Approfondimenti scientifici
Le tappe del re-bonding
Nel re-bonding, sostanzialmente, si devono ripercorrere le tappe dal momento del passaggio dall’ambiente uterino alla fase di accoglienza del nuovo nato da parte dei genitori, lasciando lo spazio e il tempo necessari per questo incontro amorevole. L’intensità e i tempi sono decisi dal bambino. Ogni bambino è diverso e quindi è necessario individuare qual è la modalità migliore per entrare in contatto con lui.
Il ruolo dell’ostetrica o del pediatra
Nei casi più complessi sarà necessario fare più incontri per poi effettuare il processo di re-bonding. Nelle fasi del re-bonding il caregiver (l’ostetrica o il pediatra) è vicino, osserva e dà sostegno alla mamma e al papà, rispettando la loro intimità e dando loro il tempo necessario.
Prima fase del re-bonding
Nella prima fase il neonato viene immerso per alcuni minuti in una vaschetta non troppo grande con acqua calda. Già dentro l’utero, i neonati imparano a muoversi e a coordinarsi in uno spazio stretto e limitato, sono abituati ad avere dei confini ben definiti, e questo dà loro molta sicurezza. Questa fase lo riporterà alla sua vita prenatale e all’ambiente protettivo del grembo materno, quando era immerso nel liquido amniotico.
Parliamo al bambino con un tono dolce e attendiamo che ci dia il segnale che è pronto per uscire. In questa fase inizialmente potrebbe piangere, ascoltiamo il suo pianto e lasciamo che si prenda il suo tempo.
In questa fase, come successivamente, dobbiamo attendere il segnale del bambino che ci “dice” quando è pronto. Dal suo sguardo sapremo quando è il momento.
Nel frattempo la mamma si è accomodata, semisdraiata e con il petto nudo, in una posizione confortevole. Utilizziamo dei cuscini per favorire la comodità e il rilassamento della mamma.
È importante che sia presente anche il papà, che con il suo corpo può sostenere la posizione della mamma.
Seconda fase del re-bonding
Nella seconda fase, dopo l’emersione dall’acqua, avvolgiamo il neonato in un telo o asciugamano e tamponiamo leggermente, senza asciugarlo del tutto e posizioniamo il bambino sul petto della mamma. Da questo momento sarà il bambino a decidere cosa fare. I genitori si limiteranno a parlargli dolcemente e a fargli leggere carezze, sempre guardandolo negli occhi.
È importante sapere e informare i genitori che il bambino potrebbe piangere in ogni momento delle fasi del re-bonding. Con il suo pianto ci racconterà la sua storia, una storia che dobbiamo ascoltare ed accogliere.
Terza fase del re-bonding
Nella terza fase si ripeterà il fenomeno conosciuto come Breast Crawl: il bambino si rilasserà, sorriderà, e cercherà da solo il seno della mamma e comincerà l’allattamento.
Il re-bonding permette di rivivere un’esperienza positiva per la mamma, il papà e il loro neonato, creando nuove sinapsi. È come se scrivessimo un nuovo programma nel computer. Potremmo definire il re-bonding come un rituale di legame e di risanamento, dove il bambino può raccontare la sua storia, i genitori lo ascoltano e riconoscono i suoi bisogni primari, affettivi e somatici. Alla fine, sono pronti a festeggiare con il loro bambino questo incredibile e amorevole incontro.
Gli effetti del re-bonding
Gli effetti positivi del re-bonding sono:
- un aumento dell’ossitocina e delle endorfine;
- la stimolazione del sistema immunitario del bambino;
- aumento dell’istinto materno, che migliora l’autostima;
- maggiore disponibilità di ascolto del bambino da parte dei genitori;
- una maggiore capacità di autoregolarsi del bambino, di socializzare e di creare relazioni.
- miglioramento dell’apprendimento e dell’attenzione;
- regolarizzazione del rapporto sonno-veglia.
- il bambini piange di meno, è più tranquillo e rilassato;
- miglioramento dell’allattamento al seno.
Il risultato del rebonding si evince dai segnali di un buon rapporto tra i genitori e il loro bambino: sono più sicuri; capiscono il loro bambino; creano un legame empatico con lui; parlano di più con lui; sono soddisfatti del loro bambino; fanno più coccole.