Il bonding

Il bonding mamma e figlio

Ogni gravidanza è unica e irripetibile come lo è ogni bambino.

Il legame tra mamma e bambino inizia fin da quando i due cuori iniziano a battere all’interno del corpo della mamma.

Il termine nasce negli stati Uniti nel 1982 e sintetizza in modo straordinario dalla parola bond, attaccare, incollare, vincolare, da cui deriva Bonding legame profondo e di attaccamento con il proprio bambino.

L’attaccamento della mamma al proprio bambino inizia a svilupparsi già prima della nascita quando con l’ecografia si vede la prima immagine e si iniziano a percepire i primi movimenti nella pancia. Anche il bambino inizia a conoscere i genitori tramite il suono della loro voce quando è ancora nell’utero materno.

Ma è subito dopo il parto, che  il primo sguardo da inizio ad un legame fisico, emotivo e durerà tutta la vita.

Il bonding può quindi essere considerato un importante istinto umano che aiuta il bambino a soddisfare bisogni primari che riguardano anche l’affettività e la sicurezza e aiuta i genitori a mettersi in relazione positiva con il nuovo cucciolo della famiglia.

Il bonding è il frutto di un amore reciproco, fatto di azioni di cure e interazioni speciali, che crescono e si rafforzano giorno dopo giorno e inizia nei primi momenti dopo il parto, quando il neonato viene posato sul petto nudo della mamma (skin-to-skin). Oltre al tatto, è coinvolto anche l’olfatto, perché per la prima volta il bimbo annusa la pelle della mamma. Anche la vista entra in gioco. Se una mamma non ha la possibilità di vivere questi momenti, non deve preoccuparsi, e ciò vale anche per il papà. La relazione col proprio bambino si può modellare giorno dopo giorno secondo le proprie possibilità, non ci sono regole da seguire. Esistono però diversi gesti che permettono di rafforzare il legame con il bambino.

Il bonding si può costruire fin dal momento della nascita del bambino, grazie anche della presenza di ossitocina, un ormone che stimola immediatamente il loro legame.

Il primo senso che partecipa alla creazione del bonding è l’udito: il bambino sente il battito cardiaco e la voce della mamma, così come quella del papà e degli altri cari, fin da quando è dentro il pancione. Attraverso i suoni, specie quelli della voce materna, infatti, il feto inizia a percepire i significati degli stati d’animo della mamma. Sentirle nuovamente dopo la nascita lo rassicura, ecco perché è importante parlare al bambino durante la gravidanza, o fargli ascoltare musica, da ripetere poi quando il neonato arriverà a casa.

Invece il tatto  è il primo dei sensi a svilupparsi nell’utero materno. Tra tutti i sensi è l’unico di cui non possiamo fare a meno per sopravvivere. Considerando che la pelle è l’organo più grande del corpo, ha i recettori che ci mettono in comunicazione con il mondo esterno.

Durante il massaggio del bambino , i diversi tocchi ritmati, favoriscono e influenzano il sistema ormonale che rilascia gli ormoni del benessere e si abbassano gli ormoni dello stress.

Il bonding naturalmente è scandito dai comuni gesti quotidiani di vita neonatale: dal bagnetto, al massaggio, fino al cambio pannolino.

Cosa c’è di più bello per una mamma che tenere fra le braccia il proprio bambino e sentirne il delicato profumo e la morbidezza? L’abbraccio aiuta a rinforzare il legame tra mamma-bambino e il papà. I bambini adorano essere abbracciati e amano in particolare il modo in cui li abbracciano i loro genitori. E anche se non sanno parlare, riconoscono benissimo i genitori dai loro comportamenti, compreso il modo in cui li abbracciano. Poi il neonato non è in grado di autoregolarsi, quindi quando si tieni in braccio, la sua temperatura corporea lo aiuta a mantenere quella ideale per lui. Ecco allora che l’abbraccio diventa cura, la medicina miracolosa per cancellare stress, pianto, rabbia e capricci del pargolo e sanare le preoccupazioni da parte dei genitori.

Il neonato non ha la capacità motoria di cercare la mamma, ma fin dalla nascita dispone di numerosi strumenti per comunicare i suoi bisogni e generare una risposta di accudimento da parte della mamma: inizialmente lo strumento più utilizzato è il pianto a cui molto presto si aggiungerà il sorriso.

Pianto e sorriso hanno l’effetto di far avvicinare la mamma al bambino e vengono definiti “comportamenti di segnalazione”.

Questi comportamenti vengono utilizzati dal bambino in circostanze diverse: il pianto può segnalare la fame, il dolore o il dispiacere per la separazione dalla madre. Il sorriso segnalano che il bambino è contentonon ha fame e non prova dolore. Il sorriso fa in modo che la mamma risponda, parlando al bambino, accarezzandolo o prendendolo in braccio, garantendo dunque stabilità alla relazione affettiva mamma-figlio. Il sorriso funge anche da rinforzo gratificante per la madre e la predispone a rispondere ai segnali del proprio bambino in modo positivo e tale da favorire una crescita armonica.

Anche i papà con una buona disposizione d’animo e un atteggiamento positivo sapranno occuparsi molto bene di loro creature.

Ecco alcuni consigli per favorire un buon attaccamento fra papà e bambino:

  • Iniziare a facilitare l’attaccamento già prima della nascita, cercando di percepire i movimenti del bambino nel grembo materno appoggiando le mani sul pancione, accompagnando la mamma alle visite e osservando con lei le immagini delle ecografie
  • Visualizzare e immaginare sé stessi nel nuovo ruolo di papà
  • Essere presenti in sala partoal momento della nascita
  • Partecipare attivamente alla cura del bambinoparlandogli, cambiando i pannolini, facendo il bagnetto, facendolo addormentare cantando una ninna nanna, rendendosi disponibili ad aiutare durante i pasti notturni
  • Fare le passeggiate con la carrozzina e passeggino
  • Muoversi in casa tenendo il neonato in braccio
  • papàsono spesso i migliori nel fare facce buffe, canzoni sciocche e suoni stravaganti. Sperimentare per vedere cosa ottiene la maggiore reazione da parte del bambino. E il bambino amerà questo momento speciale con il suo papà.

