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Approfondimenti scientifici

Neuroplasticità materna e trasferimento neuronale fetale: implicazioni per il bonding madre-bambino

AUTORE: Dott.ssa Monica Napolitano
FOCUS: Famiglia e maternità

La gravidanza induce profonde modificazioni neurobiologiche nel cervello materno, configurando un processo di neuroplasticità adattativa che favorisce l’accudimento, la regolazione affettiva e la sensibilità interpersonale. Studi recenti suggeriscono che, oltre alla riorganizzazione neuronale materna, durante la gestazione avviene un trasferimento cellulare bidirezionale tra madre e feto, noto come microchimerismo fetomaterno. Evidenze emergenti indicano che cellule neuronali materne possono migrare nel feto e permanere nell’organismo del nascituro per tutta la vita, con potenziali implicazioni per il bonding permanente tra madre e figlio.

Questo articolo analizza le basi neurobiologiche della neuroplasticità materna e il possibile ruolo del microchimerismo neuronale nella costruzione di un legame affettivo profondo e persistente.

La gravidanza rappresenta un evento neurobiologico ed endocrino di notevole complessità, che comporta adattamenti significativi a livello sistemico e cerebrale. La neuroplasticità materna, definita come la capacità del cervello materno di riorganizzarsi strutturalmente e funzionalmente in risposta alla gravidanza e al post-partum, è stata confermata da numerosi studi di neuroimaging. Questo processo permette alla madre di sviluppare comportamenti pro-sociali, empatici e diadici, funzionali alla cura del futuro neonato.

Contemporaneamente, è stato osservato un fenomeno ancora poco noto ma biologicamente affascinante: la migrazione di cellule materne, incluse cellule neuronali, verso il feto, e la loro permanenza a lungo termine nei tessuti fetali, incluso il cervello. Questo fenomeno, parte del più ampio processo di microchimerismo cellulare, potrebbe rappresentare la base biologica di un legame madre-figlio che trascende la relazione affettiva, configurandosi come una connessione cellulare permanente.

Neuroplasticità cerebrale durante la gravidanza

Durante la gestazione, il cervello della madre va incontro a modificazioni strutturali e funzionali evidenti. Studi di risonanza magnetica (MRI) hanno dimostrato una riduzione del volume della materia grigia in aree corticali implicate nell’elaborazione socio-emotiva e nella teoria della mente (corteccia prefrontale mediale, giunzione temporo-parietale). Questa riduzione non è patologica, bensì rappresenta una specializzazione neurale, che ottimizza l’attivazione delle reti cerebrali coinvolte nella percezione e risposta ai bisogni del neonato.

Inoltre, si osserva un’aumentata connettività funzionale in aree limbiche (amigdala, ipotalamo, corteccia cingolata anteriore), che modulano le risposte affettive, il comportamento materno e l’attaccamento. L’incremento dei livelli di ossitocina, estrogeni e prolattina agisce da mediatore neuroendocrino di tali cambiamenti, facilitando l’empatia e la regolazione emotiva.

Cos’è il microchimerismo feto-materno?

Il microchimerismo è un fenomeno di origine immunologica, caratterizzato dalla presenza, in un individuo, di un numero limitato di cellule geneticamente distinte dal proprio genoma. Tale condizione può insorgere in seguito a trattamenti terapeutici (come trasfusioni o trapianti), ma si verifica in modo naturale e fisiologicamente significativo durante la gravidanza.

Nel corso della gestazione si realizza un trasferimento cellulare bidirezionale tra madre e feto attraverso la placenta, che permette la migrazione di cellule fetali nel corpo materno e, viceversa, di cellule materne nei tessuti fetali. Questo interscambio crea un microchimerismo feto-materno (FMc) e materno-fetale (MMc), i cui effetti biologici, immunologici e neurofisiologici sono oggi oggetto di crescente interesse.

Dinamiche cellulari: migrazione e insediamento

Le cellule fetali che raggiungono il corpo materno comprendono spesso cellule staminali ematopoietiche o mesenchimali. Una volta penetrate nella circolazione sistemica, sono in grado di colonizzare vari tessuti e organi, inclusi polmoni, midollo osseo, fegato, rene, cuore, milza, e perfino il sistema nervoso centrale, attraversando la barriera emato-encefalica.

Parallelamente, cellule materne (tra cui cellule staminali ematopoietiche e precursori neuronali) possono migrare nel flusso sanguigno fetale, raggiungendo organi in via di sviluppo, incluso il cervello. Questo fenomeno di microchimerismo materno-fetale evidenzia che anche il feto può divenire un organismo chimerico contenente cellule provenienti dalla madre.

