconda modalità

Ecco un secondo modo: fare un movimento dall’alto verso il basso lungo il sacco lacrimale. In questo caso, si fa scivolare lentamente e ripetutamente il polpastrello dalla base delle narici lungo la base del nasino, tra il setto nasale e la guancia, in direzione dell’occhio. Esercitando una lievissima pressione, si fanno fuoriuscire le lacrime e si svuota il sacco lacrimale. Si può ripetere da 3 a 5 volte al giorno.

Il massaggio ha l’effetto di una “spremitura” del sacco lacrimale e la creazione di una sovrapressione tra il sacco stesso e il meato nasale. Tramite il massaggio del canale lacrimale del bambino si agevola l’apertura della valvola di Hassner, principale responsabile dell’ostruzione dei canali lacrimali. Contemporaneamente si eliminano dal dotto e dai canali lacrimali eventuali batteri che possono essere proliferati a causa dell’ostruzione. Le lacrime agiscono poi naturalmente come disinfettante e battericidi.

Il massaggio può essere effettuato più volte al giorno e per molti mesi. Per questo risulta comodo associarlo ad alcuni cambi del pannolino, proprio per essere certi di eseguirlo con regolarità.

Massaggio del sacco lacrimale – terza modalità

Infine c’è un terzo modo di sbloccare il condotto lacrimale: applicando un impacco caldo si aiuta a  favorire il drenaggio. Questo potrebbe liberare l’ostruzione e facilitare l’eliminazione del liquido. Iniziare premendo l’impacco contro la parte superiore del condotto lacrimale per 3-5 minuti finché si libera il blocco. Si può fare questa operazione fino a cinque volte al giorno. Ecco alcuni altri consigli.

  • Per fare un impacco caldo si può usare un asciugamano caldo umido o immergere un batuffolo di cotone in acqua calda.
  • Assicurarsi che l’impacco non sia troppo caldo, altrimenti potrebbe causare arrossamenti e dolore.

Nota: si consiglia sempre di consultare il medico pediatra per ulteriori dettagli.

Il benessere dell’orecchio

L’attenzione per l’igiene del bambino rappresenta un momento di intimità e dialogo- contatto tra il bambino e i genitori, o i caregiver. È importante stabilire un contatto visivo e fisico con il neonato, creando un ambiente amorevole e inclusivo.

SE IL CERUME FA BENE ALL’ORECCHIO, DOBBIAMO ELIMINARLO?

Il cerume forma un rivestimento impermeabile, tiene asciutto il condotto impedendo ai germi di causare infezioni e serve anche per catturare le polveri e le altre particelle che potrebbero danneggiare il timpano. Una volta che il cerume viene prodotto, passa lentamente verso esterno.

La presenza di cerume nelle orecchie dei lattanti è una condizione normale e serve a proteggere il canale uditivo. In generale, è sconsigliato rimuovere il cerume dalle orecchie dei neonati e dei lattanti a meno che non ci siano segni di accumulo eccessivo o di ostruzione.

Nella maggior parte dei casi, non è necessario fare qualcosa per rimuovere il cerume dalle orecchie dei bambini e, generalmente, il bagnetto è sufficiente per mantenere una quantità normale di cerume nel condotto uditivo.

È consigliabile controllare la presenza del cerume e se necessario pulire le orecchie in modo appropriato per evitare che si accumuli in fondo al condotto e formi un tappo all’orecchio.

QUANDO PULIRE LE ORECCHIE?

Si consiglia di farlo dopo o durante il bagnetto perché il calore tende ad ammorbidire le secrezioni presenti nel condotto uditivo facilitando così l’igiene delle orecchie del neonato. Inoltre, si può associare alla pulizia del nasino.

È possibile anche pulire la parte posteriore dell’orecchio e il padiglione auricolare del lattante tutti i giorni. In riferimento all’interno dell’orecchio, è corretto e preferibile effettuare uno o due “lavaggi”.

Attenzione!

La pulizia dell’orecchio del neonato si limita al padiglione esterno all’accesso/ingresso del condotto uditivo, con una garza o un panno umido e delicato, ricordandosi di non utilizzare cotone idrofilo (cotton-fioc) o altro materiale estraneo.

Il condotto uditivo di un neonato è più corto e più stretto di quello di un adulto. Inoltre, la sua pelle è più fragile. Per evitare rischi, come le irritazioni del condotto uditivo, scegliere un metodo più delicato ed evitare il cotton fioc o l’utilizzo delle dita  perché entrambi potrebbero spingere il cerume verso la membrana del timpano, causando danni all’udito.