L’accoglienza del neonato alla vita è essenzialmente un ‘pas à deux’ tra il bambino e la sua mamma in cui i cocktails ormonali sono tali da far scattare l’amore a prima vista. La presenza di un papà è forte e aiuta la mamma a dedicarsi alla sua creatura senza il timore che il suo compagno si allontani, la richiesta è quindi di un uomo maturo che giochi il suo ruolo di papà “pronto”.

Il bambino che ha avuto modo di conoscere il suo papà durante la gravidanza, che ha ben relazionato con lui, sarà un bambino che lo riconoscerà a prima vista e che si metterà in risonanza con lui. Il papà è colui che ‘conduce fuori’, che porta il figlio verso il mondo esterno, va da se che il suo ruolo formativo e educativo sia di fondamentale importanza. Nel papà in attesa si risveglia una componente energetica creativa, contenitiva e protettiva, il suo compito è divenire un guerriero, abbracciare la mamma e il suo bambino.

Si avvia un processo di “maternalizzazione” che esalta le sue componenti legate all’affettività, alla sensibilità, all’intuizione, alla capacità di entrare in contatto empatico con la compagna e con il suo bambino.

L’ossitocina aumenta e il testosterone diminuisce, rendendo il futuro papà più sensibile e più amorevole. Aumenta la prolattina che induce istinti di nidificazione, comportamenti legati all’accudimento e all’amore paterno. L’uomo si concentra maggiormente sull’affettività nella coppia (proprio ciò di cui ha bisogno la sua compagna). L’estradiolo invece aumenta, provocando una forma di regressione intrauterina ricreando lo stesso clima ormonale che ha vissuto nel grembo materno e favorendo la sua comunicazione col bambino prenatale.

Un’esplosione ormonale che fa sì, che quest’uomo diventi il papà più bravo al mondo.  

Articolo dedicato ad ogni papà…con amore e stima

Baby Talk

Il “Motherese” o “baby talk” è la particolare modalità che usano le madri (e non solo) per parlare ai piccoli, utilizzando toni più alti ed acuti, parole semplici, pronunciate in modo molto chiaro e scandito, spesso ripetitive, frequenti domande, ripetizioni dei suoni e delle vocalizzazioni emesse dal bambino, con una calda tonalità affettiva.

Il FAS (fetal acoustic stimulation) è un test utilizzato per valutare la capacità di apprendimento prenatale, grazie al meccanismo dell’assuefazione o abituazione allo stimolo (dalla 27esima settimana): con questo test si è visto che se uno stesso stimolo sonoro viene ripetuto più volte ad intervalli regolari porta ad una mancanza di risposta da parte del bambino, in quanto esso risulta noto, viene memorizzato e non desta più l’interesse e la curiosità del piccolo.

Le reazioni dei bambini a poche ore dalla nascita al suono del battito cardiaco, dimostrano che questo stimolo è per loro in assoluto il preferito tra gli stimoli sonori ed ha un effetto altamente calmante; essi sono inoltre in grado di discriminare, mostrando un’ulteriore preferenza, il battito cardiaco della propria madre rispetto a quello delle madri di altri neonati.

Si conferma, inoltre, che il linguaggio materno, con i suoi ritmi e suoni, operi a livello di memoria del feto già durante la vita prenatale e che ciò favorisca il successivo apprendimento del linguaggio verbale.
Parlare al bambino in modo diretto, dolcemente, e tenendo leggermente premuto l’addome stimolando il contatto, favorisce lo sviluppo dell’udito nel feto, la memorizzazione del linguaggio ed accresce lo stato di sicurezza e fiducia di base del piccolo

Stimolazione prenatale

Man mano che le settimane di gestazione procedono, il feto sviluppa progressivamente una serie di competenze sensoriali che lo mettono nella condizione di adattarsi meglio all’ambiente intrauterino, di prepararsi alla vita extrauterina nonché di comunicare ed interagire non solo chimicamente, ma anche attraverso i sensi, sia con la madre che con il mondo esterno.
Sensazioni e percezioni sono necessarie al feto per comunicare col suo mondo e per integrare le informazioni ricevute sia dall’ambiente materno che da quello esterno, trasformandole in apprendimento.
Infatti, il feto durante la vita prenatale si “prepara” fisicamente e, soprattutto, psicologicamente, all’ambiente in cui si troverà a vivere. Ciascuno nasce in un sistema familiare e culturale differente dagli altri ed è evidente che maggiore è la nostra capacità di adattamento, maggiore è la possibilità di sopravvivere e di fronteggiare le sfide della vita. Il periodo fetale può considerarsi, quindi, come un periodo di apprendimento e di familiarizzazione con la vita esterna.

Le competenze sensoriali

Le competenze sensoriali ci permettono di entrare in contatto con gli stimoli che provengono dall’ambiente. Attraverso tatto, olfatto, gusto, vista ed udito possiamo ricevere informazioni sul mondo circostante. Tali competenze iniziano a formarsi a livello embrionale e continuano
nello stadio fetale. Immerso nel liquido amniotico, il bambino è continuamente stimolato da suoni, rumori, luci, voci, odori, provenienti dall’utero e dall’ambiente esterno.

Inizialmente, allo stato blastemico ed embrionale, la comunicazione tra il piccolo e l’ambiente è prevalentemente connotata da scambi chimici ed ormonali con la mamma. Successivamente, man mano che le competenze sensoriali del feto si sviluppano, oltre alla interazione chimica si affianca la stimolazione sensoriale attraverso cui il bambino apprende e si relaziona col mondo.

