Approfondimenti scientifici
Ipertensione e gravidanza
L’ipertensione è una delle malattie che può complicare la gravidanza. I disordini ipertensivi possono essere suddivisi in 3 categorie: ipertensione cronica preesistente, ipertensione gestazionale, preeclampsia/eclampsia.
Si parla di ipertensione cronica quando la pressione sanguigna è alta prima della gravidanza o quando la diagnosi viene fatta prima della ventesima settimana di gestazione. L’ipertensione cronica preesistente è associata a possibili complicazioni sia materne che fetali ed è importante che la paziente sia seguita presso un centro di patologia della gravidanza.
Si parla di ipertensione quando si hanno una pressione sistolica maggiore di 140 mmHg e una pressione distolica di 90 mmHg. L’ipertensione è definita severa quando si hanno valori pressori superiori a 160 su 110 mmHg.
Idealmente sarebbe importante che le donne ipertese facessero una visita preconcezionale, in modo tale da essere informate sugli eventuali rischi che una gravidanza può comportare. È anche fondamentale valutare se i farmaci che la paziente sta assumendo sono compatibili con la gravidanza e, in caso contrario, modificare la terapia utilizzando molecole adatte alla gestazione e all’allattamento. Sono inoltre consigliati l’esecuzione di esami di laboratorio di base e una valutazione cardiologica recente.
Tutte le mamme ipertese dovrebbero assumere come profilassi aspirina a basso dosaggio (60-150 mg al giorno) per prevenire l’insorgenza della preeclampsia, una complicanza che può sovrapporsi al quadro di ipertensione cronica.
Un altro parametro che va attentamente monitorato nelle pazienti ipertese, è la crescita fetale. Vi è infatti un rischio che i bambini crescano meno ed è importante eseguire ecografie che valutino l’accrescimento fetale dalla ventottesima settimana in poi. Durante questi esami ecografici si valuta anche la flussimetria materno-fetale, esame che permette di valutare lo stato della circolazione sanguigna fetale e il funzionamento della placenta.
Generalmente è suggerito far partorire la paziente tra 39 e 40 settimane, senza andare oltre il termine di gravidanza e le mamme possono tranquillamente affrontare un parto vaginale, non è necessario il taglio cesareo.
Oltre alla terapia farmacologica, ci sono anche delle abitudini di vita che possono essere modificate per mantenere i valori pressori nei range di normalità.
Si dovrebbero infatti consigliare la perdita di peso alle pazienti obese o sovrappeso, l’astensione dal fumo alle fumatrici, l’esercizio fisico alle pazienti sedentarie e la dieta povera di sodio. Tutti questi accorgimenti migliorano notevolmente la salute di mamma e bambino.
Anche le pazienti normopeso a inizio gravidanza dovrebbero evitare di ingrassare troppo, infatti l’aumento eccessivo di peso è associato a valori pressori più elevati.
Parliamo, invece, di ipertensione gestazionale e preeclampsia quando i rialzi pressori si verificano dopo la ventesima settimana di gestazione in una paziente precedentemente normotesa. L’ipertensione gestazionale è la causa più frequente di ipertensione in gravidanza. In base al suo decorso in gravidanza e nel post-partum, questa diagnosi provvisoria può modificarsi e può diventare preeclampsia, ipertensione cronica o ipertensione transitoria della gravidanza.
La cosa più importante nella valutazione e nella gestione di una paziente con ipertensione gestazionale è distinguere questa patologia dalla preeclampsia che ha prognosi e gestione differenti.
I valori pressori considerati patologici sono gli stessi di quelli precedentemente illustrati relativamente all’ipertensione cronica, quindi valori pressori maggiori di 140/90 mmHg.
Per parlare di ipertensione gestazionale, è molto importante avere disponibili i valori pressori pregravidici o di inizio gravidanza. Alcune donne, infatti, potrebbero avere un’ipertensione cornica non diagnosticata che sta peggiorando in gravidanza. Tutte le pazienti che sviluppano ipertensione gestazionale, devono essere sottoposte a visita di controllo 12 settimane post-partum. L’ipertensione gestazionale, infatti, termina entro questo tempo, se la paziente rimane ipertesa, verosimilmente, significa che aveva già un’ipertensione cronica misconosciuta.
L’ipertensione gestazionale colpisce tra 6 e 17 % donne sane, la prevalenza è più alta nelle pazienti che hanno avuto preeclampsia in una gravidanza precedente, nelle gravidanze gemellari e nelle donne sovrappeso/obese.
Esistono dei fattori di rischio noti per lo sviluppo di ipertensione gestazionale e preeclampsia e i più importanti sono i seguenti:
- prima gravidanza
- età superiore ai 40 anni o inferiore ai 18 anni
- preeclampsia in una gravidanza precedente
- storia famigliare di preeclampsia
- patologie renali croniche
- patologie autoimmuni
- diabete
- obesità
- popolazione di colore
- gravidanze gemellari
Come detto in precedenza, è fondamentale distinguere l’ipertensione gestazionale dalla preeclampsia. Per riuscire a fare questa distinzione è importante effettuare la ricerca delle proteine urinarie. Questo esame può essere fatto in due modi: usando il rapporto proteine/creatinina oppure calcolando le proteine urinarie su una raccolta di 24 ore. Se la proteinuria è positiva, la diagnosi di preeclampsia è fatta, tuttavia, se negativa, non possiamo comunque completamente escludere questa patologia. Altri sintomi che devono far sospettare la preeclampsia sono la cefalea persistente, la comparsa di disturbi visivi e il dolore a livello dello stomaco o del fegato. Gli esami di laboratorio e l’ecografia ostetrica completano la valutazione di una paziente con rialzi pressori.
Tra il 10 e il 50 % delle pazienti che inizialmente vengono classificate come ipertese gestazionali, sviluppano preeclampsia entro 1-5 settimane successive.
In caso di ipertensione gestazionale, di solito, è necessario iniziare una terapia antipertensiva per mantenere la pressione controllata. È anche raccomandato, come per la paziente ipertesa cronica, valutare il benessere e la crescita fetale tramite ecografie ostetriche seriate comprensive di flussimetria doppler.
L’educazione delle pazienti e il counselling sono importanti, infatti ogni mamma deve saper riconoscere i sintomi che possono essere suggestivi per preeclampsia (cefalea, dolore epigastrico, disturbi visivi…). Le pazienti devono anche saper quali sono i sintomi che possono indicare una problematica fetale, come movimenti fetali ridotti, sanguinamenti vaginali e segni di travaglio prematuro.
In genere le pazienti possono continuare le loro normali attività, il riposo a letto, a casa o in ospedale, non previene lo sviluppo di preeclampsia, tuttavia riduce il peggioramento dell’ipertensione.
Il timing del parto deve essere individualizzato per ogni paziente valutando bene rischi e benefici per mamma e bambino. In genere, non è necessario indurre il parto prima della trentasettesima settimana di gravidanza.
Concludendo, possiamo dire che i disordini ipertensivi della gravidanza sono abbastanza frequenti ed è fondamentale che le mamme sappiano riconoscere gli eventuali problemi correlati a queste patologie. Essere seguite in centri di riferimento in grado di gestire queste problematiche riduce molto i rischi legati all’ipertensione.