Durante l’igiene dell’interno del condotto, fare attenzione. Il bambino, reagendo a stimoli dolorosi o fastidiosi, potrebbe improvvisamente effettuare bruschi movimenti della testina, con conseguenti lesioni del timpano.

Il benessere del nasino

La salute del nasino è molto importante per i neonati perché respirare bene è la prima difesa dell’organismo contro malesseri e infezioni. Il naso non è solo un organo per il passaggio dell’aria ma anche un collegamento importante per tutte le vie respiratorie: orecchie, gola e seni paranasali. È evidente, quindi, che se il naso è disturbato dalla presenza di secrezioni e infezioni non può funzionare bene, soprattutto nei neonati  nei quali i collegamenti tra naso ed altre parti sono ancora più diretti. Il naso aiuta l’organismo a difendersi dagli agenti ambientali inquinanti come polvere e smog, attraverso il corretto funzionamento (effetto barriera) della mucosa nasale.

Infatti, il nasino libero è un’ottima garanzia contro raffreddori e malattie delle vie respiratorie: solo se la mucosa non è ostruita dal muco, può svolgere nel modo migliore il suo ruolo di difesa delle infezioni e delle irritazioni. Maggiori attenzioni devono essere prestate ai neonati perché fino al 1. anno di età il piccolo respira quasi esclusivamente con il naso e l’ostruzione di quest’ultimo comporta lo scorretto apporto di ossigeno ai polmoni. I bambini fino ai 3 anni di età spesso hanno il nasino pieno di muco in quanto incapaci di soffiarsi il naso da soli con frequente ristagno del muco all’interno delle cavità nasali.

Per tenere sempre pulito il nasino del bambini bisogna rimuovere il muco che si è formato, anche per facilitare il passaggio del virus e dei batteri agli organi confinanti. Il lavaggio consiste nell’introdurre nel naso del bambino un’apposita soluzione e farla passare da una narice all’altra, ammorbidendo le secrezioni e rimuovendo così il muco.

NASINO SEMPRE PULITO!

Il nasino pulito è un presupposto fondamentale per la corretta respirazione del bambino e protegge l’infante contro i principali malesseri e le infezioni. Quando il muco si accumula in modo eccessivo, potrebbe provocare congestione nasale, difficoltà nel respirare attraverso il naso, sensazione di pesantezza o pressione nel viso, e potrebbe essere accompagnato da starnuti frequenti. Inoltre, un naso ostruito può favorire l’accumulo di batteri e virus, aumentando il rischio di infezioni delle vie respiratorie come raffreddore, sinusite, otite e bronchite. Il muco stagnante crea un ambiente favorevole alla proliferazione di questi agenti patogeni, che possono causare infiammazione e sintomi più gravi.

Il naso è un organo molto importante per i bambini, soprattutto per i più piccoli, perché permette il passaggio, il riscaldamento e il filtraggio dell’aria. È importante, quindi, che il naso sia sempre perfettamente pulito e che il muco in eccesso sia eliminato, così da non compromettere la funzionalità della mucosa nasale. Soffiarsi il naso è il metodo più comune e utile per liberare il naso dal muco in eccesso e migliorare la respirazione.

I bambini, però, non sanno soffiarsi il naso ed imparano a farlo in autonomia solo verso i 6 anni. I lavaggi nasali sono un rimedio efficace per liberare il naso dall’eccesso di muco e consistono nella delicata irrigazione delle vie nasali con una soluzione salina.

COSA SONO I LAVAGGI NASALI?

Un lavaggio nasale consiste nell’immissione nel naso di una sostanza liquida, generalmente una soluzione fisiologica nebulizzata. Quest’ultima pulisce le fosse nasali ed elimina il catarro stagnante.

I lavaggi nasali sono particolarmente importanti per i neonati e i lattanti. Poiché i neonati respirano principalmente attraverso il naso, è fondamentale mantenere le loro vie nasali pulite e libere da muco e agenti infettivi. Durante la poppata, quando il bambino ha la bocca “occupata” con il latte della mamma, la respirazione attraverso il naso diventa l’unica opzione. Pertanto, se il nasino del neonato è ostruito o congestionato, ciò può ostacolare la sua capacità di respirare correttamente e di alimentarsi e deglutire adeguatamente.