Come si sviluppano nel periodo prenatale le competenze sensoriali

Il tatto

Questo è il primo senso a formarsi e consente di acquisire molte informazioni su noi stessi e sull’ambiente. Secondo i principi dell’embriologia, una funzione è tanto più importante quanto più precocemente si sviluppa. Essendo l’organo della pelle e il senso del tatto i primi a formarsi nell’embrione, possiamo comprendere come, anche dal punto di vista neurofisiologico, la funzione del contatto sia un bisogno primario dell’essere umano.
In particolare, la pelle è già completa all’ottava settimana ed è dotata di importanti recettori che consentono di percepire gli stimoli. Il feto ha una buona percezione del contatto attraverso la parete addominale e uterina. Il tatto diventa quindi anche un organo della relazione con la madre ed il mondo esterno.

Si è frequentemente osservato, per esempio, come il feto, se agitato, sia in grado di calmarsi se la madre tocca l’addome con le mani, come a coccolarlo e tenerlo tra di esse. Grazie alla valenza profonda del tatto, è possibile stabilire precocemente una comunicazione psicotattile con il proprio bambino, toccando e massaggiando teneramente il ventre materno, accompagnando gesti e carezze con dolci parole. Con questa pratica precoce del tocco e del massaggio, si è evidenziato che già dal 4° mese il feto reagisce allo stimolo, rispondendo col movimento.

Il massaggio, se portato avanti con regolarità, consente ai genitori di creare un legame precoce col bambino, comunicandogli amore, tenerezza accettazione e da cui egli ricava un senso di sicurezza e protezione. Si è visto, poi, che se il contatto viene per esempio stabilito sempre ad una certa ora, il feto si prepara all’appuntamento e se, per qualche motivo, questo non ha luogo, egli dimostra il suo disappunto ed il suo richiamo attraverso dei segnali motori.
È fondamentale trasmettere al bambino, attraverso il tocco, un messaggio di amore ed accettazione per la sua presenza in quanto egli recepisce e memorizza queste informazioni integrandole nella propria memoria implicita. Ciò favorirà anche la relazione post-natale tra il piccolo ed i genitori.

Olfatto

Questo senso si sviluppa precocemente, già dall’ottava settimana. Nel ventre materno il bambino è costantemente esposto a molti stimoli olfattivi che provengono sia dal cibo assunto dalla madre che dall’ambiente esterno circostante. Tali stimoli favoriscono lo sviluppo della sensibilità e della memoria olfattiva del feto grazie alle quali il piccolo potrà riconoscere gli stimoli stessi ed orientarsi nell’ambiente extrauterino.

È nota, infatti, la capacità del neonato di riconoscere l’odore della mamma (e del suo latte) fin da subito, e di preferirlo all’odore di altre puerpere. L’olfatto, poi, è in stretta connessione con le funzioni intuitive, con l’orientamento spaziale e con la capacità di discriminazione. Come detto, infatti, il bambino appena nato riconosce l’odore della madre e si orienta verso il suo seno per succhiare.

Gusto

Il gusto entra in funzione verso il 3° mese, quando i recettori gustativi raggiungono una presenza piuttosto sostenuta sulla lingua. In questo periodo il nascituro inizia a svolgere anche l’attività di deglutizione del liquido amniotico, grazie al quale egli ne regola la quantità e ne assapora la gustosità. Verso la 18-24esima settimana inizierà anche a succhiarsi il dito, attività propedeutica all’allattamento al seno (meccanismo che sarà coordinato verso la 34-35esima settimana).

Le ricerche dimostrano che il feto è goloso di sapori dolci. Tramite ecografia si è osservato, infatti, che introducendo del glucosio nel liquido amniotico il bambino aumenta il ritmo di suzione e di deglutizione, manifestando espressioni di piacere, mentre in presenza di sostanze amare rallenta il ritmo di deglutizione, fa smorfie di disgusto e cerca di chiudere la bocca.
Il sapore e l’odore del liquido amniotico, poi, secondo le ricerche sono molto somiglianti a quello del latte materno, pertanto attraverso tali sensi il bambino si prepara alla ricerca del capezzolo ed alla suzione post-natale. Inoltre, sembra che le esperienze relative al cibo fatte dalla madre in gravidanza creino una memoria gustativa nel bambino in grado di condizionare le sue preferenze alimentari future.
La memoria gustativa e quella olfattiva hanno un grande valore perché possono condizionare le esperienze del bambino, soprattutto nel primo anno di vita, rispetto all’allattamento ed allo svezzamento e quindi possono influire sulle sue abitudini e sui suoi gusti alimentari.

Udito

È il senso predominante nella vita intrauterina e completa la sua struttura tra il 2° ed il 5° mese. L’orecchio medio si completa tra l’ottava e la 12esima settimana e la coclea è pronta a 10 settimane. A 20 settimane l’orecchio è completamente formato e tra la 32esima e la 35esima settimana la funzione uditiva è allo stesso livello della vita post natale.

Il feto reagisce agli stimoli sonori provenienti dal mondo esterno: un segnale acustico improvviso e abbastanza intenso è in grado di suscitare una accelerazione nel battito cardiaco che torna ai valori di base dopo diversi minuti. Se il suono è molto forte, il feto sobbalza e la sua vescica si svuota.

L’udito del bambino in utero, poi, è molto stimolato durante la vita prenatale dai suoni provenienti dall’ambiente intrauterino. Nel corpo della madre risuonano, infatti, innumerevoli sonorità: innanzitutto il battito cardiaco che “culla” il piccolo con la sua presenza costante e rassicurante; poi il flusso sanguigno; il suono della respirazione e dei movimenti del diaframma; i suoni intestinali; il rumore delle articolazioni e lo svuotamento dello stomaco Tutte fonti che costituiscono una stimolazione, un “bagno sonoro”, per il feto.
E poi, fondamentale, la voce della madre e delle altre figure di riferimento. Proprio per questo, molte ricerche evidenziano l’importanza di parlare e cantare al bambino in utero: grazie a ciò si instaura un dialogo dove il suono rappresenta l’intermediario che permette e facilita la relazione, favorendo l’attaccamento pre e post natale.
Questo senso, così sviluppato e preponderante, è anche quello che ha consentito, tramite diverse ricerche, di indagare le competenze cognitive e mnemoniche del feto.