In particolare, la presenza di cellule neuronali materne nel cervello fetale, potenzialmente persistenti per tutta la vita, suggerisce l’esistenza di un “segno biologico materno permanente” nel sistema nervoso centrale del figlio. Studi in modelli animali indicano che tali cellule possano integrarsi nei circuiti neurali e partecipare ai processi cognitivi, emotivi e comportamentali, aprendo una nuova prospettiva nella neurobiologia dello sviluppo.

Tolleranza immunologica e il paradosso della gravidanza

La coesistenza di cellule estranee all’interno di un organismo, come avviene durante la gravidanza, rappresenta un paradosso immunologico: il feto, contenente antigeni paterni, è un allotrapianto semiallogeneico. In condizioni normali, una simile entità sarebbe soggetta a rigetto immunitario.

Modelli classici ipotizzavano che il sistema immunitario materno fosse semplicemente “silenziato” o che il feto fosse “non immunogenico”. Tuttavia, evidenze più recenti smentiscono tali interpretazioni. Il sistema immunitario materno riconosce la presenza fetale e adotta attivamente meccanismi di tolleranza periferica, evitando una risposta citotossica.

Il microchimerismo stesso potrebbe costituire un meccanismo immunoregolatore, in cui le cellule fetali agiscono da segnali immunomodulatori che contribuiscono a mantenere l’equilibrio immunologico necessario alla prosecuzione della gravidanza. In questa visione, la gestazione non è una condizione di immunosoppressione generalizzata, ma una coabitazione immunologicamente mediata, con attiva comunicazione cellulare tra madre e feto.

Persistenza a lungo termine e implicazioni sistemiche

Uno degli aspetti più rilevanti e affascinanti del microchimerismo è la persistenza prolungata delle cellule chimeriche nei tessuti dell’ospite. Le cellule fetali sono state individuate decenni dopo il parto in tessuti materni, inclusi cervello, cuore, polmoni e midollo osseo.

Un caso emblematico è la rilevazione di DNA maschile nel cervello di una donna di 94 anni di età, suggerendo che le cellule fetali possono integrarsi anche in organi con turnover cellulare molto basso. Queste cellule non sembrano essere semplici “residui” della gravidanza, ma potenzialmente svolgere funzioni fisiologiche attive, come partecipazione a processi di riparazione tissutale, immunomodulazione o regolazione locale.

Similmente, cellule materne nel feto possono integrare strutture in via di sviluppo e contribuire all’architettura cellulare permanente di organi come il cervello, rendendo la madre una presenza biologica costitutiva del figlio.

Potenziali implicazioni cliniche

Il microchimerismo feto-materno e materno-fetale solleva importanti questioni in ambito medico, immunologico e neurologico. Le implicazioni ipotizzate includono:

  • Ruolo protettivo o rigenerativo: le cellule chimeriche potrebbero agire come riserva cellulare per la rigenerazione tissutale o l’omeostasi.
  • Rischio autoimmune: una persistenza non controllata dell’attivazione immunitaria potrebbe contribuire allo sviluppo di patologie autoimmuni in soggetti predisposti (es. lupus, tiroidite autoimmune, sclerosi sistemica).
  • Influenza neurocomportamentale: cellule materne nel cervello fetale potrebbero condizionare l’attività neuronale, la regolazione affettiva o la suscettibilità psichiatrica.
  • Fertilità e gravidanza future: la presenza di cellule fetali nei tessuti materni può modificare l’ambiente immunologico uterino, influenzando la recettività endometriale e la tolleranza immunologica nelle gravidanze successive.

Tuttavia, gran parte di questi effetti rimane ancora da chiarire con studi longitudinali e molecolari più approfonditi.

Organo/Tessuto Evidenza di presenza Ruolo/Potenziale funzione
Cervello Rilevato DNA maschile in neocorteccia, ippocampo,
cervelletto, midollo spinale
Possibile protezione contro la malattia di Alzheimer.
Potrebbero influenzare l’attaccamento madre-figlio
Cuore Le cellule fetali colonizzano il tessuto cardiaco Ruolo potenziale nella riparazione e rigenerazione
dei tessuti danneggiati
Polmoni Frequentemente trovate nei polmoni,
in misura progressivamente ridotta in milza e fegato
Contribuiscono alla riparazione e mantenimento
dei tessuti
Tiroide Identificate nella tiroide Possibile ruolo nella regolazione del metabolismo materno
Pelle Rilevate nella cute Possono contribuire alla cicatrizzazione (es. taglio cesareo)
Tessuto Mammario Rilevate frequentemente nel tessuto mammario normale Funzione attiva nell’allattamento (es. segnalando la produzione di latte)

Tabella 1. Principali siti di colonizzazione delle cellule microchimeriche fetali e il loro potenziale ruolo funzionale

 