I lavaggi nasali aiutano a liberare il naso dal muco, dagli agenti infettivi e dagli allergeni, favorendo una respirazione più agevole e prevenendo il rischio di infezioni delle vie aeree superiori. Inoltre, i lavaggi nasali possono anche contribuire a combattere la secchezza delle mucose, che può essere comune nei neonati, specialmente durante l’inverno o in ambienti con aria secca a casa. Mantenere il naso pulito attraverso i lavaggi nasali può anche impedire al muco di raggiungere altre parti del sistema respiratorio come orecchie, tonsille, gola, faringe e bronchi, riducendo così il rischio di infezioni e altre complicanze.

COME EFFETTUARE IL LAVAGGIO NASALE?

Il lavaggio nasale si effettua, con il bambino disteso e con il volto rivolto di fianco, leggermente di lato, e con l’introduzione della soluzione nella narice superiore. La soluzione scorrerà verso il basso e verrà accompagnata nel suo deflusso, semplicemente, aiutando il bambino a respirare attraverso la bocca, in modo tale da facilitare il drenaggio del muco

Ripetete l’operazione dall’altra parte, piegando la testa del bambino dall’altro lato. Al termine del flusso del lavaggio sarà sufficiente alzare il bambino per completare il deflusso della soluzione e pulire internamente il nasino del bambino. Quindi detergere l’esterno del nasino del bambino con un fazzoletto pulito. Infine, si consiglia l’accortezza di lavare l’erogatore sotto abbondante acqua calda e  asciugarlo. Dopo aver effettuato il lavaggio, alzate il bimbo per favorire la fuoriuscita del muco e pulitegli il naso con un fazzolettino. Può capitare che il naso del  bambino sia particolarmente chiuso e pieno di catarro.

I lavaggi nasali possono essere effettuati più volte al giorno, specialmente quando il bambino è congestionato.

Un approccio graduale ed educativo consente di coinvolgere maggiormente il bambino, permettendogli di sentirsi a suo agio, di responsabilizzarlo e indirizzarlo verso una sicura autonomia nel lavaggio nasale. Le inalazioni termali sono un rimedio naturale che può essere efficace per alleviare le patologie delle vie aeree superiori e inferiori. Questo tipo di trattamento sfrutta le proprietà benefiche dell’acqua termale o dei vapori d’acqua per favorire la pulizia e l’idratazione delle vie respiratorie

La doccia nasale, quindi, è un’azione preventiva e curativa dei distretti nasali, da praticarsi con soluzioni saline a temperatura corporea o lievemente superiore. È indicata nella prevenzione delle congestioni nasali delle mucose nasali e dei seni paranasali e nelle patologie nasali croniche come le riniti mucopurulente e crostose e le rinosinusiti. Viene in genere effettuata quotidianamente oppure a giorni alterni e può essere associata ad altre terapie inalatorie. Si tratta di un processo in cui si utilizza una soluzione salina o acqua tiepida per sciacquare delicatamente le cavità nasali. Essa può svolgersi attraverso l’uso di soluzioni saline arricchite con oligoelementi e sali minerali. Questi principi attivi possono contribuire a un’azione detergente e umidificante locale nelle vie nasali

Il suo semplice uso a pressione sull’erogatore consente di raggiungere facilmente i seni nasali ed è indicato per sinusiti e rinofaringiti. È un ottimo metodo per detergere le mucose prima di qualunque altra terapia e aprire il fastidioso “naso chiuso”.

Il benessere e la cura del cordone ombelicale

Il cordone ombelicale è una sorta di condotto che ha origine nelle prime settimane di gestazione e che contiene i vasi sanguigni che mettono in collegamento il feto con la placenta materna.

Come è fatto il cordone ombelicale

Il cordone ombelicale è costituito da tre vasi ombelicali (una vena e due arterie) che permettono lo scambio di sangue tra la mamma e il feto durante la gravidanza.

Infatti, il cordone ombelicale collega il circolo sanguigno del bambino alla placenta, ossia l’organo che permette il passaggio dal sangue materno a quello fetale, oltre al passaggio dell’ossigeno e delle sostanze necessarie alla crescita e allo sviluppo del feto.

All’interno del cordone ombelicale decorrono tre vasi sanguigni:

  • una vena ombelicale, il vaso di calibro maggiore che trasporta il sangue ricco di ossigeno e sostanze nutritive dalla placenta al feto;
  • due arterie ombelicali, i vasi di calibro minore che trasportano sangue deossigenato contenente le sostanze di scarto del metabolismo fetale verso la placenta.