Legame prenatale, ovvero prima della nascita

L’idea dell’esistenza di una relazione di attaccamento mamma-feto risale già agli anni ’40 e negli anni ’70 si ipotizzò l’esistenza di 4 compiti legati alla gravidanza: la ricerca di una transizione sicura per sé e per il nascituro, l’assicurarsi che il bambino venga accettato dalle persone significative della propria famiglia, il creare un legame con il proprio bambino e l’imparare a donarsi a lui.

L’attaccamento prenatale

Studi successivi, hanno portato al concetto di “attaccamento prenatale” La ricerca sulle prime relazioni ha evidenziato significative capacità dei neonati nell’interazione con la mamma.
Stabilire un buon contatto con il bambino nel grembo materno risulta molto importante per il benessere psicofisico del bambino stesso e per il successo del successivo processo di attaccamento post-natale. Per i genitori, aver interagito ed essere entrati in relazione col nascituro fa sì che, una volta nato, il piccolo sia per loro, almeno in parte, già conosciuto, in quanto con lui si sono avviati significativi momenti di incontro e scambio.

La consapevolezza dell’esistenza del bambino come persona

Si è potuto constatare che l’attaccamento verso il feto può essere incrementato favorendo nelle madri un aumento della consapevolezza dell’esistenza del bambino come persona. È stato dimostrato in maniera scientifica che la stimolazione tattile e uditiva trasmette al bambino che ancora deve nascere un senso di benessere profondo e infonde sicurezza.
Uno strumento pratico per favorire la relazione prenatale è la stimolazione prenatale, un insieme di tecniche e esercizi che possono promuovere lo sviluppo cerebrale del feto, ma che hanno un importante ruolo positivo anche per lo sviluppo fisico, emotivo e sociale del bambino facilitando il legame con i genitori.
Con la stimolazione prenatale si ha infatti la capacità di creare un ambiente fisico ed emotivo che promuove la salute e il benessere del feto, punto essenziale per il suo sviluppo fisico e mentale. Ma questo vantaggio si ottiene soprattutto se applicato dalla madre fin dall’inizio della gravidanza.
Come aiutare dunque il proprio bambino prima che nasca a stimolare le proprie abilità percettive e sensoriali?

  • accarezzando spesso il pancione;
  • ascoltando la musica;
  • leggendo un libro ad alta voce;
  • parlando con il futuro figlio.

Tutte queste azioni possono essere un perfetto inizio per stabilire fin da subito un rapporto speciale con vostro figlio.

Cosa percepisce il feto

La madre, oltre ad avere un legame speciale con il suo bambino fin dalla vita uterina, rappresenta il “medium” attraverso cui il piccolo riceve gli stimoli dall’ambiente circostante, sia a livello fisico che emotivo.

Diversi tipi di nutrimento

Infatti, il nutrimento che la madre passa al figlio non è costituito solo dagli alimenti di natura organica, ma anche dai suoi comportamenti, abitudini di vita, emozioni, sentimenti, pensieri,
idee, immagini, ideali e valori che vive. Il feto assorbe quanto gli viene messo a disposizione ed utilizza ciò di cui ha bisogno con abilità e competenza per iniziare a costruire il suo Sé.

Vivere le emozioni nel grembo materno

Lo stretto rapporto tra feto e gestante con le sue (della madre) emozioni e vissuti (condizionati dalla relazione con se stessa ed il suo ambiente, nonché dal tipo di vita che conduce), influenza il bambino, il quale manifesta precocemente la sua capacità di sentire le emozioni materne e proprie, di elaborarle e rispondervi con un comportamento.

La comunicazione biochimica

Fondamentalmente, le emozioni materne passano al feto attraverso una comunicazione biochimica: esiste una costante comunicazione tra il cervello della madre e del feto. I vissuti scatenano risposte corporee fisiologiche e ormonali e tali sostanze passano al bambino
attraverso la placenta. Il feto è quindi in grado di percepire le emozioni materne sia attraverso segnali chimici, sia attraverso la variazione del battito cardiaco della madre, del suo tono di voce, della sua postura: sostanzialmente è quella che normalmente definiamo comunicazione non verbale.
Il bambino che vive nella madre, sente in lei, percepisce in lei ed è ricettivo nei confronti dei suoi moti interiori. Provare emozioni è quindi una competenza innata: non “innata alla nascita”, ma ben prima. Già in utero, quindi, il feto è in grado di sentire le emozioni.

I movimenti spontanei del feto

Calcetti d’amore

I movimenti del feto hanno molti scopi come l’esplorazione, l’azione, l’auto-protezione, l’espressione della propria individualità e la comunicazione. Il movimento rivela i bisogni, gli interessi, i talenti, le emozioni ed i processi cognitivi dell’individuo. Questo linguaggio del movimento è ovviamente precedente al linguaggio parlato e si sviluppa già dalla gestazione.
Il movimento è una forma di comunicazione immediata, con significati universali. Ogni essere umano, grande o piccolo, parla questa lingua.

Movimenti spontanei del feto

Il movimento spontaneo fetale, documentato a partire dalla sesta settimana della gestazione, aumenta costantemente e la maggior parte del repertorio motorio del feto è visibile tra le 8 e le 10 settimane.
Dall’ottava settimana della gestazione il feto mostra un’iniziativa nel scegliere il suo movimento e iniziarlo. Ciò implica una intenzionalità: il feto compie movimenti volontari diretti ad uno scopo.
Nelle settimana 10-12, i ricercatori descrivono i movimenti fetali come spontanei, gentili e aggraziati e non sono riflessi. I gemelli in utero, per esempio, mostrano uno schema motorio indipendente e differente l’uno dall’altro, continuando a differenziare il proprio “stile motorio” anche nello sviluppo postnatale.
Durante il primo trimestre di vita, i feti si “esercitano” nel movimento fino a quasi 8 minuti consecutivi. Il più lungo periodo di riposo studiato è di 5 minuti e mezzo. Un’indagine sulla motricità nel 3° trimestre dimostra che il bambino continua a muoversi fino a quando lo spazio diventa troppo stretto per farlo.