Bonding madre-neonato

Il concetto di bonding descrive il legame affettivo precoce che si stabilisce tra madre e neonato, ed è essenziale per lo sviluppo sano del bambino, sia sul piano psicologico che neurobiologico. Il bonding è mediato da meccanismi ormonali (ossitocina, dopamina), comportamentali (accudimento, contatto pelle a pelle) e relazionali (rispecchiamento, sintonizzazione affettiva). Alla luce delle evidenze sul microchimerismo neuronale, si ipotizza che tale legame non sia solamente psicologico, ma anche biologico e cellulare: la presenza di neuroni materni nel sistema nervoso del feto potrebbe costituire un substrato neurobiologico concreto del legame affettivo intergenerazionale. Ciò spiegherebbe in parte perché molte madri e figli sperimentano una forma di connessione “invisibile ma profonda”, che persiste anche in assenza di contatti continui. Inoltre, la presenza di cellule neuronali materne nel cervello del figlio potrebbe agire come modulatore epigenetico, influenzando la risposta allo stress, la regolazione affettiva e persino la vulnerabilità a patologie neuropsichiatriche, in base alla qualità della relazione madre-bambino.

La neuroplasticità materna e il trasferimento neuronale intergenerazionale rappresentano due facce dello stesso fenomeno biologico: la trasformazione della maternità in chiave neurobiologica. La madre, attraverso modificazioni cerebrali adattive, si prepara all’accudimento; al contempo, trasmette al feto non solo materiale genetico e epigenetico, ma anche cellule vive — incluse potenzialmente cellule neuronali — che rimarranno nell’organismo del figlio per tutta la vita. Queste evidenze suggeriscono un’inedita e affascinante prospettiva: il bonding madre-neonato non è solo una costruzione psicoaffettiva, ma anche una realtà cellulare e neurobiologica permanente. Studi futuri dovranno chiarire il ruolo funzionale di queste cellule materne nel cervello del figlio, il loro impatto sul comportamento e sulle traiettorie di sviluppo neurologico.

Il microchimerismo feto-materno è un fenomeno biologico complesso, che avviene durante la gravidanza e consiste nello scambio di cellule tra madre e feto. Questo scambio è bidirezionale: cellule fetali passano nella madre, e cellule materne raggiungono il feto. Sorprendentemente, alcune di queste cellule possono sopravvivere per decenni all’interno dei tessuti dell’altro, creando una presenza cellulare permanente. Questo fenomeno ha profondamente modificato la comprensione del legame tra madre e figlio, rivelando un bonding biologico che va oltre il parto e coinvolge la memoria cellulare.

Nel contesto materno-infantile, le cellule microchimeriche possono avere effetti diversi, a seconda dell’ambiente in cui si trovano e della loro quantità. In alcuni casi, sembrano avere funzioni protettive e rigenerative, ad esempio contribuendo alla riparazione dei tessuti o alla protezione da alcune malattie, come l’Alzheimer o il tumore al seno. In altri casi, invece, la loro presenza è stata collegata a malattie autoimmuni o a forme tumorali, come il carcinoma del colon. Questo dimostra che il microchimerismo non è né positivo né negativo di per sé, ma il suo effetto dipende dal contesto biologico.

Nonostante l’interesse crescente, la ricerca su questo tema è ancora agli inizi. Molte scoperte si basano su osservazioni correlate, più che non su prove dirette di causa-effetto. Per questo motivo, è importante che gli studi futuri si concentrino sulla comprensione dei meccanismi biologici e immunologici che regolano questo fenomeno.

 

Le potenziali applicazioni cliniche del microchimerismo sono molto promettenti. Tra queste:

  • lo sviluppo di test diagnostici non invasivi in gravidanza,
  • la valutazione precoce del rischio di alcune patologie materne,
  • l’uso delle cellule fetali in medicina rigenerativa, grazie alla loro capacità di trasformarsi e riparare tessuti danneggiati.

Inoltre, integrare lo studio del microchimerismo in un approccio di medicina di genere e materno-infantile potrà migliorare la prevenzione, la diagnosi e la cura delle patologie che colpiscono in modo specifico le donne durante e dopo la gravidanza.

In conclusione, il microchimerismo feto-materno è molto più di una semplice curiosità biologica: rappresenta un ponte cellulare tra madre e figlio che dura nel tempo. Questo fenomeno ricorda che il bonding materno-infantile non è solo emotivo o psicologico, ma anche biologico e cellulare, scritto nel corpo e nei tessuti di entrambi.

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Microchimerismo materno fetale: cos’è? | Mamma Felice, https://www.mammafelice.it/2024/09/18/microchimerismo-materno-fetale-cose/

Microchimerismo: Il legame perenne tra madre e figlio – Unica Radio, https://www.unicaradio.it/blog/2025/06/14/microchimerismo-il-legame-perenne-fra-madre-e-figlio/

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