Alla nascita la respirazione e l’allattamento forniscono al bambino tutto ciò che gli serve per crescere, quindi il cordone ombelicale non è più necessario.

Cosa succede al cordone ombelicale dopo la nascita

Quando nasce il bambino, il cordone ombelicale si presenta come una struttura cordoniforme allungata della lunghezza di circa 50 centimetri e un diametro di circa 15-20 millimetri. I tre vasi sono avvolti esternamente da una sostanza gelatinosa (gelatina di Wharton) la cui struttura permette all’organo di comprimersi e deformarsi, ritornando rapidamente alla forma originaria senza compromettere l’afflusso sanguigno al feto.

Subito dopo il parto, a distanza di un tempo massimo di 3 minuti, il cordone ombelicale viene chiuso temporaneamente con un’apposita pinza (clampato) e successivamente reciso; ciò che ne rimane prende il nome di moncone ombelicale.

Mentre durante tutta la gravidanza il cordone ombelicale è immerso nel liquido amniotico, dal momento del parto tutto cambia. L’esposizione del cordone all’aria determina un fisiologico processo di mummificazione della durata di circa 5-15 giorni, durante i quali si verificano modifiche strutturali che inducono successivamente al suo distacco completo, generando così la cicatrice ombelicale (ombelico).

Le 7 linee guida dell’OMS sul moncone ombelicale

Nel 2013 (con un aggiornamento nel 2017) l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato delle raccomandazioni sulla salute neonatale, in cui si trovano indicazioni specifiche sulla cura del moncone ombelicale.

  1. Lavare molto bene le mani con acqua e sapone per evitare il rischio di contaminazione del moncone.
  2. Rimuovere la medicazione precedente, e fare attenzione a non esercitare troppa forza se la medicazione risulta attaccata al moncone. Si consiglia di utilizzare una soluzione fisiologica per facilitarne il distacco.
  3. Detergere la base del moncone ombelicale con acqua e sapone neutro. Piccole tracce di sangue e siero sono fisiologiche, in caso di abbondanti secrezioni consultare il pediatra.
  4. Asciugare accuratamente il moncone e la cute circostante tamponando con delle garze. Non sfregare la pelle del neonato perché è molto sensibile.
  5. Osservare la cute intorno al moncone: nel caso in cui si presenti arrossata, eritematosa o edematosa, consultare il pediatra.
  6. Applicare una garza sterile attorno al moncone ricoprendolo completamente. Non lasciare il moncone a diretto contatto con il pannolino, di modo da prevenire la contaminazione dell’area con tracce di feci o urine. È possibile tenere in sede la medicazione con una fascia ombelicale o una rete ombelicale.
  7. Garantire un’adeguata circolazione d’aria a livello del moncone al fine di evitare di creare un ambiente caldo, umido e povero di ossigeno in grado di rallentare processo di mummificazione. Quando possibile, dunque, evitare di chiudere il pannolino al di sopra della medicazione del moncone.

Quanto tempo ci mette a cadere il moncone ombelicale?

Mediamente una decina di giorni: da un minimo di 7 a un massimo di 14 giorni.

Si può fare il bagnetto con il cordone ombelicale?

Generalmente si consiglia di non fare il bagno per immersione, cioè nella vasca, finché il moncone non si è separato e la cicatrice non è asciutta. Leggi l’articolo sul bagnetto per approfondire.

Cosa fare se il moncone ombelicale si sporca di pipì

In caso il moncone si bagni con le urine o si sporchi di feci basta usare acqua e sapone per lavare sia il moncone, sia la cute circostante. In seguito, asciugare e mettere una garza pulita asciutta.

Il bonding durante il bagnetto

Mamma, ricordati che il “bonding” può essere attivato anche durante il bagnetto. Si tratta di un importante legame tra mamma/papà e il bambino che aiuta quest’ultimo a soddisfare i bisogni primari che riguardano anche l’affettività e la sicurezza. Inoltre il bonding aiuta i genitori a mettersi in relazione positiva con il nuovo membro della famiglia, che bisogna accudire, coccolare e proteggere. Il neonato, fin dalla nascita, dispone di numerosi strumenti per comunicare i suoi bisogni, compreso il piacere di fare il bagnetto e generare una risposta di accudimento da parte della mamma: inizialmente lo strumento più utilizzato è il pianto a cui molto presto (per fortuna!) si aggiungerà il sorriso. In questo modo la mamma e il papà potranno comprendere i gesti preferiti del neonato durante il bagnetto.