Succhiare il pollice nel grembo materno

Succhiare è un movimento che compare intorno alla nona settimana della gestazione, in cui diventa un passatempo che coinvolge i piedi e le relative dita, oltre che le mani e le dita. Succhiare il pollice può essere così frequente da creare un calletto visibile alla nascita.
Nell’utero, le mani sono continuamente impegnate a toccare la placenta, a prendere i propri piedi, le mani stesse, le dita dei piedi e delle mani, e, molto spesso, a prendere il cordone ombelicale (primo “giocattolo” del feto) e a toccare le pareti uterine ed arrampicarvisi.

Interazione e coordinazione

La continua interazione di mani, piedi, cordone, placenta, dita, precede la coordinazione oculo-manuale e la coordinazione dei movimenti delle braccia osservata dopo la nascita. Con il Doppler sono stati studiati anche i movimenti respiratori del feto, che appaiono prima isolati verso la 24esima settimana e diventano più frequenti verso la 28esima settimana, uniformandosi verso la 36esima.
Durante il terzo trimestre i movimenti respiratori occupano il 30-80% del tempo e sono predittivi di buona salute del bambino. Non è un buon segno quando diminuiscono, come per esempio succede quando la madre ingerisce alcool oppure fuma.

Movimenti reattivi

I movimenti reattivi sono stimolati da qualcosa che avviene nell’ambiente e includono reazioni difensive, di auto-protezione e di allarme. Per esempio, tra la 14esima e la 16esima settimana, i feti reagiscono agli aghi dell’amniocentesi, ritirandosi o attaccandoli. In un caso particolare, durante l’esame, il feto è stato accidentalmente toccato dall’ago: egli ha reagito contorcendosi e, individuato l’ago, con il braccio lo ha ripetutamente allontanato, mostrando una netta consapevolezza sensoriale ed una capacità di difesa precisa. In seguito all’amniocentesi, alcuni feti si immobilizzano, come colpiti da qualcosa di imprevisto. Il cuore aumenta i battiti, la respirazione diminuisce in frequenza e il battito e il respiro possono non ritornare al ritmo precedente per giorni.

Movimento interattivo sociale

Il movimento interattivo sociale è stato dedotto principalmente dagli studi sui gemelli. In questo ambito le ricerche evidenziano come il movimento fetale dei gemelli rappresenti uno strumento di relazione. I ricercatori italiani dell’Università di Padova si sono chiesti se la competenza sociale sia già presente prima della nascita. Hanno così condotto uno studio sui feti gemelli per studiare l’origine e l’evoluzione di un possibile comportamento pro-sociale fin dalla vita in utero. Alcuni studi sui feti singoli evidenziano l’esistenza di prime forme di pianificazione del movimento già dalla 22esima settimana.
I riflessi, sono automatici e fuori dal controllo della volontà, ma le azioni sono movimenti coordinati diretti ad uno scopo, con differenti gradi di intenzionalità. Rilevare la presenza di atti motori, e non semplici riflessi, nei feti gemelli getta nuova luce sull’origine della pro-socialità, fino ad ora considerata in grado di svilupparsi solo nella vita post-natale.

L’interazione con i genitori

L’utero è un ambiente interattivo e, se non è presente un gemello, il feto comunque interagisce con la placenta, con il cordone e le pareti uterine. Inoltre, è sempre insieme alla sua mamma, si emoziona con lei, mangia e dorme con lei. Quando la mamma per esempio guarda un “brutto” film, il feto potrebbe essere molto turbato e diventare più attivo sul piano motorio. Anche i calci possono avere uno scopo interattivo: il genitore, toccando l’addome in risposta al calcio del bambino, incoraggia il feto a rispondere, calciando nel posto in cui è stata toccata la pancia e instaurando così un dialogo psico-tattile.

Il ciclo della nostra vita umana: dal concepimento al feto

La prima impronta impressa al nucleo emotivo dell’essere umano è originata dall’incontro tra l’ovulo e lo sperma. Queste due cellule non trasmettono solo il patrimonio genetico, ma anche una certa impronta affettivo-emotiva attraverso vibrazioni elettriche date dai liquidi presenti nell’ovulo e nello spermatozoo e influenzate dallo stato emotivo dei partner.
Come dice Gandhi: “L’educazione del bambino inizia con il concepimento, infatti lo stato fisico e mentale dei genitori si riproduce sul bambino”.

Cosa succede dopo la fecondazione

Successivamente alla fecondazione, che avviene nella tuba di Falloppio, l’ovulo fecondato (zigote) inizia il suo lungo viaggio verso l’utero, scivolando giù lungo i circa 12 cm della tuba stessa, spinto dalle sue contrazioni e dai movimenti delle cellule ciliate che lo accompagnano a destinazione. Questa fase, della durata di circa 7-9 giorni, è caratterizzata dalla trasformazione dello zigote in morula. Lo zigote si suddivide in molteplici cellule: inizialmente 2, poi 4, 8, 16, 32 e infine 64. In questo stadio le cellule sono totipotenti, ovvero hanno la potenzialità di diventare qualsiasi cosa (cervello, fegato, muscoli, ossa, pelle, etc).

“Intuitivamente, ho pensato spesso che l’attrazione dei bambini per scivoli, altalene, giochi di vertigine e le giostre abbia una radice così profonda da poter risalire alla memoria corporea del passaggio lungo la tuba fino alla discesa in utero. Chissà…”

Lo sviluppo nell’endometrio

Giunta viva nell’utero, la morula, che ora ha preso il nome di blastocisti, inizia il processo di annidamento nell’endometrio, mentre continua a crescere. La blastocisti sviluppa delle radici, simili a quelle di un albero, penetrando poi in profondità nell’endometrio fino a sprofondarvi dentro del tutto.
Una volta annidata, la blastocisti continua la sua trasformazione fino a diventare embrione. Questa fase è caratterizzata dalla “filogenesi nell’ontogenesi”: prima di arrivare alla forma umana, l’embrione “ricapitola” nello suo sviluppo tutte le tappe di evoluzione della vita sulla Terra, a partire quindi dall’organismo unicellulare (ovulo appena fecondato), al pluricellulare per arrivare al pesce, all’anfibio, al rettile ed infine al mammifero.
Dopo l’ottava settimana di gestazione, il nascituro prende forma umana, acquisendo così la condizione di “feto”.

