Approfondimenti scientifici
Le prime ore di vita del neonato
Nelle prime 24 ore di vita è possibile distinguere il succedersi di differenti stati comportamentali: alla nascita si osserva un periodo di massima allerta (reattività e sensibilità) che dura circa 2 ore, seguito da una fase di quiete e di sonno, detta anche “fase di recupero”, che dura 3-6 ore, cui segue un secondo periodo di reattività, di 2-4 ore, dopo il quale si instaura la graduale alternanza degli stati comportamentali.
Nel parto vaginale spontaneo, dopo i primi momenti di adattamento respiratorio e cardiocircolatorio, il neonato, se messo nelle condizioni di tranquillità, mostra grande attenzione nei confronti del nuovo mondo extrauterino e delle presone presenti, utilizzando tutte le proprie competenze sensoriali, comportamentali e motorie (periodo di massima reattività e sensibilità).
Un ambiente non luminoso lo incoraggia ad aprire completamente gli occhi e a guardare intorno a sé, a muoversi alla ricerca del seno e a manifestare i propri riflessi di presa e di suzione.
Il neonato si relaziona subito con l’ambiente che lo circonda
Comprendere il linguaggio comportamentale del neonato fin dai primi momenti di vita aiuta gli operatori a considerarlo un essere sociale capace di interagire attivamente con la madre e con le persone che si prendono cura di lui.
L’ecologia neonatale
È stata soprattutto la scuola di Boston (storicamente rappresentata da T. Berry Brazelton e Heidelise Als) a focalizzare l’attenzione sulle competenze relazionali del neonato, ritenendo che quest’ultimo sia in grado di entrare in relazione con l’ambiente attraverso il suo comportamento. In questa visione il neonato è concepito come un essere sociale, propositivo, che comunica con sua madre, capace di difesa e di autoregolazione comportamentale nell’interazione con l’ambiente esterno.
Uno tra i principali obiettivi dell’approccio Brazelton è quello di sostenere i genitori verso una migliore comprensione del proprio bambino e del proprio ruolo. Infatti ciò li aiuta a individuare le competenze neonatali e a riconoscere che, fin dai primi momenti di vita, il neonato ha una propria personalità che lo differenzia dagli altri. In questa visione i genitori sono portati a interpretare i comportamenti del figlio come vere e proprie comunicazioni dotate di significato. Il bambino è un essere sociale che si esprime per mezzo del comportamento. Nei genitori si rafforza il privilegio di toccarlo, guardarlo e ascoltarlo con modalità uniche.
Nasce quindi una vera e propria ‘ecologia’ neonatale per la quale il neonato non è più un essere isolato, ma una persona capace di relazionarsi con l’ambiente. Attraverso tali esperienze, cresce e si sviluppa. In questa prospettiva la cura della relazione porta l’operatore ad avere uno sguardo attento e rispettoso verso il linguaggio comportamentale del bambino e ad avere più fiducia sulle possibilità del neonato di interagire e di auto-organizzarsi.
Il neonato esplora ciò che lo circonda
Quando il bambino, subito dopo la nascita, smette di piangere, si rilassa e ritrova un nuovo equilibrio sensoriale, ad un certo punto arriva anche ad aprire gli occhi iniziando una prima esplorazione di ciò che lo circonda. Inizialmente ‘vedrà senza guardare’, non potendo vedere nulla di noto (neppure il volto materno); gli occorrerà un po’ di tempo per collegare quel volto a quella voce, a quell’odore, a quel tocco, a quel seno, a quel latte. Chi accoglie un bambino appena nato deve pensare che il processo da feto a neonato è di fatto una ‘ricerca di senso’: inizialmente di coerenza ed equilibrio, in seguito di maggiore organizzazione.
Ciò che è più vicino al neonato è la madre
Per un bambino appena nato, l’ambiente più comprensibile è senz’altro la propria madre, colei che fino a quel momento ha rappresentato l’intero confine della sua esistenza. È anche la persona per la quale lui è la cosa più importante al mondo. Per la madre, il bambino è il termine della fatica della gravidanza, lo scopo del dolore del parto, è l’inizio di un progetto esistenziale tanto concreto da poter essere osservato e toccato. Per alcuni mesi la madre è stata ‘occupata’ dal bambino, al punto che ora senza di lui si sente incompleta, le manca una parte di sé, fatica a ritrovarsi. Il dialogo biologico e psicologico, che caratterizza la relazione madre-bambino iniziata in utero, non si interrompe con la nascita, ma si riconverte e si riorganizza; madre e bambino iniziano un rapporto nel quale ognuno di loro è contemporaneamente soggetto e oggetto. Il neonato separato dalla madre in un certo senso è un neonato “malformato”, perché privo di qualcosa di essenziale; lui alla fine è un sistema omeostatico aperto, regolato da processi di attaccamento e di interazione: è ai genitori, solo a loro, che spetta il compito di ‘presentare al bambino il mondo in un modo che abbia senso per lui’.