Pianto e sorriso hanno l’effetto di far avvicinare la mamma al bambino e vengono definiti “comportamenti di segnalazione”.

Mentre viene lavato, il piccolo può gradire molto che gli parliate o gli offriate giochini in modo da rendergli questo momento particolarmente piacevole. Se il bambino si diverte a contatto con l’acqua, è giusto prolungare questo momento ludico. Se invece protesta, piange, si irrigidisce non vuol dire che non ama l’acqua, ma che avverte qualche elemento di disagio (temperatura, schizzi, insicurezza da parte di chi lo sostiene, ecc.). In questo caso sarà opportuno cercare di comprendere le ragioni di questo disagio e provare a rifare il bagnetto dopo qualche giorno.

Se d’estate fa molto caldo, si può dare sollievo al piccolo utilizzando delle spugnature fresche oppure offrendogli più volte l’immersione in acqua tiepida. La pratica del bagnetto, dopo i primi giorni del rientro a casa, può essere seguita da un leggero massaggio, che, se gradito dal piccolo, induce il rilassamento e predispone al sonno.

L’esperienza, comunque, insegna che se il bambino dimostra gradimento per il bagnetto, che rappresenta un momento felice, quasi un gioco, non vi è alcuna controindicazione nel lavarlo nella vaschetta da bagno anche quotidianamente.

Ricordate: non si deve abbandonare mai, nemmeno per un attimo, il bambino da solo nella vaschetta o sul fasciatoio. Oltre il rischio di annegamento, che può verificarsi anche in condizioni di ridotto volume di acqua, il piccolo può inalare acqua schizzata o riversata sul volto giocando con contenitori cavi oppure, scivolando, può spaventarsi e procurarsi piccoli traumi. Infine non deve essere posto in prossimità di erogatori di acqua (rubinetti, miscelatori, ecc.) per il rischio di ustioni di acqua ad alta temperatura.

Il bagnetto

Il bagnetto risponde alle necessità di igiene del bambino e può anche essere l’occasione per una coccola in più e per giocare. Ecco come farlo in modo sereno per tutti.

L’igiene prima della caduta del moncone ombelicale

In generale, è preferibile fare il primo bagnetto quando il moncone ombelicale è caduto (di solito la caduta avviene entro le prime tre settimane di vita). Nel frattempo si può lavare il neonato sotto l’acqua corrente e con il doccino (dunque senza immersione). Inoltre, si possono fare delle spugnature con acqua a temperatura adeguata. Fare sempre attenzione al viso, al collo e ai genitali, che devono essere ben puliti e asciutti.

Nei primi giorni dopo la nascita, le cure date al neonato prevedono sia l’accurata detersione del tralcio del cordone ombelicale, sia la protezione di questo da fonti di possibili infezioni. Molto importante è anche cercare di favorire il rapido essiccamento del tralcio così da facilitarne la caduta. Queste attenzioni coinvolgono direttamente i genitori che, dopo la dimissione della mamma e del neonato, dovranno prendersi particolare cura del tralcio ombelicale per alcuni giorni.

Il bagnetto del neonato e del lattante

Le tecniche utilizzate dall’OMS per effettuare il bagno a un neonato nato a termine e privo di moncone ombelicale o a un lattante sono diverse da quelle impiegate per lavare un adulto. Anche i rischi cambiano. Un neonato, infatti, non è ancora in grado di regolare la propria temperatura corporea quindi è a rischio di termodispersione. Non solo, rischia anche cadute accidentali o lesioni cutanee a seguito di contatto diretto con l’acqua troppo calda o troppo fredda.

Il bagnetto va effettuato preparando anticipatamente il materiale che si andrà a utilizzare. Ecco la lista:

  • vaschetta;
  • sapone o detergente delicato;
  • termometro;
  • garze e ovatta;
  • pasta o crema all’ossido di zinco;
  • asciugamano;
  • vestitini che di solito sono un body e una tutina.

La temperatura dell’acqua giusta per il bagnetto del neonato

La temperatura dell’acqua va controllata utilizzando un termometro e deve mantenersi tra i 32°C e 35°C d’estate e i 36°/37° d’inverno. (parametri indicati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù). Il controllo della temperatura può essere fatto con termometri a lettura istantanea o, più tradizionalmente col contatto del gomito della madre o del padre con l’acqua.