I desideri del bambino nella pancia della mamma: il bonding prenatale

“…il bambino vive immerso negli stimoli non solo sensoriali, ma anche emotivi ed affettivi…”

L’imprinting prenatale (e perinatale), qualora sia fatto con affetto e preparazione, significa benessere a vita. Va seguito poi nei primissimi mesi di vita (post natale) grazie ad un maternage molto attento, sensibile ed orientato al contatto corporeo. Negli anni successivi, si rafforza grazie ad esperienze positive che il bambino prima, e l’adulto poi, possono fare.

“Parlami! Non sono troppo piccolo per capire. Raccontami le tue gioie e le tue pene, mamma. Spiegami in ogni momento che cosa sta succedendo cosicché io non abbia paura, giacché non è il dolore che mi spaventa, ma il doverlo sopportare da solo.
Guardami! Io esisto già, dentro di te. Fammi spazio nel tuo cuore.
Toccami! Accarezzami attraverso il tuo ventre tondo, fammi sentire che ci sei, che sei qui con me, che non sono solo.
Nutrimi! Mostrami la bellezza del mondo, canta per me le più dolci canzoni, raccontami una storia perché io possa sognare…”

Educazione prenatale

Proprio grazie alle scoperte scientifiche in questo ambito, già dagli anni ’80 si stanno affermando e diffondendo sempre più percorsi di educazione prenatale, i quali hanno lo scopo di supportare i genitori a stabilire un legame durante il periodo della gestazione. Questo legame (bonding) con il bambino ha lo scopo di rafforzare la salute psicofisica e prevenire disagi e malattie del piccolo, garantendo quindi migliori condizioni di sviluppo post-natali. Si tratta di entrare in comunicazione con il bambino fin dalle prime settimane di gestazione, cercando di offrirgli un nutrimento fisico ed affettivo con cui crescere e formarsi.
I risultati che si possono ottenere con l’Educazione Prenatale riguardano il rafforzamento dei legami familiari, la diminuzione di ansia e paura durante gestazione e parto, la facilitazione di quest’ultimo e dell’allattamento.

Cosa succede nei 9 mesi di gestazione

Riassumendo, il periodo della gestazione rappresenta un periodo veramente importante nella vita di ogni essere umano.
Nel corso dei 9 mesi il feto forma il suo corpo, vive le sue prime esperienze, anche emotive e relazionali ed inizia ad apprendere. In questo periodo della vita vengono gettate le basi per lo sviluppo post natale e si crea, quindi, un primo imprinting a cui ne seguirà uno altrettanto significativo: quello della nascita. La gestazione non avviene solo a livello fisico, ma anche a livello psichico ed il feto si nutre non solo di elementi fisici, ma anche emozionali, mentali ed esistenziali. Il grembo materno non è un universo chiuso, ma un ambiente ricco di stimoli, provenienti dalla madre e dal mondo esterno, che modellano, fin da subito, l’architettura cerebrale e psichica dell’essere umano.

Il bonding con il papà

“Ricordo ancora che il primo pensiero che ho fatto quando ho scoperto che sarei diventato papà è stato pensare con sgomento a tutti i miei impegni di lavoro e domandarmi con ansia e anche un po’ di angoscia: ce la farò a continuare dopo che il mio figlio sarà nato? La gioia dell’imminente paternità veniva offuscata dall’ansia di perdere o incrinare una carriera costruita con molti sacrifici e fatica” racconta un papà.

Dal punto di vista concreto, il neo papà si accorge che sente il desiderio di una maggiore presenza in casa, vicino alla propria compagna e anche vicino al bambino. Il secondo aspetto è molto più “mentale”. Il nuovo figlio si “accomoda” nella mente del suo papà ed è capace di rapirla alterandone le caratteristiche di concentrazione e, a volte, di creatività. L’esperienza dell’essere padre condiziona il modo di porsi nel neo papà nei confronti dei colleghi e del proprio ambiente di lavoro, c’è più serenità e meno furia. C’è un modo completamente nuovo di guardare al mondo e alla vita.

Accompagnare la propria compagna a tutti controlli ostetrico-ginecologici durante la gravidanza, partecipare agli incontri dei corsi di preparazione al parto aperti ai papà, affrontare il groviglio delle emozioni che accompagnano il percorso della paternità significa concretamente saper piangere e ridere, avere speranza e fiducia, saper parlare delle proprie paure e delle proprie ansie.

Ecco come si può creare il legame tra il papà e il suo bambino

  • Importanza di esserci durante controlli con l’ostetrica e il medico: questo dà sicurezza nell’approccio con il bambino. Vale quindi la pena partecipare regolarmente alle visite di controllo.
  • Coccole: subito dopo il parto il primo contatto del neonato è con la mamma. In questo modo la mamma potrà cercare di avvicinarlo al seno e allattare al seno. Non c’è nulla che vieti un momento di coccole a tre o anche soltanto tra il papà e il suo bambino. L’ideale è che il neonato sia posizionato sul petto del papà: il neonato con un pannolino e il padre a torso nudo.
  • Qualche esempio di cosa significa esserci per il bambino: controllare l’eccesso di stimoli disturbanti per il neonato (per esempio il rumore, la luce, ecc…); alleggerire la mamma dagli impegni quotidiani; cantare e parlare al bambino; cambiare il pannolino; fare il bagnetto; studiare le modalità più sicure per trasportare il neonato a casa e per fare i viaggi in auto.

Il linguaggio del neonato

La comunicazione dei neonati rappresenta una sorta di “effetto riflesso” a seguito di una stimolazione involontaria. In seguito, dai due mesi, iniziano le prime vocalizzazioni che, presto o tardi, si trasformeranno in linguaggio verbale vero e proprio. Quindi, il linguaggio non verbale del bambino rappresenta la sua prima forma di comunicazione e benessere e, per questo, merita tutta l’attenzione di chi gli sta attorno.