A questo punto è possibile svestire il bambino, poggiandolo supino su un piano. Prestare attenzione al capo, perché i neonati non sono ancora in grado di controllare i propri movimenti. Rimuovere prima le maniche arrotolandole su se stesse, poi estrarre la maglietta dalla testa, allargando al massimo lo scollo per facilitarne il passaggio. Fare la stessa cosa con il body. Infine, rimuovere il pannolino.

Come fare il bagnetto al neonato

Il bambino va immerso in acqua mantenendo una presa sicura. La testa e il busto vanno sorretti dall’avambraccio, mentre la mano va nel cavo ascellare del bambino.

Il viso, gli occhi e le orecchie devono essere lavati con ovatta o garze imbevuti di acqua. Il resto del corpo può essere lavato con il detergente neutro. Per lavargli la schiena e il sedere, girare il neonato, in modo che abbia la pancia appoggiata sul braccio del genitore.

I primi bagnetti non dovrebbero durare oltre i 5 minuti. A casa, dopo la dimissione dall’ospedale, il bambino potrà iniziare con dei bagnetti più lunghi che non dovranno comunque superare i 15 minuti.

Una volta risciacquato, il neonato deve essere coperto immediatamente con un asciugamano morbido e poggiato sul fasciatoio. La cute va tamponata e non sfregata per non arrecare lesioni o arrossamenti. In caso di lesioni già presenti deve essere applicata la crema all’ossido di zinco.

Quali prodotti usare dopo il bagnetto al neonato e al cambio pannolino

Adesso è possibile posizionare il pannolino e rivestire il neonato partendo questa volta dal body, infilando prima la testa e poi le maniche che vanno arrotolate per facilitare l’inserimento della manina e del braccio. Infine, allacciare il body e proseguire con la tutina, inserendo prima i piedini e le gambe, poi le braccia e infine girando il bambino in posizione prona per abbottonare gli automatici.

Lo scopo del bagno, al di là dei bisogni di pulizia, è anche quello di attivare la circolazione sanguigna della pelle e la traspirazione. Per questo, dopo il bagnetto, non è indispensabile applicare creme o latte idratante sulla pelle del bambino. Può invece essere molto utile l’applicazione di una pasta/crema sul sederino per proteggerlo da qualsiasi irritazione causata dalle urine e dalle feci.

La cute dei neonati è sensibile e il suo assorbimento è elevato. È importante ricordarsi che i sistemi di protezione cutanea non sono ancora sviluppati quindi è indispensabile limitare l’uso di sostanze chimiche aggressive.

Al cambio di pannolino, lavalo con acqua tiepida e se necessario un sapone delicato, a base di tensioattivi poco aggressivi (no a sodium lauryl o laureth sulphate, sì a betaine, disodium lauroamphodiacetate, decylglucoside). Meglio un sapone liquido, più facile da usare e più igienico, diluito sul palmo della mano con l’acqua, non direttamente sulla sua pelle. È utile una crema all’ossido di zinco in caso di arrossamenti; da evitare, invece, quelle che invece usano petrolati.

Il pannolino deve essere della misura adatta (non deve mai essere troppo aderente) e posizionato con gli adesivi davanti. Nel caso dei maschietti ancora in attesa del distacco del cordone ombelicale, il pene dovrebbe essere rivolto verso il basso quando è all’interno del pannolino, così si evita che, facendo la pipì, il piccolo bagni il cordone ombelicale.

Di fronte a banali arrossamenti del sederino è spesso sufficiente, se le condizioni ambientali lo consentono, detergere e asciugare delicatamente la parte e lasciarla esposta alla circolazione dell’aria attraverso l’impiego di un pannolino applicato in modo ampio e molto largo. Oppure si può porre per qualche ora il piccolo a pancia in giù adagiato su un pannolino “aperto” per raccogliere la pipì.

Dove fare il bagnetto

Il bagnetto può essere eseguito direttamente nella vasca di casa o, ancora meglio, in una vaschetta per bambini, mettendo sul fondo un tappetino di gomma per ridurre il rischio di scivolamento.

Se si usa la vaschetta per bambini, bisogna accertarsi ogni volta che questa venga sistemata su un piano molto stabile e grande, adeguato a contenere tutto quanto occorre, evitando così di doversi allontanare anche solo un istante dal piccolo. Non lasciare mai il bambino da solo nell’acqua, neanche per un secondo!