Da 0 ai 2 mesi, il neonato sente e riconosce la voce di mamma e papà, anche senza conoscere ancora il significato delle parole. Comunica soprattutto attraverso gli occhi (contatto visivo), il pianto e il sorriso, reagendo agli stimoli dei genitori, dei quali ha imparato a tradurre le emozioni. A circa 3 settimane di vita, il neonato aggiunge nuovi suoni, come i “clic” della lingua e i grugniti.

Tra i 2 e i 4 mesi, il bambino crea i suoni che indicano benessere, voglia di farsi ascoltare e di pretendere l’attenzione. Le vocalizzazioni cominciano a essere differite per durata, intensità, e altezza dei suoni. I genitori spesso si sorprendono per il susseguirsi di esclamazioni di gioia come “ooooh”.

Tra i 4 e i 6 mesi, il bambino grida e si diverte ad ascoltare i suoi stessi suoni (auto-stimolazione). Le sue espressioni cambiano in funzione del suo umore e cominciano a essere prodotte in risposta a stimolazioni esterne di tipo relazionale. Perché, già a quest’età, comincia ad amare le relazioni sociali e a soffrire la noia.

Tra i 6 e gli 8 mesi, il bebè inizia la sua comunicazione intenzionale attraverso i gesti. Balbetta sempre più, emette suoni in modo mirato ed è interessato alle persone che gli parlano, guardandole. Si sporge dal passeggino, reagisce quando sente pronunciare il suo nome, girando o alzando la testa. È attento a ciò che accade attorno a lui, percepisce le parole che gli sono più familiari, come “mamma”, “papà” e “bambino”, pur non comprendendone del tutto il significato.

Tra i 9 e i 12 mesi inizia il periodo “mamma”, “papà”, “pappa”, “nanna”, “bagno”, ecc…, nel quale può cominciare a riprodurre le prime paroline. Compie gli stessi gesti di coloro che gli stanno attorno. Le sue capacità di comprensione risultano in continua crescita, risponde ai comandi di azione più complessi, come agitare la mano per salutare, avvicinare la bocca quando gli si chiede un bacio, indicare l’oggetto che desidera, anche balbettando nel frattempo.

I 6 tipi di contatto con il neonato

Contatto visivo

La vista è l’ultimo dei sensi a svilupparsi nella sua totalità. Gli occhi del neonato sono fatti per mettere a fuoco dai 18 ai 30 cm, che è esattamente la distanza che c’è tra il viso della mamma e del bambino tenuto in braccio. Inoltre, il neonato è attratto dai contrasti e mette a fuoco cose rotonde e scure (come il capezzolo della mamma e gli occhi).
Il contatto visivo è un potente mezzo di comunicazione perché permette di offrire molti feedback positivi e aiuta i genitori a comprendere lo stato e l’umore del bambino.

Contatto epidermico

Il tatto è il primo senso che si sviluppa in utero e la pelle è l’organo più esteso del corpo. Il mezzo più semplice ed efficace per creare un legame stabile e positivo tra i genitori e il bambino è quello di mettere il neonato nelle braccia della mamma in contatto con la pelle nelle due ore successive al parto, senza attuare nessuna separazione (se il loro stato di salute lo permette).
Il contatto permette ai genitori di imparare a conoscere meglio il loro bambino e a capirne la comunicazione verbale e non verbale. Inoltre, nella madre, il contatto stimola il rilascio di ormoni che favoriscono la produzione del latte materno. Infine, attraverso il contatto fisico, i genitori aiutano il neonato a raggiungere la temperatura esatta di cui ha bisogno.

Olfatto

L’olfatto è una capacità primitiva del cervello che permette di distinguersi e riconoscersi. Infatti, il bambino distingue l’odore della sua mamma da quello di un’altra donna. L’olfatto, stimolato dalla vicinanza e dal contatto, può essere una grande fonte di rassicurazione per il bimbo.

Vocalizzazione e comunicazione

Già nell’utero il bambino sente la voce e il battito del cuore della mamma: suoni che può ritrovare dopo la nascita, quando lei lo tiene vicino a sé e gli parla o canta, rassicurandolo. Lo stesso bambino risponde con mormorii e gorgoglii che confermano la competenza di risposta dei genitori.

Pianto e sorriso

Il pianto è il modo di comunicare del bambino che ha maggiormente impatto sui genitori perché richiama la loro attenzione ed evoca spesso vissuti personali, che ne determinano l’interpretazione e l’approccio.
Il sorriso veicola l’affetto ed è collegato al rilascio di ormoni. Spesso deriva da un comportamento imitativo, perciò i bambini ricambiano il sorriso dei genitori e, in generale, anche tra gli adulti, crea un clima più caldo, disteso e allegro, con la trasmissione di un senso di appagamento.

Allattamento

L’allattamento crea e rinforza il legame attraverso il contatto, la produzione di ormoni e il nutrimento. Tutti i bambini traggono beneficio dall’allattamento al seno, perché il latte materno contiene i nutrienti necessari affinché il neonato goda di buona salute e cresca bene. Il latte materno è un alimento perfetto per la nutrizione di un bambino nei primi mesi di vita, incomparabile rispetto a qualsiasi prodotto artificiale.

Come comunica il neonato

I bambini comunicano i loro bisogni e le loro emozioni attraverso il linguaggio del corpo, della mimica facciale, dei suoni, dei comportamenti e, solo dopo, attraverso le parole.

Il bambino appena nato non ha la capacità fisica di cercare la mamma ma fin dalla nascita dispone di numerosi strumenti per comunicare i suoi bisogni e generare una risposta di accudimento da parte dei genitori: inizialmente gli strumenti più utilizzati sono il pianto e poi il sorriso.

Pianto e sorriso hanno l’effetto di far avvicinare la mamma e il papà al bambino e si definiscono come comportamenti di segnalazione. Questi comportamenti vengono utilizzati quotidianamente: il pianto può segnalare la fame o il dispiacere per la separazione dalla madre. Per esempio, il sorriso, dopo un corretto attacco al seno della mamma, segnala che il bambino è contento, sazio e prova benessere. Il sorriso funge anche da rinforzo gratificante per la mamma e la predispone a rispondere ai segnali del proprio bambino in modo positivo. In questo modo si favorisce una crescita armonica, il rilascio di ossitocina e di serotonina, gli ormoni del benessere.

Tutto ciò stabilisce una relazione affettiva tra il genitore e il bambino.

Il bonding: un legame speciale

Il bonding (in inglese) o attaccamento è un legame speciale che consente al bambino di mantenere la vicinanza a una persona, mamma o papà, che è in grado di rispondere a tutti i suoi bisogni.

Il termine ”bonding” nasce negli Stati Uniti nel 1982 a opera di John Kennell e Marshall Klaus. In inglese bond significa attaccare, unire; quindi il bonding è il processo di formazione del legame tra i genitori e il loro figlio.

L’attaccamento ha la caratteristica di essere selettivo: il neonato cerca istintivamente il contatto con la persona che lo accudisce e che gli dà benessere e sicurezza. La relazione con questa figura gli fornisce una base sicura dalla quale, durante la crescita, potrà allontanarsi per esplorare il mondo, sapendo che potrà sempre farvi ritorno e che sarà sempre accolto, nutrito, rassicurato e confortato.

Questo stesso legame d’amore permette al genitore di allattare, di proteggerlo e di non abbandonarlo.
Come tutti i legami umani, anche il bonding è un processo complesso e articolato, ricco di stimoli e influenze: infatti è condizionato dall’ambiente, dalle caratteristiche dei genitori, dal tipo di parto, dallo stato di salute della mamma e del bambino, ecc…

Gli elementi fondamentali del bonding sono il contatto visivo e tattile, il senso dell’olfatto, la vocalizzazione e la comunicazione, le reazioni del bambino, l’allattamento al seno, e i ritmi e i bioritmi dei genitori e del figlio.

Il legame meraviglioso tra la mamma e il suo bambino

Gravidanza e maternità rappresentano un percorso speciale nella vita di una donna, un percorso unico, che porta ad un radicale cambiamento, non solo fisico, ma anche psicologico.
Si tratta di un viaggio che conduce la donna verso il suo ruolo di mamma, con una conseguente profonda ristrutturazione della sua identità.

Le tre fasi fanno nascere l’identità della madre e creano il legame con il bambino

L’identità della mamma non si conquista semplicemente al momento del parto, ma si fa strada attraverso le tre fasi caratterizzanti il percorso nascita: endogestazione, parto ed esogestazione.
Solo quando il bambino cresce e si sviluppa grazie alle cure materne, una donna può sentirsi davvero “mamma” e l’assetto materno raggiungerà il suo culmine. Durante i nove mesi di gestazione inizia ad instaurarsi, tra madre e bambino, quel meraviglioso e profondo legame, detto anche bonding, fatto di sensazioni, percezioni, carezze, suoni, odori. Un legame che si concretizza fisicamente prima della nascita, attraverso le carezze del pancione, il canto e il dialogo con il feto, e dopo la nascita, quando mamma e bambino finalmente si incontrano, si riconoscono e si innamorano. Il legame proseguirà, intensificandosi sempre di più, dopo il parto e nei primi mesi di vita del piccolo, per durare poi per tutta la vita.

L’importanza del bonding

Il bonding è un processo fisico, emozionale ed ormonale di relazione e di accudimento tra il bambino e le sue figure genitoriali, che serve a stabilire le basi, non solo delle relazioni genitori-figlio, ma anche di tutte le relazioni sociali ed affettive che il piccolo, futuro adulto, instaurerà nel suo avvenire.

La funzione dell’ossitocina

Il legame di attaccamento madre-bambino si instaura sin dalla nascita anche per l’azione congiunta di ormoni e neuromediatori, fra cui il più importante è l’ossitocina (OT), ormone ipotalamico che sovrintende alla conservazione della specie. L’OT agisce in antagonismo con l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che è invece responsabile della conservazione dell’individuo (reazioni di attacco e fuga). L’OT è implicata negli aspetti fisiologici e comportamentali indotti dalle relazioni sociali in un contesto generale, ma soprattutto è implicata nella fisiologia dell’accoppiamento, del parto e dell’allattamento, dei quali contestualmente governa i correlati aspetti comportamentali: il legame di coppia e il legame di attaccamento madre-bambino.

La comunicazione tra madre e bambino nella costruzione del legame tra i due

Il legame madre-bambino è fondamentale per promuovere una crescita sana, che avviene incoraggiando, rispondendo, gioendo ad ogni gesto spontaneo e creativo del bambino. Infatti il bambino, fin dalla nascita, è alla ricerca istintiva di una relazione che richiami emozioni positive e sicure, e che trova nella sua figura accudente, la mamma. Per il bimbo, la mamma è l’origine di tutta la vita, la fonte di ogni nutrimento e la protezione da ogni pericolo.
I sentimenti positivi di una mamma per il piccolo possono facilitare i livelli di crescita della materia grigia del cervello limbico del neonato, della rappresentazione di sé e dell’altro, con una ristrutturazione dell’autostima e della rappresentazione corporea. Bisogna dare molta importanza anche alla qualità della voce e degli scambi vocali, insieme alle espressioni facciali e alle vocalizzazioni non verbali. Tutto ciò si basa sulla comunicazione tra emisfero destro della madre e emisfero destro del bambino.
Il collegamento tra mamma e neonato avviene a livello cerebrale in modo che entrambi imparino la reciproca percezione e comprensione, quindi il loro comportamento è spesso simbiotico. Con le comunicazioni non verbali visuo-facciali, tattili e auditive-prosodiche, la mamma e il bambino imparano ognuno la struttura ritmica dell’altro e modificano il loro comportamento per adattarsi a quella struttura, quindi co-creando un’interazione specificatamente adatta, in ogni momento.

Per aiutare i bambini a una sana crescita e allo sviluppo di un vero Sé, è fondamentale incoraggiare, rispondere, e gioire ad ogni gesto spontaneo e creativo, con affetto e con il sorriso.